Tratto
dall’ultimo numero di Reset
(n.99 gennaio-febbraio 2007), in edicola e in libreria.
Tanto entusiasmo non lo immaginava nemmeno lui. Di
fronte al coinvolgimento che i cittadini laziali hanno
dimostrato il 3 dicembre durante il sondaggio informato,
il primo Deliberative Poll realizzato in Italia,
Luigi Nieri confessa di essere rimasto un po’
sorpreso. Positivamente sorpreso. L’assessore
al Bilancio, Programmazione economico-finanziaria e
Partecipazione della Regione Lazio, eletto nelle liste
di Rifondazione comunista, è un sostenitore della
necessità di costruire un nesso tangibile tra
amministratori e cittadini, tra politica e rappresentati.
Anzi di più: di questo nesso è un promotore,
come dimostrano le esperienze fatte in passato al comune
di Roma da assessore alle Periferie, come dimostra il
bilancio partecipato che, a partire dal suo governo,
nel Lazio è una pratica affermata. E come dimostra
il fatto che è stato il primo a portare in Italia
la tecnica di James Fishkin che ha il merito di unire
metodologia scientifica alla partecipazione. “L’esperienza
è stata positiva”, dice Nieri, “il
sondaggio informato si è dimostrato uno strumento
efficace per riempire il gap tra istituzioni e cittadini
e coinvolgere entrambi in un confronto costante”.
In una giornata di discussione i cittadini hanno saputo
e capito di più della sanità regionale,
della finanza etica e del bilancio, hanno animato il
dibattito, hanno incalzato con le loro domande e le
loro critiche gli esperti e lo stesso assessore. Perché
la partecipazione, continua Nieri, è “la
quintessenza della democrazia, e senza partecipazione
la democrazia rischia di ridursi a un modello astratto”.
Perché un’istituzione politica
come un assessorato regionale si interessa attivamente
di partecipazione democratica?
Viviamo nel nostro paese un momento particolare. Da
Tangentopoli in poi i tradizionali meccanismi di rappresentanza
e i partiti politici sono entrati in una profonda crisi,
mentre nei cittadini è cresciuto un progressivo
senso di impotenza e disincanto. Accade così
che la politica sia percepita come troppo lontana dalle
esigenze concrete e i partiti fanno fatica a svolgere
il ruolo di canali della partecipazione alla politica,
e la società civile organizzata spesso si contrappone
alle forze politiche in nome della propria indipendenza.
Le città neoliberali segmentano gli spazi di
vita collettiva, hanno perso la dimensione collettiva,
mentre favoriscono la delega del controllo pubblico
delle dinamiche di conflitto ai soggetti. Se questo
è il contesto, risulta evidente che bisogna ripartire
dal basso, da una partecipazione non mediata dei singoli
alla vita politica per ricostruire il filo rosso dello
stare insieme.
Quale ruolo possono concretamente svolgere
le istituzioni politiche nella realizzazione di questo
nesso tra politica e cittadini?
Per lunghi anni in Italia la partecipazione è
stata disincentivata, per timore o per supponenza, e
il decisionismo era diventato contenuto e forma della
politica. Il craxismo prima e il berlusconismo, poi,
hanno sublimato l’idea dell’uomo di successo
che comanda e decide in solitudine. La rapidità
della decisione è stata contrapposta alla qualità
dei processi. Noi vogliamo invertire questo trend e
ripartire dalla partecipazione nella vita politica,
sociale ed economica. La democrazia si nutre di partecipazione
diffusa, popolare, reale. Al governo nazionale e agli
enti locali si chiede molto spesso di intervenire sui
problemi legati alla quotidianità e alla qualità
della vita: la tutela della salute, l’educazione,
la casa, il reddito. Solo un processo di confronto aperto
e di reale partecipazione permette quello scambio tra
amministratori e società civile che può
meglio orientare il governo nazionale come quello dei
territori. La nostra scelta di coinvolgere i cittadini
nelle scelte strategiche della Giunta in tema di economia
e programmazione economica è nata dalla volontà
di capire direttamente le esigenze delle comunità
locali e delle persone in carne e ossa.
La partecipazione di cui parla è un
processo che lei ha sperimentato da tempo, ma che cosa
l’ha spinta verso i sondaggi informati di James
Fishkin?
Quando ero assessore alle Periferie del Comune di Roma
utilizzavo strumenti della partecipazione democratica
per stabilire insieme ai comitati di quartiere le opere
da realizzare nelle strade e nelle piazze del loro rione.
Abbiamo poi tentato di trasferire quel bagaglio di conoscenze
ed esperienze nella costruzione del bilancio regionale,
con modalità ovviamente del tutto diverse. Abbiamo
così varato dei provvedimenti che rendessero
obbligatorie per Giunta e Consiglio pratiche partecipative
prima dell’approvazione dei documenti finanziari.
E così la Regione Lazio ha approvato, per la
prima volta in Italia, una legge regionale che vincola
il passaggio in aula di finanziaria, bilancio e Dpefr
a un reale processo di partecipazione rivolto a organizzazioni,
associazioni, amministratori, cittadine e cittadini
delle cinque province laziali. Poi un giorno ho avuto
modo di approfondire la conoscenza dei deliberative
polls. In particolare mi colpì l’uso
che ne fece il Pasok di Papandreou in Grecia. Mi ha
entusiasmato l’idea che qualcuno, sulla base di
una precisa metodologia scientifica, stava lavorando
nella nostra stessa direzione. Da qui il desiderio fortissimo
di ripetere quell’esperienza nel Lazio, una regione
che negli ultimi anni ha vissuto grandi problemi e profonde
contraddizioni. Il sondaggio deliberativo è diventato
per noi quasi una catarsi rispetto alla corruzione degli
anni scorsi.
