Questo
articolo è tratto da Reset 103.
Bruxelles: l’Europa si incontra per discutere
del proprio futuro. Nelle stanze del Parlamento, tra
il 12 e il 14 ottobre l’Unione europea si riunisce
per definire il proprio ruolo nei futuri equilibri economici,
politici e sociali.
Nessuna novità a prima vista. Sembra che si parli
di una normale riunione del Parlamento europeo. E invece
la novità è enorme, perché a incontrarsi,
a discutere e a confrontarsi non sono i parlamentari
eletti negli stati membri, non sono i rappresentanti
dei governi. Sono comuni cittadini europei, 400 per
l’esattezza, selezionati in modo da rappresentare
l’intera popolazione dell’Ue, così
che a discutere ci sia “l’Europa in una
stanza”.
Con questa frase gli organizzatori definiscono il progetto
Tomorrow’s Europe, il sondaggio informato
che per la prima volta coinvolge un campione di cittadini
europei provenienti dai ventisette paesi membri, li
chiama a sedere tra i banchi del Parlamento e a discutere
di politica energetica, economia, welfare e scenari
globali, nel segno della partecipazione informata e
delle tecniche ideate da James Fishkin.
«La linfa vitale della democrazia – scrivono
gli organizzatori del progetto Stephen Boucher e Henri
Monceau – risiede nella sana discussione, che
richiede di esporsi a punti di vista differenti ed esige
dai partecipanti la volontà di mettersi in gioco
e di ascoltare».
Partecipazione, dialogo, pubblica discussione: sono
parole di un ritornello che da qualche tempo risuona
nei palazzi dell’Unione europea. Dalle sconfitte
referendarie di Francia e Olanda, le istituzioni dell’Ue
hanno capito che il processo di costruzione dell’Europa
non può dimenticare gli europei, non può
lasciarli distanti dalle decisioni che riguardano politiche
pubbliche. Quelle sconfitte, scrive ancora Boucher,
hanno messo in evidenza un chiaro problema di appartenenza:
i cittadini francesi e olandesi dimostravano di non
sentire di appartenere all’Ue, che si mostrava
loro con il volto di istituzioni farraginose e distanti,
piuttosto che con l’unità di un progetto
che vuole abbattere frontiere ed ostacoli. Emergeva
così una distanza che correva ampia tra l’Europa
e gli europei, un “deficit di democrazia”
(per usare una formula assai sfruttata quando si parla
delle dinamiche istituzionali dell’Unione) che
è una spina nel fianco del processo di costruzione
europea. L’esigenza, allora, appariva chiara:
coinvolgere, sollecitare la partecipazione al governo
dell’Europa e alle scelte da compiere, riempire
il vuoto tra istituzioni e cittadini. Margot Wallström,
commissaria europea per le relazioni internazionali
e le strategie di comunicazione, ha ideato e messo in
piedi quello che significativamente è stato chiamato
il “Piano D” (Democracy, Dialogue, Debate).
All’interno di questo programma si colloca Tomorrow’s
Europe con la sua caratteristica essenziale: non
un tentativo di riproporre in astratto la partecipazione
democratica come panacea per curare debolezze e dolori
di cui soffre l’Ue, ma la proposta concreta di
un modo per riempire il vuoto che ostacola il cammino
dell’Unione, colmarlo con la precisione metodologica
affermata nell’esperienza pluridecennale dei deliberative
polls di James Fishkin.
3500 persone intervistate, 400, provenienti dai 27
paesi membri, invitate a Bruxelles a partecipare alla
3 giorni di discussione che si svolgerà in 21
lingue diverse. Numeri che testimoniano di un’iniziativa
assai complessa ma l’importanza di Tomorrow’s
Europe non sta tanto nelle dimensioni del progetto,
quanto nei contenuti. A cominciare dai criteri che hanno
portato alla selezione del campione.
«Potevamo scegliere di avere un campione che fosse
rappresentativo di ciascuna nazione – dice James
Fishkin – ma poi ci siamo chiesti: vogliamo portare
a discutere un insieme di cittadini di nazionalità
diverse, oppure vogliamo ricreare il microcosmo di una
popolazione europea, costruire un confronto e una discussione
tra cittadini europei? La scelta che abbiamo fatto risponde
a quest’ultima opportunità».
La scelta è chiara: non avere un semplice campione
che rappresenti la somma di mini campioni dei 27 paesi,
ma portare a Bruxelles un campione europeo di 400 persone.
«Sono circa la metà dei componenti del
Parlamento europeo – spiega Stephen Boucher –
e ciascun paese sarà rappresentato da un numero
di cittadini pari alla metà dei propri deputati
nel Parlamento di Bruxelles».
La rappresentatività del campione chiamato a
partecipare è un elemento di essenziale importanza
nei sondaggi informati, il valore scientifico dell’iniziativa
parte proprio da qui, cioè dal fatto che le persone
coinvolte (selezionate e sondate dall’istituto
di ricerca Tns Sofrés) rappresentano esattamente
l’intera comunità di cittadini a cui ci
si vuole rivolgere, il gruppo ristretto degli individui
chiamati a partecipare delinea esattamente, secondo
criteri sociodemocrafici, una riduzione in scala dell’intera
popolazione. Eccola allora “l’Europa in
una stanza”, per usare ancora le parole con cui
gli organizzatori amano definire Tomorrow’s
Europe.
Il tutto si carica di sfumature significative se mettiamo
in evidenza le caratteristiche istituzionali dell’iniziativa.
