Due nomi, Galileo e Kang Yuchun, possono sintetizzare
il sesto vertice annuale Ue-Cina tenutosi il 30 ottobre
scorso a Pechino, e indicare le prospettive dei rapporti
futuri tra le due superpotenze. L’incontro ha
visto come protagonisti, per l’Europa, il Presidente
della Commissione Romano Prodi ed il Presidente di
turno Silvio Berlusconi, e per la Cina il premier
Wen Jiabao ed il Presidente Hu Jintao. Si sono discussi
temi molto delicati, come la violazione dei diritti
umani, solitamente tabù, e le relazioni commerciali,
che in agosto erano state investite dalle polemiche
dei ministri italiani Bossi e Tremonti sulla concorrenza
sleale cinese.
Sul piano economico sono stati siglati tre importanti
accordi, riguardanti appunto le regole industriali,
il rilascio di visti turistici di gruppo ai cinesi
e, soprattutto, il progetto Galileo. La ratifica dell’ingresso
di Pechino nel sistema satellitare europeo rappresenta
un accordo politico di enorme rilevanza, e segnala
la possibilità di nuovi scenari internazionali
nel futuro prossimo. “George Bush – ha
scritto Der Spiegel – aveva mandato
in avanscoperta Silvio Berlusconi: il primo ministro
italiano doveva impedire un’alleanza che il
padrone della Casa Bianca giudica pericolosa per gli
Stati Uniti”. Il settimanale tedesco rivela
uno scontro cinese tra Prodi e Berlusconi che i giornali
italiani, tutti presi dal piccolo scandalo sul mancato
invito del Presidente della Commissione al concerto
della Fenice, non hanno raccontato. Il premier italiano
avrebbe avanzato obiezioni, facendo intuire di non
essere disposto a sottoscrivere l’accordo. Il
Presidente della Commissione, da parte sua, avrebbe
fatto capire di essere pronto ad andare in Parlamento
a Strasburgo per prendersi la responsabilità
di tutelare un accordo di vitale interesse per la
comunità europea. A quel punto, continua Der
Spiegel, “il complice di Bush si è piegato”.
“Con Galileo – scrive il settimanale
– l’Europa sfida ora gli Stati Uniti in
un settore in cui la superpotenza finora ha posseduto
un immenso, importante ed indiscusso monopolio. Un
sistema satellitare mondiale aprirebbe all’Ue
il gigantesco mercato del futuro”. A testimoniare
le paure americane basta la minacciosa lettera con
cui, il primo dicembre del 2001, il vice ministro
americano alla Difesa Paul Wolfowitz ha avvertito
i partner atlantici che ci sarebbero “problemi
di sicurezza nelle operazioni future della Nato, nel
caso in cui l’Ue proseguisse col progetto Galileo”.
Il sistema europeo, concorrente dell’americano
GPS (Global Positioning System), prevede 30 satelliti
in orbita entro il 2008, verrà utilizzato sia
in ambito civile sia in ambito militare, e sta già
attraendo anche Russia, India, Giappone e persino
Israele. Il che significa che il suo successo non
può che essere visto dagli americani come un
primo concretissimo atto di sfida europea all’egemonia
mondiale statunitense. Quest’accordo commerciale
con la Cina, che all’Onu, pur senza troppa passione,
si schierò dalla parte di Francia e Germania
durante la guerra in Iraq, segnala la possibilità
di una più stretta alleanza tra Pechino e Bruxelles,
entrambe profondamente convinte della necessità
di un mondo multipolare.
Washington non nasconde più la propria preoccupazione.
Se Berlusconi e Prodi hanno avuto un colloquio schietto
ma amichevole con Hu Jintao sui temi della politica
economica, il 28 ottobre scorso, a pochi giorni dal
vertice di Pechino, il Segretario al Commercio americano,
Donald Evans, manifestava l’intenzione, come
ha rivelato il New York Times, di esprimere
ufficialmente l’insofferenza dell’amministrazione
Bush verso il rifiuto cinese di aprire i propri mercati
ai beni e ai servizi americani, come invece aveva
promesso al momento del suo ingresso nel Wto. Molto
diversi i toni usati all’incontro con l’Unione
europea, dove, come riporta l’agenzia di notizie
cinese Xinhua, il viceministro del commercio Wei Jianguo
ha dichiarato che la Cina si augura di lavorare con
l’Ue per realizzare il prima possibile l’obiettivo
di “divenire l’una per l’altra il
maggiore partner nel commercio e negli investimenti”.
Kang Yuchun, che abbiamo citato all’inizio,
è invece l’altra faccia della medaglia.
Se Galileo rappresenta il tema del commercio, Kang
Yuchun è l’emblema dell’altro grande
tema discusso al vertice, quello dei diritti umani.
Pechino ha risposto con una certa naturalezza allo
schietto discorso di Berlusconi, che aveva parlato
di “ombre”. Il premier Wen ha promesso
di aderire alla Convenzione internazionale sui diritti
civili e politici e di rispondere alle sollecitazioni
dell’Ue per un maggior rispetto dei diritti
umani. Il tema è delicato, e Wen ha promesso
che passo dopo passo Pechino farà il possibile,
pur ricordando che la Cina è un paese difficile,
di un miliardo e trecento milioni di persone. Come
segno di buona volontà è stato rilasciato,
pochi giorni prima del vertice, Kang Yuchun, dissidente
politico che nel 1992 aveva fondato un partito democratico.
C’è poco da commuoversi, visto che ad
esempio, secondo Amnesty International, l’anno
scorso sono state eseguite in Cina 3.138 condanne
a morte, il 77% del numero complessivo mondiale. Ma
forse il fatto che i leader cinesi siano stati finalmente
disposti a parlarne, che si sia rotto un tabù
in un’occasione così formale come è
di solito un vertice internazionale, forse per il
momento può bastare. Il Presidente Prodi ha
detto che Ue e Cina rappresentano le due aree che
oggi possono “contribuire di piu’ a cambiare
il mondo”. L’Europa, che guarda ad una
prospettiva pacificamente multipolare, fa bene a stringere
il rapporto con la Cina, ma certo non può far
finta di niente sui diritti umani. Sarebbe una superpotenza
che guarda solo alle proprie tasche, e non sarebbe
Europa.
(d.c.p.)
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