Per compiere
delle scelte politiche, queste vanno proposte all’elettorato:
senza un mandato popolare si possono mettere in atto
solo modifiche marginali. L’Europa non sarà
in grado di compiere scelte della portata necessaria
per assicurarsi la futura prosperità e stabilità,
a meno che non trovi un modo di proporle al pubblico
europeo.
Nelle democrazie moderne europee le scelte politiche
vengono fatte scegliendo i partiti sulla base dei programmi
di governo che propongono. È raro che i politici
che non appartengono a un partito vengano eletti, ancora
più raro che una persona non appartenente a un
partito possa assumere una carica di governo. Quindi,
le uniche scelte politiche che gli elettori possono
effettivamente fare sono quelle che i partiti politici
scelgono di proporre.
I partiti politici europei non sono quelli di un tempo.
In Gran Bretagna, alla fine della Seconda Guerra Mondiale,
circa il 6% della popolazione era iscritta a uno dei
partiti politici. Oggigiorno, sono meno del 2%, in Francia
siamo più vicini all’1%. Attualmente l’appartenenza
a un partito politico è molto minore di quella
a un’organizzazione ecologista o ambientalista.
Uno scenario simile si è diffuso in tutta Europa
a partire dagli anni ‘90. Ognuna delle democrazie
europee di vecchia data vede il crollo dell’appartenenza
ai partiti. Questo calo ha visto i principali partiti
politici europei perdere oltre un terzo degli iscritti
in un decennio. Molti sono i fattori che hanno contribuito
a questo svuotarsi della democrazia rappresentativa.
Con la fine della Guerra Fredda l’identità
politica è diventata meno marcata; i ritmi frenetici
della vita moderna lasciano alla gente molto meno tempo
per una vita di partito attiva; i mezzi di comunicazione
attuali hanno reso meno netto il limite tra notizia
e intrattenimento, abbassando il livello del dibattito
pubblico della politica.
Questi e altri fattori hanno creato una distanza tra
i partiti politici e la base della società. I
leader di partito hanno quindi perso sia una precisa
fonte d’informazione sulle priorità dell’elettorato,
sia un mezzo straordinario per comunicare con esso.
Un’attività di partito più ridotta
e passiva ha costretto la dirigenza a farsi guidare
nelle priorità da gruppi chiave e sondaggi elettorali
e ad affidarsi ai media per comunicare i loro messaggi.
Questi cambiamenti strutturali nell’apparato della
democrazia hanno fatto sì che gli appelli politici
si istituzionalizzassero in populismo a breve termine,
e hanno diminuito sia il desiderio che la capacità
dei partiti politici di affrontare le questioni strategiche
in modo efficace.
È improbabile che il XXI secolo veda un ritorno
a una iscrizione di massa ai partiti politici, né
i partiti politici tradizionali, sempre più marginali,
saranno in grado di proporre all’elettorato europeo
quel tipo di scelte politiche delineato fin qui, quella
serie di scelte che assicuri loro prosperità
e sicurezza a lungo termine. Le istituzioni politiche
sono soggette alla dura legge dell’entropia: se
non si rinnovano, s’indeboliscono.
Il costante declino dei partiti, assieme alla perdita
di fiducia pubblica nelle istituzioni politiche, ha
creato un vuoto pericoloso. Se i cittadini europei non
troveranno modi innovativi per integrare il ruolo dei
partiti con i nuovi tipi d’impegno, la loro sicurezza
futura dipenderà dalla volontà politica
di singoli leader nazionali. Questa è una base
molto instabile su cui costruire un futuro sostenibile:
la storia d’Europa ci mette in guardia dalla dipendenza
da figure carismatiche che offrono soluzioni apparentemente
semplici per problematiche complesse.
Il rinnovamento della democrazia europea è quindi
una parte integrante necessaria per affrontare le sfide
del XXI secolo. Malgrado le loro mancanze, i partiti
politici resteranno gli strumenti principali per la
legittimazione dei governi e delle loro decisioni. Le
insoddisfazioni nella democrazia attuale non sono motivo
sufficiente per abbandonarla, ma lo sono, invece, per
cercare nuove modalità che ne integrino la forza
e ne compensino alcune delle debolezze.
Il rafforzamento della procedura decisionale democratica
in Europa deve procedere secondo modalità che
coinvolgano realmente i suoi cittadini. Nell’attuale
sistema decisionale politico devono essere integrati
nuovi meccanismi che permettano di compiere delle scelte,
rafforzando nel mentre la legittimità e la responsabilità.
Lo sviluppo delle istituzioni europee è stato
ottenuto a prezzo dell’accettazione pubblica.
Sempre più caratterizzato come la realizzazione
di un progetto tecnocratico guidato da un’élite,
il processo dell’integrazione e dell’ampliamento
europeo è stato la causa di molte tensioni. Recentemente,
i cittadini delle giovani generazioni cercano sempre
più spesso nuove risposte sull’utilità
dell’Europa. Il fallimento del trattato costituzionale
è uno spartiacque, poiché dimostra che
il consenso dei cittadini europei non può più
essere dato per scontato, va guadagnato.
Investire nell’innovazione democratica
Alla luce delle decisioni dei referendum del 2005 in
Francia e in Olanda, e come parte del “periodo
di riflessione” dell’Ue, il “Piano
D” della Commissione Europea (dove D sta per democrazia,
dialogo e dibattito) offre un’importante opportunità
di esplorare nuovi strumenti che coinvolgano i cittadini
europei nei risultati che l’Europa deve raggiungere.
Il “Piano D” ha fornito dei finanziamenti
per una serie di esperimenti deliberativi che si estendano
attraverso i confini degli stati membri, riunendo i
cittadini in processi innovativi. Grazie a questi esperimenti
si potrà capire in che modo l’opinione
pubblica europea possa contribuire al processo decisionale.
