Tratto
da Reset
Al paragone con Clistene e Pericle, ride ringrazia
e declina. Ma George Papandreou ha chiara in mente l’antica
polis ateniese ed è a quegli antichi statisti,
a quell’Atene tra il VI e il V secolo a.C., che
pensa quando parla di "sperimentare nuove forme
per ringiovanire le nostre democrazie", quando
sostiene la necessità "di seguire il desiderio
di partecipazione democratica che avvertiamo tra gli
elettori", quando vede nel sondaggio deliberativo
l’applicazione di queste idee che mette in pratica
per scegliere il candidato sindaco che il suo partito,
il Pasok, presenterà alle prossime amministrative
nella città di Marousi, uno tra i più
importanti e popolosi centri dell’area metropolitana
di Atene.
Partecipazione è la parola chiave che Papandreou
utilizza per cercare di aprire la porta del rinnovamento
politico. Come nel 2004 quando, chiamato alla guida
del Pasok, il partito socialista greco che si trovava
allora nel pieno di una crisi di consenso e di scandali
di corruzione che colpivano i vecchi dirigenti, George
Papandreou decise di accettare l’incarico solo
dopo aver chiamato la popolazione greca ad esprimersi
sulla sua candidatura. Fu una specie di referendum,
cui parteciparono oltre un milione di elettori (non
solo iscritti al Pasok), che lo portò alla guida
del partito.
E così Papandreou, il cui nome racchiude decenni
di politica greca da suo nonno a suo padre (fondatore
del Pasok) che furono entrambi capi del governo, si
presenta come uomo nuovo, il politico che si è
formato negli States e che cerca sistemi innovativi
per rinvigorire la democrazia, a partire dalla sua Grecia
fino a portare le sue esperienze sul palcoscenico più
ampio dell’Internazionale Socialista che presiede
dal gennaio 2006.
Mr. Papanderou, lei punta molto sull’idea
di partecipazione come motore di rinnovamento politico.
Da dove nasce questa sua idea?
Mi sembra che gli elettori in genere, e i più
giovani in particolare, dedichino grande interesse ai
tentativi di migliorare la loro partecipazione alla
vita politica. Un esempio sta nella mia elezione alla
guida del Pasok: ho voluto dare seguito alla decisione
del partito solo dopo aver sottoposto la mia nomina
all’approvazione popolare. Sono state una sorta
di primarie aperte, chiunque poteva andare, iscritto
o meno che fosse al partito, e dire se voleva o no che
io guidassi il Pasok: il risultato è stato un
milione di voti a mio favore. Un altro esempio lo troviamo
in Italia, nell’alta affluenza degli elettori
alle primarie vinte da Prodi. Io credo che quando si
apre la porta alla partecipazione c’è sempre
una grande risposta, le persone hanno voglia di entrare
ed esprimere la propria opinione. È importante,
allora, cercare nuove forme di democrazia, diretta,
partecipativa, deliberativa, usando le nuove tecnologie
e così via. Al di là dei nomi e delle
definizioni dobbiamo cercare di sperimentare il più
possibile per trovare meccanismi di partecipazione che
meglio si adattino a realtà diverse.
E la sua scelta questa volta è caduta
sui sondaggi deliberativi di James Fishkin, un metodo
innovativo che tanto ha in comune con la democrazia
dell’antica polis ateniese. Il rinnovamento che
lei ha in mente guarda molto indietro nei secoli.
In Grecia abbiamo una tradizione e una storia democratica
alla quale dobbiamo guardare in un modo più positivo
e concreto di quanto non abbiamo fatto sin ora. Sono
stato coinvolto, ad esempio, nell’organizzazione
degli ultimi Giochi Olimpici di Atene, allora cercammo
di rinnovare un’idea legata all’antica tradizione
dei giochi e che ben si poteva sposare con la nostra
realtà, cioè il concetto di tregua olimpica.
Cercammo così di promuovere l’idea che
si possono usare i Giochi Olimpici come una tregua,
una pausa di riflessione, un momento di confronto.
Quello che stiamo facendo qui a Marousi ha molto in
comune con la nostra storia: la democrazia ha una grande
tradizione nel mondo antico ed è uno dei grandi
motivi di interesse e discussione del mondo moderno.
Noi dovremmo tornare dritti alle radici dell’antica
Atene e rivisitarne alcune idee, alcune somiglianze
e alcune differenze tra la democrazia di allora e quella
di adesso. Una delle differenze più ovvie tra
il V secolo a.C. e oggi è che allora bastava
la sola voce per parlare al demos, ora sono necessari
i media; ci sono poi delle idee che abbiamo perso e
sarebbe bene recuperare. Una di queste riguarda il metodo
di estrarre a sorte un gruppo di cittadini e fare in
modo che siano bene informati prima di prendere le decisioni.