Infatti il sondaggio informato è stato
realizzato in un periodo molto intenso per la Regione,
tra la presentazione del bilancio in giunta e la sua
discussione nel consiglio comunale. In mezzo, la comunicazione
del debito di oltre 10 miliardi di euro accumulato dalla
passata gestione della sanità pubblica e l’annuncio
della necessità di riforme importanti. Quanto
iniziative di partecipazione democratica e informata
possono incidere nelle scelte e nell’immagine
della giunta regionale?
In questa regione non esistevano più regole.
Dal 2002 non venivano approvati i bilanci delle Asl,
non vi erano controlli sui conti pubblici e sul lavoro
di consulenti e funzionari pubblici, venivano violate
(vedi Laziogate) anche le più semplici norme
sulla privacy. Il bilancio era un documento per i soli
addetti ai lavori e il più delle volte neanche
loro erano in grado decifrarne tutti gli aspetti. La
conseguenza è stata che – come ci riportano
i fatti di cronaca – si sono ampliati gli spazi
per la diffusione del malaffare e della corruzione.
Oggi il bilancio è su internet, è stato
semplificato e diviso per assessorati in modo tale che
tutti, alla fine dell’anno possano verificare
gli impegni di spesa, la quantità e la qualità
degli investimenti. Su questi stessi documenti, sempre
su internet, è stata data la possibilità
di aprire dei forum virtuali e proporre emendamenti.
Un po’ come fanno i consiglieri regionali in commissione
e consiglio. Tutto il bagaglio di suggerimenti, proposte
ed emendamenti proposto dai cittadini viene raccolto
in un Libro della Partecipazione di cui il consiglio
deve tener conto in sede di approvazione.
Lei è stato il principale promotore
politico del sondaggio informato che ha avuto il consenso
del presidente della Regione Marrazzo. Come è
stata accolta l’iniziativa dalle altre forze politiche?
L’iniziativa è stata accolta da tutte
le componenti dell’Unione con grande entusiasmo
e interesse. Non capita tutti i giorni vedere centinaia
di persone appassionarsi su temi complessi come quelli
che abbiamo prescelto per la discussione. Ma l’Unione
con le primarie ha già dimostrato di saper accettare
la sfide che il cambiamento della società ci
impone. Il problema, a mio avviso, è quello di
saper fare tesoro di queste occasioni di verifica e
di confronto e dare loro una continuità nel tempo.
Chi è contro le partecipazione è contro
la democrazia.
Lei è stato presente durante tutta la
giornata del sondaggio informato, ne ha seguito da vicino
tutte le fasi. C’è un aspetto di quell’esperienza
che l’ha colpita in maniera particolare?
Devo dire che pur credendo in questo progetto mai mi
sarei aspettato di vedere tante persone rinunciare al
piacere di una domenica di riposo per discutere di sanità
e finanza etica. Ciò che più mi ha colpito
assistendo sia ai gruppi di discussione che all’assemblea
plenaria è stato il fervore e la preparazione
dei partecipanti. Abbiamo assistito tutti a bocca aperta
ad assemblee numerosissime dove si battevano le mani
o si contestavano le tesi sostenute dagli esperti con
grande passione civile. Si sono fatte delle critiche
o tessuto elogi con analogo spirito costruttivo. Mi
ricordo di un gruppo che parlava di raccolta differenziata
e risanamento delle risorse idriche confondendo molto
spesso i due temi. Alla fine di quella sessione tutti
avevano le idee chiare e una posizione sufficientemente
precisa da esprimere. Questo dimostra che i tradizionali
canali comunicativi non sono sufficienti e che non basta
annunciare le iniziative intraprese se non si spiegano
vis à vis le ragioni profonde di quelle decisioni.
I risultati del sondaggio, d’altronde, parlano
chiaro. Dopo la giornata del sondaggio informato e partecipato
i cittadini si sono convinti che l’azione di riconversione
dei posti letto tradizionali in assistenza ambulatoriale
è più vantaggiosa, al contrario di ciò
che avevano sostenuto nel sondaggio generale. Così
come è cresciuto il numero di chi vuole ridurre
il numero dei laboratori di analisi privati a favore
di quelli pubblici, come la percentuale di coloro che
finalmente comprendono cosa sia un bond etico. Comunque
tra le persone presenti si notava grande entusiasmo.
Questo forse è stato il dato più significativo
di cui bisogna tener conto.
Crede che iniziative come il sondaggio informato
possano avere la possibilità di entrare nella
routine della vita democratica o sono considerati soltanto
episodi innovativi e positivi, ma isolati?
Sono fermamente convinto che il sondaggio informato
sia uno strumento utile alle istituzioni per capire
meglio il gap che le separa dai rappresentati. La scientificità
del metodo garantisce un’alta rappresentatività
del campione prescelto. Si potrebbe pensare senza dubbio
a un suo utilizzo periodico oppure come soluzione per
risolvere controversie su vertenze territoriali su cui
molto spesso i governi cadono in impasse. Comunque dice
bene il ministro Amato quando parla dei come laboratori di democrazia. La deresponsabilizzazione
dell’individuo è l’embrione della
corruzione e del malaffare. Un cittadino poco coinvolto
può essere tentato di cercare una strada personale
per affermare la propria volontà o risolvere
e i propri problemi. Il confronto costante ci aiuta
a capire che le nostre azioni assumono valore proprio
perché generate all’interno di un contesto
comunitario. Il sondaggio informato e partecipato ci
aiuta a trasformare la società in comunità.
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it
|