328 - 25.09.07


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L'Ue scopre i sondaggi informati

Mauro Buonocore


Questo articolo è tratto da Reset 103.

Bruxelles: l’Europa si incontra per discutere del proprio futuro. Nelle stanze del Parlamento, tra il 12 e il 14 ottobre l’Unione europea si riunisce per definire il proprio ruolo nei futuri equilibri economici, politici e sociali.
Nessuna novità a prima vista. Sembra che si parli di una normale riunione del Parlamento europeo. E invece la novità è enorme, perché a incontrarsi, a discutere e a confrontarsi non sono i parlamentari eletti negli stati membri, non sono i rappresentanti dei governi. Sono comuni cittadini europei, 400 per l’esattezza, selezionati in modo da rappresentare l’intera popolazione dell’Ue, così che a discutere ci sia “l’Europa in una stanza”.
Con questa frase gli organizzatori definiscono il progetto Tomorrow’s Europe, il sondaggio informato che per la prima volta coinvolge un campione di cittadini europei provenienti dai ventisette paesi membri, li chiama a sedere tra i banchi del Parlamento e a discutere di politica energetica, economia, welfare e scenari globali, nel segno della partecipazione informata e delle tecniche ideate da James Fishkin.

«La linfa vitale della democrazia – scrivono gli organizzatori del progetto Stephen Boucher e Henri Monceau – risiede nella sana discussione, che richiede di esporsi a punti di vista differenti ed esige dai partecipanti la volontà di mettersi in gioco e di ascoltare».
Partecipazione, dialogo, pubblica discussione: sono parole di un ritornello che da qualche tempo risuona nei palazzi dell’Unione europea. Dalle sconfitte referendarie di Francia e Olanda, le istituzioni dell’Ue hanno capito che il processo di costruzione dell’Europa non può dimenticare gli europei, non può lasciarli distanti dalle decisioni che riguardano politiche pubbliche. Quelle sconfitte, scrive ancora Boucher, hanno messo in evidenza un chiaro problema di appartenenza: i cittadini francesi e olandesi dimostravano di non sentire di appartenere all’Ue, che si mostrava loro con il volto di istituzioni farraginose e distanti, piuttosto che con l’unità di un progetto che vuole abbattere frontiere ed ostacoli. Emergeva così una distanza che correva ampia tra l’Europa e gli europei, un “deficit di democrazia” (per usare una formula assai sfruttata quando si parla delle dinamiche istituzionali dell’Unione) che è una spina nel fianco del processo di costruzione europea. L’esigenza, allora, appariva chiara: coinvolgere, sollecitare la partecipazione al governo dell’Europa e alle scelte da compiere, riempire il vuoto tra istituzioni e cittadini. Margot Wallström, commissaria europea per le relazioni internazionali e le strategie di comunicazione, ha ideato e messo in piedi quello che significativamente è stato chiamato il “Piano D” (Democracy, Dialogue, Debate). All’interno di questo programma si colloca Tomorrow’s Europe con la sua caratteristica essenziale: non un tentativo di riproporre in astratto la partecipazione democratica come panacea per curare debolezze e dolori di cui soffre l’Ue, ma la proposta concreta di un modo per riempire il vuoto che ostacola il cammino dell’Unione, colmarlo con la precisione metodologica affermata nell’esperienza pluridecennale dei deliberative polls di James Fishkin.

3500 persone intervistate, 400, provenienti dai 27 paesi membri, invitate a Bruxelles a partecipare alla 3 giorni di discussione che si svolgerà in 21 lingue diverse. Numeri che testimoniano di un’iniziativa assai complessa ma l’importanza di Tomorrow’s Europe non sta tanto nelle dimensioni del progetto, quanto nei contenuti. A cominciare dai criteri che hanno portato alla selezione del campione.
«Potevamo scegliere di avere un campione che fosse rappresentativo di ciascuna nazione – dice James Fishkin – ma poi ci siamo chiesti: vogliamo portare a discutere un insieme di cittadini di nazionalità diverse, oppure vogliamo ricreare il microcosmo di una popolazione europea, costruire un confronto e una discussione tra cittadini europei? La scelta che abbiamo fatto risponde a quest’ultima opportunità».
La scelta è chiara: non avere un semplice campione che rappresenti la somma di mini campioni dei 27 paesi, ma portare a Bruxelles un campione europeo di 400 persone. «Sono circa la metà dei componenti del Parlamento europeo – spiega Stephen Boucher – e ciascun paese sarà rappresentato da un numero di cittadini pari alla metà dei propri deputati nel Parlamento di Bruxelles».
La rappresentatività del campione chiamato a partecipare è un elemento di essenziale importanza nei sondaggi informati, il valore scientifico dell’iniziativa parte proprio da qui, cioè dal fatto che le persone coinvolte (selezionate e sondate dall’istituto di ricerca Tns Sofrés) rappresentano esattamente l’intera comunità di cittadini a cui ci si vuole rivolgere, il gruppo ristretto degli individui chiamati a partecipare delinea esattamente, secondo criteri sociodemocrafici, una riduzione in scala dell’intera popolazione. Eccola allora “l’Europa in una stanza”, per usare ancora le parole con cui gli organizzatori amano definire Tomorrow’s Europe.
Il tutto si carica di sfumature significative se mettiamo in evidenza le caratteristiche istituzionali dell’iniziativa. Innanzitutto l’organizzazione: il progetto prende vita da un’idea e dall’azione di Notre Europe (associazione fondata da Jacques Delors ora presieduta da Tommaso Padoa Schioppa) che ha saputo mettere insieme più di venti partner in tutta Europa (tra questi Reset) intorno a un progetto che ha trovato l’appoggio della Commissione europea e il contributo di organismi privati. Tomorrow’s Europe è infatti realizzato per il 62% con soldi stanziati nell’ambito del Piano D voluto dalla commissaria europea per le relazioni internazionali e le strategie di comunicazione Margot Wallström; mentre il resto delle risorse provengono dalle sponsorizzazioni di Allianz (gruppo tedesco di assicurazioni), Open Society Institute di George Soros, Thalys rete di collegamento treni ad alta velocità Parigi Bruxelles e dalla Fondazione Hippocrene. Una sinergia di forze per un impegno logistico che vede la “mini Europa” occupare venti stanze del Parlamento per le discussioni in gruppo, una grande sala per le sedute plenarie in cui esperti delle materie trattate rispondono alle domande dei cittadini, traduzioni simultanee in oltre venti lingue.