Ma se queste tecniche non saranno radicate nelle istituzioni
europee, esse corrono il rischio di essere interpretate
come un modo esclusivamente formale di promuovere la
partecipazione.
Dobbiamo riflettere seriamente sull’elaborazione
di un modo per incorporare nel futuro processo decisionale
dell’Ue quanto c’è di buono in questi
nuovi approcci. Potenzialmente essi possono svolgere
un ruolo che integri quello dei partiti politici, contribuendo
a plasmare il contesto in cui operano le istituzioni
e i vertici decisionali europei.
L’Unione Europea non dovrebbe solo imitare i
processi democratici degli stati membri, limitandosi
a trasferire a livello transnazionale una versione “light”
della democrazia, privata cioè della sostanza
e ridotta a mero processo elettorale. Deve invece avviare
una riflessione su nuovi strumenti che consentano a
coloro che sono investiti del potere decisionale di
impegnarsi con i cittadini e ottenerne il mandato.
Per realizzare ciò saranno necessari consistenti
investimenti di risorse finanziarie e capitale politico,
e il Parlamento Europeo è nella posizione migliore
per promuovere questa agenda.
Come primo passo, l’enorme risparmio che si otterrebbe
abbandonando il trasferimento mensile del Parlamento
Europeo tra Bruxelles e Strasburgo dovrebbe essere investito
nello sviluppo e nell’applicazione dei migliori
procedimenti deliberativi e partecipativi attualmente
adottati in Europa. Se applicati in modo da integrare
i processi istituzionali, il ritorno dell’investimento
sarebbe enorme in termini di crescita della legittimità
e coinvolgimento dei cittadini. Il Parlamento Europeo
stesso vedrebbe rafforzati i suoi legami con i cittadini.
Un bilancio europeo democratico
Eppure la sfida politica è più impegnativa,
non si tratta semplicemente di favorire un maggiore
coinvolgimento dei cittadini nel tradizionale strumento
di consultazione. Il contesto del processo decisionale
europeo dev’essere ricollegato alle diverse circostanze
prodotte dall’interdipendenza globale.
La maggiore dimostrazione della serietà di un’istituzione
è rappresentata dal modo in cui questa raccoglie
e spende i soldi. L’attuale bilancio europeo è
carente su entrambi i versanti: le diverse istituzioni
dell’Ue non sono direttamente responsabili della
raccolta dei soldi, né i risultati di precedenti
determinazioni di esercizi di bilancio hanno in qualche
modo rispecchiato le priorità dei cittadini.
Troppo spesso, la determinazione del bilancio è
stata una manovra in difesa di storici scambi politici
di interessi acquisiti degli stati membri, piuttosto
che una suddivisione delle risorse determinata dalle
sfide che l’Europa deve affrontare. Il bilancio
non è altro che un riflesso dei vecchi intrighi,
non delle future priorità politiche.
Se vogliamo evitare il continuo tradimento degli interessi
dei cittadini, i cittadini stessi devono essere in grado
di plasmare il contesto politico dei futuri bilanci
dell’Ue. La revisione del bilancio programmata
per il 2008-09 dovrebbe quindi prevedere anche un processo
di studio del bilancio che veda una partecipazione europea.
L’apporto del parere dei cittadini dovrebbe avere
inizio nel corso del 2007 con una serie di attività
deliberative paneuropee. Queste dovrebbero individuare
le priorità dei cittadini in merito alle spese
dell’Ue, fornendo a chi determina le politiche
un’indicazione iniziale dei livelli di sostegno
pubblico per le diverse azioni europee. La Commissione
Europea dovrebbe incorporare questi pareri nella sua
revisione del bilancio europeo e cercare altri apporti
deliberativi su specifiche questioni d’interesse
dei cittadini.
Poi, in occasione delle elezioni del Parlamento Europeo
nel giugno del 2009, tutti gli elettori dovrebbero poter
contribuire il loro parere sulle proposte di revisione
del bilancio per mezzo di una graduatoria delle proprie
preferenze di spesa dell’Ue. Questo dovrebbe avvenire
per questioni d’impatto finanziario diretto sulla
loro regione o stato membro, e anche per le quelle politiche
relative al ruolo dell’Ue nel mondo. I risultati
dovrebbero essere resi noti in base alla regione elettorale,
lo stato membro e anche come media su base europea.
I deputati europei eletti in quell’occasione
dovrebbero poi assumersi la responsabilità di
fronte ai loro elettori di discutere nelle sedi europee
la futura conformazione del bilancio dell’Ue.
Membri del governo e leader politici degli stati membri
dovranno anche giustificare le loro posizioni di negoziazione
alla luce di queste preferenze espresse dai cittadini.
Il Parlamento Europeo dovrebbe agire per conto dei cittadini,
onde garantire che la revisione del bilancio europeo
rifletta i loro desideri e fornisca un valore aggiunto
alla cooperazione europea, assumendosi il ruolo di agevolare
il rapporto tra istituzioni e cittadini in tutti i futuri
esercizi di bilancio dell’Ue.
Coinvolgere direttamente i cittadini europei nella
revisione del bilancio costituirebbe l’estensione
più concreta e significativa della partecipazione
dei cittadini alla democrazia in Europa. Sarebbe la
vera dimostrazione che le istituzioni europee rispondono
del loro operato davanti ai cittadini.
Questo testo è tratto dal pamphlet “L’Europa
nel mondo. Scelte politiche per la sicurezza e la prosperità”,
realizzato dall’organizzazione no profit E3G.
Il pamphlet è stato realizzato con licenza Creative
Commons.
Il testo completo è disponibile al sito www.europeintheworld.eu
Per maggiori informazioni si può visitare il
sito www.e3g.org
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