314 - 02.02.07


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Democrazie, l’essenziale è partecipare

Luigi Nieri con
Mauro Buonocore



Tratto dall’ultimo numero di Reset (n.99 gennaio-febbraio 2007), in edicola e in libreria.

Tanto entusiasmo non lo immaginava nemmeno lui. Di fronte al coinvolgimento che i cittadini laziali hanno dimostrato il 3 dicembre durante il sondaggio informato, il primo Deliberative Poll realizzato in Italia, Luigi Nieri confessa di essere rimasto un po’ sorpreso. Positivamente sorpreso. L’assessore al Bilancio, Programmazione economico-finanziaria e Partecipazione della Regione Lazio, eletto nelle liste di Rifondazione comunista, è un sostenitore della necessità di costruire un nesso tangibile tra amministratori e cittadini, tra politica e rappresentati. Anzi di più: di questo nesso è un promotore, come dimostrano le esperienze fatte in passato al comune di Roma da assessore alle Periferie, come dimostra il bilancio partecipato che, a partire dal suo governo, nel Lazio è una pratica affermata. E come dimostra il fatto che è stato il primo a portare in Italia la tecnica di James Fishkin che ha il merito di unire metodologia scientifica alla partecipazione. “L’esperienza è stata positiva”, dice Nieri, “il sondaggio informato si è dimostrato uno strumento efficace per riempire il gap tra istituzioni e cittadini e coinvolgere entrambi in un confronto costante”.
In una giornata di discussione i cittadini hanno saputo e capito di più della sanità regionale, della finanza etica e del bilancio, hanno animato il dibattito, hanno incalzato con le loro domande e le loro critiche gli esperti e lo stesso assessore. Perché la partecipazione, continua Nieri, è “la quintessenza della democrazia, e senza partecipazione la democrazia rischia di ridursi a un modello astratto”.

Perché un’istituzione politica come un assessorato regionale si interessa attivamente di partecipazione democratica?

Viviamo nel nostro paese un momento particolare. Da Tangentopoli in poi i tradizionali meccanismi di rappresentanza e i partiti politici sono entrati in una profonda crisi, mentre nei cittadini è cresciuto un progressivo senso di impotenza e disincanto. Accade così che la politica sia percepita come troppo lontana dalle esigenze concrete e i partiti fanno fatica a svolgere il ruolo di canali della partecipazione alla politica, e la società civile organizzata spesso si contrappone alle forze politiche in nome della propria indipendenza. Le città neoliberali segmentano gli spazi di vita collettiva, hanno perso la dimensione collettiva, mentre favoriscono la delega del controllo pubblico delle dinamiche di conflitto ai soggetti. Se questo è il contesto, risulta evidente che bisogna ripartire dal basso, da una partecipazione non mediata dei singoli alla vita politica per ricostruire il filo rosso dello stare insieme.

Quale ruolo possono concretamente svolgere le istituzioni politiche nella realizzazione di questo nesso tra politica e cittadini?

Per lunghi anni in Italia la partecipazione è stata disincentivata, per timore o per supponenza, e il decisionismo era diventato contenuto e forma della politica. Il craxismo prima e il berlusconismo, poi, hanno sublimato l’idea dell’uomo di successo che comanda e decide in solitudine. La rapidità della decisione è stata contrapposta alla qualità dei processi. Noi vogliamo invertire questo trend e ripartire dalla partecipazione nella vita politica, sociale ed economica. La democrazia si nutre di partecipazione diffusa, popolare, reale. Al governo nazionale e agli enti locali si chiede molto spesso di intervenire sui problemi legati alla quotidianità e alla qualità della vita: la tutela della salute, l’educazione, la casa, il reddito. Solo un processo di confronto aperto e di reale partecipazione permette quello scambio tra amministratori e società civile che può meglio orientare il governo nazionale come quello dei territori. La nostra scelta di coinvolgere i cittadini nelle scelte strategiche della Giunta in tema di economia e programmazione economica è nata dalla volontà di capire direttamente le esigenze delle comunità locali e delle persone in carne e ossa.

La partecipazione di cui parla è un processo che lei ha sperimentato da tempo, ma che cosa l’ha spinta verso i sondaggi informati di James Fishkin?

Quando ero assessore alle Periferie del Comune di Roma utilizzavo strumenti della partecipazione democratica per stabilire insieme ai comitati di quartiere le opere da realizzare nelle strade e nelle piazze del loro rione. Abbiamo poi tentato di trasferire quel bagaglio di conoscenze ed esperienze nella costruzione del bilancio regionale, con modalità ovviamente del tutto diverse. Abbiamo così varato dei provvedimenti che rendessero obbligatorie per Giunta e Consiglio pratiche partecipative prima dell’approvazione dei documenti finanziari. E così la Regione Lazio ha approvato, per la prima volta in Italia, una legge regionale che vincola il passaggio in aula di finanziaria, bilancio e Dpefr a un reale processo di partecipazione rivolto a organizzazioni, associazioni, amministratori, cittadine e cittadini delle cinque province laziali. Poi un giorno ho avuto modo di approfondire la conoscenza dei deliberative polls. In particolare mi colpì l’uso che ne fece il Pasok di Papandreou in Grecia. Mi ha entusiasmato l’idea che qualcuno, sulla base di una precisa metodologia scientifica, stava lavorando nella nostra stessa direzione. Da qui il desiderio fortissimo di ripetere quell’esperienza nel Lazio, una regione che negli ultimi anni ha vissuto grandi problemi e profonde contraddizioni. Il sondaggio deliberativo è diventato per noi quasi una catarsi rispetto alla corruzione degli anni scorsi.