Di cosa discuteranno i partecipanti a Tomorrow’s Europe?
«Il centro del dibattito – risponde Stephen Boucher – riguarda il ruolo dell’Europa nel mondo, in particolare il tipo di atteggiamento che l’Unione europea dovrebbe o potrebbe tenere di fronte a questioni cruciali della nostra epoca che si sviluppano su scala globale». Temi complessi e difficili da affrontare soprattutto per persone che non sono esperte di politica internazionale, di Medio Oriente o di crisi energetiche. Ma il sondaggio informato serve proprio a questo, a portare i cittadini a ragionare su questioni che ritengono distanti dalla propria esperienza quotidiana, a dimostrare che una discussione ragionata e informata può sviluppare comprensione da parte dei cittadini e aiutare chi deve prendere le decisioni. E poi, il sondaggio informato è uno strumento per informare, una tecnica che serve per migliorare la qualità delle informazioni a disposizione dell’opinione pubblica.
Prima di giungere a Bruxelles i membri del campione hanno ricevuto il materiale di approfondimento in cui si mettono in evidenza i temi su cui vertono le discussioni della tre giorni deliberativa. Si tratta di un opuscolo in cui argomenti e politiche al centro delle discussioni vengono analizzati ed esposti in maniera concisa e bilanciata tra le diverse opzioni possibili. Particolare attenzione, nella realizzazione dell’opuscolo, è stata dedicata al fatto di offrire per ciascun tema trattato degli argomenti chiave sulle scelte che i cittadini sono chiamati a compiere.

«Abbiamo cercato di proporre esempi concreti – spiega ancora Stephen Boucher – mettendo i cittadini di fronte a fatti tangibili e alle implicazioni che questi hanno nelle politiche mondiali e dell’Ue».
Entrando più nello specifico, due sono le aree tematiche su cui si incentrano le discussioni. La prima è dedicata a temi del mondo del lavoro, del welfare, delle pensioni e vuole indagare quale atteggiamento dovrebbe avere l’Unione europea di fronte alle sfide poste dalla competizione globale. La seconda riguarda invece il ruolo che l’Ue dovrebbe svolgere nello scenario della politica internazionale, e sposta la discussione sul modo di intervento che l’Unione dovrebbe adottare per costruire una propria politica estera e di difesa.
La portata dei temi messi in campo è assai ampia, soprattutto se si considera il fatto che sono ambiti di discussione sempre cruciali nei dibattiti che coinvolgono le istituzioni europee. L’Ue dovrebbe intervenire nelle politiche del lavoro dei singoli stati? Ha il diritto di intromettersi nel progetto di riforma delle pensioni di un suo stato membro? Come dovrebbe comportarsi nella crisi nucleare iraniana? Intervenire con decisione o assumere un atteggiamento più isolazionista?
Tutti argomenti assai difficili, domande le cui risposte richiedono preparazione e conoscenza. Viene il dubbio che siano temi davvero troppo complessi per essere analizzati da comuni cittadini nell’arco di un solo week-end.
«È vero, sono argomenti complessi e difficili – ammette Boucher – ma non per questo vanno evitati, al contrario, abbiamo la massima fiducia sul fatto che il sondaggio informato possa aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica europea su temi che hanno una vasta portata e sono di cruciale importanza per il futuro dell’Unione europea».
In fondo è proprio qui che sta il valore del sondaggio informato. Non solo la tecnica inventata da James Fishkin riesce a dimostrare come la discussione sia la colonna portante di una opinione pubblica informata e consapevole, non solo il sondaggio informato è la testimonianza di come la democrazia europea possa affrontare temi importanti e delicati coinvolgendo i cittadini e non solo delegando le scelte; il deliberative poll è anche uno strumento che contribuisce a migliorare la conoscenza che ciascuno di noi può avere su temi di pubblica rilevanza. «Per questo abbiamo usato uno strumento come quello di Fishkin – conclude Boucher – perché crea una situazione in cui cittadini sono messi nelle condizioni di informarsi bene, di ragionare e ponderare aspetti diversi di questioni complicate, di discutere senza vergogna e in maniera approfondita, prima di potersi esprimere».

 

 

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