Innanzitutto l’organizzazione: il progetto prende
vita da un’idea e dall’azione di Notre Europe
(associazione fondata da Jacques Delors ora presieduta
da Tommaso Padoa Schioppa) che ha saputo mettere insieme
più di venti partner in tutta Europa (tra questi
Reset) intorno a un progetto che ha trovato l’appoggio
della Commissione europea e il contributo di organismi
privati. Tomorrow’s Europe è infatti
realizzato per il 62% con soldi stanziati nell’ambito
del Piano D voluto dalla commissaria europea per le
relazioni internazionali e le strategie di comunicazione
Margot Wallström; mentre il resto delle risorse
provengono dalle sponsorizzazioni di Allianz (gruppo
tedesco di assicurazioni), Open Society Institute di
George Soros, Thalys rete di collegamento treni ad alta
velocità Parigi Bruxelles e dalla Fondazione
Hippocrene. Una sinergia di forze per un impegno logistico
che vede la “mini Europa” occupare venti
stanze del Parlamento per le discussioni in gruppo,
una grande sala per le sedute plenarie in cui esperti
delle materie trattate rispondono alle domande dei cittadini,
traduzioni simultanee in oltre venti lingue.
Di cosa discuteranno i partecipanti a Tomorrow’s
Europe?
«Il centro del dibattito – risponde Stephen
Boucher – riguarda il ruolo dell’Europa
nel mondo, in particolare il tipo di atteggiamento che
l’Unione europea dovrebbe o potrebbe tenere di
fronte a questioni cruciali della nostra epoca che si
sviluppano su scala globale». Temi complessi e
difficili da affrontare soprattutto per persone che
non sono esperte di politica internazionale, di Medio
Oriente o di crisi energetiche. Ma il sondaggio informato
serve proprio a questo, a portare i cittadini a ragionare
su questioni che ritengono distanti dalla propria esperienza
quotidiana, a dimostrare che una discussione ragionata
e informata può sviluppare comprensione da parte
dei cittadini e aiutare chi deve prendere le decisioni.
E poi, il sondaggio informato è uno strumento
per informare, una tecnica che serve per migliorare
la qualità delle informazioni a disposizione
dell’opinione pubblica.
Prima di giungere a Bruxelles i membri del campione
hanno ricevuto il materiale di approfondimento in cui
si mettono in evidenza i temi su cui vertono le discussioni
della tre giorni deliberativa. Si tratta di un opuscolo
in cui argomenti e politiche al centro delle discussioni
vengono analizzati ed esposti in maniera concisa e bilanciata
tra le diverse opzioni possibili. Particolare attenzione,
nella realizzazione dell’opuscolo, è stata
dedicata al fatto di offrire per ciascun tema trattato
degli argomenti chiave sulle scelte che i cittadini
sono chiamati a compiere.
«Abbiamo cercato di proporre esempi concreti
– spiega ancora Stephen Boucher – mettendo
i cittadini di fronte a fatti tangibili e alle implicazioni
che questi hanno nelle politiche mondiali e dell’Ue».
Entrando più nello specifico, due sono le aree
tematiche su cui si incentrano le discussioni. La prima
è dedicata a temi del mondo del lavoro, del welfare,
delle pensioni e vuole indagare quale atteggiamento
dovrebbe avere l’Unione europea di fronte alle
sfide poste dalla competizione globale. La seconda riguarda
invece il ruolo che l’Ue dovrebbe svolgere nello
scenario della politica internazionale, e sposta la
discussione sul modo di intervento che l’Unione
dovrebbe adottare per costruire una propria politica
estera e di difesa.
La portata dei temi messi in campo è assai ampia,
soprattutto se si considera il fatto che sono ambiti
di discussione sempre cruciali nei dibattiti che coinvolgono
le istituzioni europee. L’Ue dovrebbe intervenire
nelle politiche del lavoro dei singoli stati? Ha il
diritto di intromettersi nel progetto di riforma delle
pensioni di un suo stato membro? Come dovrebbe comportarsi
nella crisi nucleare iraniana? Intervenire con decisione
o assumere un atteggiamento più isolazionista?
Tutti argomenti assai difficili, domande le cui risposte
richiedono preparazione e conoscenza. Viene il dubbio
che siano temi davvero troppo complessi per essere analizzati
da comuni cittadini nell’arco di un solo week-end.
«È vero, sono argomenti complessi e difficili
– ammette Boucher – ma non per questo vanno
evitati, al contrario, abbiamo la massima fiducia sul
fatto che il sondaggio informato possa aumentare la
consapevolezza dell’opinione pubblica europea
su temi che hanno una vasta portata e sono di cruciale
importanza per il futuro dell’Unione europea».
In fondo è proprio qui che sta il valore del
sondaggio informato. Non solo la tecnica inventata da
James Fishkin riesce a dimostrare come la discussione
sia la colonna portante di una opinione pubblica informata
e consapevole, non solo il sondaggio informato è
la testimonianza di come la democrazia europea possa
affrontare temi importanti e delicati coinvolgendo i
cittadini e non solo delegando le scelte; il deliberative
poll è anche uno strumento che contribuisce a
migliorare la conoscenza che ciascuno di noi può
avere su temi di pubblica rilevanza. «Per questo
abbiamo usato uno strumento come quello di Fishkin –
conclude Boucher – perché crea una situazione
in cui cittadini sono messi nelle condizioni di informarsi
bene, di ragionare e ponderare aspetti diversi di questioni
complicate, di discutere senza vergogna e in maniera
approfondita, prima di potersi esprimere».
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