Infatti il sondaggio informato è stato realizzato in un periodo molto intenso per la Regione, tra la presentazione del bilancio in giunta e la sua discussione nel consiglio comunale. In mezzo, la comunicazione del debito di oltre 10 miliardi di euro accumulato dalla passata gestione della sanità pubblica e l’annuncio della necessità di riforme importanti. Quanto iniziative di partecipazione democratica e informata possono incidere nelle scelte e nell’immagine della giunta regionale?

In questa regione non esistevano più regole. Dal 2002 non venivano approvati i bilanci delle Asl, non vi erano controlli sui conti pubblici e sul lavoro di consulenti e funzionari pubblici, venivano violate (vedi Laziogate) anche le più semplici norme sulla privacy. Il bilancio era un documento per i soli addetti ai lavori e il più delle volte neanche loro erano in grado decifrarne tutti gli aspetti. La conseguenza è stata che – come ci riportano i fatti di cronaca – si sono ampliati gli spazi per la diffusione del malaffare e della corruzione. Oggi il bilancio è su internet, è stato semplificato e diviso per assessorati in modo tale che tutti, alla fine dell’anno possano verificare gli impegni di spesa, la quantità e la qualità degli investimenti. Su questi stessi documenti, sempre su internet, è stata data la possibilità di aprire dei forum virtuali e proporre emendamenti. Un po’ come fanno i consiglieri regionali in commissione e consiglio. Tutto il bagaglio di suggerimenti, proposte ed emendamenti proposto dai cittadini viene raccolto in un Libro della Partecipazione di cui il consiglio deve tener conto in sede di approvazione.

Lei è stato il principale promotore politico del sondaggio informato che ha avuto il consenso del presidente della Regione Marrazzo. Come è stata accolta l’iniziativa dalle altre forze politiche?

L’iniziativa è stata accolta da tutte le componenti dell’Unione con grande entusiasmo e interesse. Non capita tutti i giorni vedere centinaia di persone appassionarsi su temi complessi come quelli che abbiamo prescelto per la discussione. Ma l’Unione con le primarie ha già dimostrato di saper accettare la sfide che il cambiamento della società ci impone. Il problema, a mio avviso, è quello di saper fare tesoro di queste occasioni di verifica e di confronto e dare loro una continuità nel tempo. Chi è contro le partecipazione è contro la democrazia.

Lei è stato presente durante tutta la giornata del sondaggio informato, ne ha seguito da vicino tutte le fasi. C’è un aspetto di quell’esperienza che l’ha colpita in maniera particolare?

Devo dire che pur credendo in questo progetto mai mi sarei aspettato di vedere tante persone rinunciare al piacere di una domenica di riposo per discutere di sanità e finanza etica. Ciò che più mi ha colpito assistendo sia ai gruppi di discussione che all’assemblea plenaria è stato il fervore e la preparazione dei partecipanti. Abbiamo assistito tutti a bocca aperta ad assemblee numerosissime dove si battevano le mani o si contestavano le tesi sostenute dagli esperti con grande passione civile. Si sono fatte delle critiche o tessuto elogi con analogo spirito costruttivo. Mi ricordo di un gruppo che parlava di raccolta differenziata e risanamento delle risorse idriche confondendo molto spesso i due temi. Alla fine di quella sessione tutti avevano le idee chiare e una posizione sufficientemente precisa da esprimere. Questo dimostra che i tradizionali canali comunicativi non sono sufficienti e che non basta annunciare le iniziative intraprese se non si spiegano vis à vis le ragioni profonde di quelle decisioni. I risultati del sondaggio, d’altronde, parlano chiaro. Dopo la giornata del sondaggio informato e partecipato i cittadini si sono convinti che l’azione di riconversione dei posti letto tradizionali in assistenza ambulatoriale è più vantaggiosa, al contrario di ciò che avevano sostenuto nel sondaggio generale. Così come è cresciuto il numero di chi vuole ridurre il numero dei laboratori di analisi privati a favore di quelli pubblici, come la percentuale di coloro che finalmente comprendono cosa sia un bond etico. Comunque tra le persone presenti si notava grande entusiasmo. Questo forse è stato il dato più significativo di cui bisogna tener conto.

Crede che iniziative come il sondaggio informato possano avere la possibilità di entrare nella routine della vita democratica o sono considerati soltanto episodi innovativi e positivi, ma isolati?

Sono fermamente convinto che il sondaggio informato sia uno strumento utile alle istituzioni per capire meglio il gap che le separa dai rappresentati. La scientificità del metodo garantisce un’alta rappresentatività del campione prescelto. Si potrebbe pensare senza dubbio a un suo utilizzo periodico oppure come soluzione per risolvere controversie su vertenze territoriali su cui molto spesso i governi cadono in impasse. Comunque dice bene il ministro Amato quando parla dei come laboratori di democrazia. La deresponsabilizzazione dell’individuo è l’embrione della corruzione e del malaffare. Un cittadino poco coinvolto può essere tentato di cercare una strada personale per affermare la propria volontà o risolvere e i propri problemi. Il confronto costante ci aiuta a capire che le nostre azioni assumono valore proprio perché generate all’interno di un contesto comunitario. Il sondaggio informato e partecipato ci aiuta a trasformare la società in comunità.

 

 

 

 

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