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Quote scandinave e veline nostrane


Le europee contano di più in politica delle americane? E il sistema delle quote, adottato in alcuni paesi dell'Unione, ha davvero il risultato di accrescere la presenza femminile nelle stanze dei bottoni? A questi quesiti cerca di dare risposta un'inchiesta dell'edizione europea del settimanale americano Time che porta la data di copertina del 22 settembre.

Secondo l'inchiesta, le donne in Europa detengono il 26% dei seggi in parlamento, contro il 14% (e dato che le donne costituiscono di media il 51% della popolazione, anche un 26% non è un gran risultato). Se invece di politica parliamo di business, dove secondo Time ha sede il "vero potere", le dirigenti europee di alto livello sono un terzo del totale contro più del 50% per le colleghe americane.

Stiamo comunque parlando di medie europee: in ambito parlamentare, per alcuni paesi comunitari - l'Italia, ma anche la Grecia e la Francia - la presenza femminile non arriva al 10%. La situazione, spiega Time, varia da paese a paese, anche per quanto riguarda l'adozione, e l'efficacia, del sistema delle quote, che impone di inserire una certa percentuale di donne nelle liste elettorali. "In Francia", scrive il settimanale americano, "il sistema delle quote è in vigore dal 2000, (ma) i principali partiti preferiscono pagare multe piuttosto che riempire le loro liste di candidate".

In parte, scrive il Time, questa scelta sarebbe il diretto risultato della riluttanza degli uomini a cedere potere alle donne. In parte però sarebbero le donne stesse ad autoesculdersi dall'arena politica, privilegiando altre aree della loro vita, principalmente quella privata. "Le scelte di carriera sono il frutto di aspettative culturali, norme educative e altre realtà complesse", ha specificato Trond Petersen, professore di sociologia norvegese. "Di fatto comunque le donne spesso si assentano dal lavoro o richiedono il part-time per crescere i figli, il che riduce le loro chance di avanzare nella carriera". Superfluo osservare che l'esigenza di crescere figli dovrebbe essere familiare e sociale, non solo femminile, nonostante "di fatto" siano le madri ad accollarsene l'onere quotidiano.

Questo, a meno che non possano contare su un compagno devoto e disponibile ad aiutare in casa, meglio se pensionato: una ricerca del 2000 condotta nell'ambito ingegneristico in Inghilterra e Svezia ha scoperto che la maggior parte delle alte dirigenti di successo aveva un marito corrispondente a questo profilo. Anne Wilkinson, avvocatessa della Commissione Europea, confessa comunque: "Non conosco molte donne che considerino 80 ore alla settimana sedute in un ufficio o a bordo di un aeroplano una grande conquista. La maggior parte, credo, lo trovano imbecille. Il vero potere, la vera possibilità di contribuire al futuro, consiste nel tirare su dei figli".

Time suggerisce che il sistema delle quote potrebbe non risolvere il problema nel lungo termine, ma costituire solo un rimedio immediato. In Danimarca, dove le quote erano state fissate negli anni '80 al 40%, la presenza femminile al governo era effettivamente aumentata in quella proporzione, ma quando le quote sono state rimosse, nel 1996, la percentuale è crollata.

Nel settore economico, il governo norvegese ha minacciato lo scorso anno di costringere le aziende ad applicare una quota femminile del 40% all'interno dei propri quadri dirigenziali, e la stessa intimazione è stata fatta dal governo svedese, ottenendo un aumento "volontario" delle promozioni all'alta dirigenza per le donne dell'11%. Bisognerà adesso vedere se questi esempi di "affirmative action" serviranno a cambiare le cose alla distanza.

L'Italia, all'interno dell'inchiesta, brilla come esempio negativo: il caso della regione Campania, che ha recentemente proposto di devolvere alcuni fondi europei alla costituzione di una scuola per aspiranti veline, viene descritto come "il tipo di mentalità che l'Unione vuole seppellire una volta per tutte" e fornisce anche il pretesto a Time per pubblicare una foto di "veline shoxgirls" in minigonna e stivaletti a spillo. E la decisione di un giudice italiano di "finalmente" privare i maschi dello Stivale dell'atavico diritto di assestare sculacciate alle loro conterranee fa da contrappeso, nel contesto dell'articolo, agli atteggiamenti illuminati dei businessmen svedesi e norvegesi.

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