Il sondaggio deliberativo recupera questo metodo e l’idea
che vi è alla base secondo cui cittadini informati
possono prendere su qualsiasi argomento la decisione
migliore per tutti. Usiamo il deliberative poll
come un tentativo di rinnovare, o meglio, ringiovanire
la democrazia in un mondo che sta cercando di dare nuova
credibilità alla politica.
Come mai la sua ricerca di nuove forme di partecipazione
è caduta proprio sui sondaggi deliberativi?
Sia come leader del Pasok che come presidente dell’Internazionale
socialista, sto guardando a nuove forme di partecipazione
democratica. Questa è una grande sfida cui sono
chiamate le nostre democrazie per combattere un trend
mondiale che vede la gente alienarsi e allontanarsi
dalla politica. Quando poi partecipano, votano, scelgono,
i cittadini si trovano a decidere di questioni complesse
in condizioni di conoscenza e consapevolezza molto superficiali.
I deliberative polls sviluppano forme di partecipazione
che si propongono come una soluzione a questo problema
e hanno diversi elementi di grande interesse.
Sono un modello che guarda indietro alla nostra antica
tradizione democratica da cui ereditano la scelta casuale
di coloro che partecipano alla decisione secondo il
principio per cui ciascuno ha la stessa possibilità
di poter essere sorteggiato, è un meccanismo
che rafforza e mette in pratica l’idea secondo
cui tutti i cittadini sono uguali.
A questa caratteristica, il sistema di Fishkin aggiunge
un supporto scientifico che garantisce la rappresentatività
del campione e ci offre l’istantanea di un’opinione
pubblica che prima di decidere si è nutrita di
informazione, di conoscenza, di discussione. Inoltre
il campione casuale garantisce l’assenza di pressioni
da parte di gruppi di potere, politici o economici,
e può essere un valido modo per abbattere quelle
strutture clientelari che appartengono spesso alla politica
tradizionale. Cerchiamo di portare le persone direttamente
al centro delle cose, dei problemi, delle idee, cerchiamo
il modo per far loro esprimere le loro opinioni, le
loro visioni.
Il sondaggio deliberativo di Marousi decide
il candidato sindaco che il Pasok presenterà
alle prossime elezioni amministrative. Ci si poteva
aspettare che il campione selezionato fosse formato
da iscritti al partito o simpatizzanti, e invece è
un campione rappresentativo dell’intero elettorato
della città. Perché questa scelta?
Su questo punto abbiamo discusso molto. Abbiamo scelto
di rivolgerci a tutta la popolazione, di non parlare
solo ai membri del partito, iscritti o simpatizzanti.
Abbiamo selezionato un campione casuale all’interno
del quale ci saranno persone del Pasok, elettori abituali,
persone che normalmente non sono schierate in politica,
gli indecisi, ma anche simpatizzanti o iscritti di Nea
Dimokratia (il partito della destra attualmente al governo,
ndt), abbiamo scelto di non escluderli e chiamare
anche loro a discutere di ciò che ritengono importante
per la loro città.
Si può dire che abbiamo cercato di fare in modo
che il partito non fosse una presenza incombente nel
processo. Ad esempio ci siamo trovati di fronte ad un’altra
scelta. Potevamo fare in modo che il sondaggio deliberativo
vertesse non su candidati, ma sugli argomenti, cioè
potevamo chiamare le persone a discutere informarsi
e decidere sui temi che ritenevano più incombenti
per la politica cittadina e così fare in modo
che contribuissero a costruire il programma che il candidato
scelto dal partito avrebbe portato in campagna elettorale.
Una seconda opzione prevedeva invece una rosa di candidati
che si esponessero di fronte a problemi e domande dei
cittadini, proponessero le loro risposte e le loro soluzioni
e venissero poi giudicati e votati dal campione. Abbiamo
scelto questa seconda via, il partito si è limitato
alla scelta dei candidati per le primarie, all’inizio
erano quattordici, ne abbiamo poi scelti sei che si
sono confrontati nel deliberative poll dove
i temi e le discussioni hanno preso corpo. L’importante
non era formulare un programma di governo, non era puntare
sulla propaganda di un tema controverso, dalla centralizzazione
del potere alle riforme scolastiche alla sicurezza sulle
strade fino ai problemi dell’inquinamento e del
traffico. Quello che è importante, qualunque
sia l’argomento di dibattito, è che stiamo
dando alle persone la possibilità di ragionare
attentamente su questi temi, e offriamo loro l’opportunità
di dare risposte che non siano puramente emotive, emozionali,
ma molto ben ponderate, attraverso la lettura, l’informazione,
il confronto delle idee.
Crede che questo tipo di primarie possa avere
un effetto positivo sull’elezione finale del sindaco?
Essere stato scelto in un sondaggio deliberativo da
un campione dell’intero elettorato cittadino,
potrà essere un vantaggio per il candidato del
Pasok?
Credo di sì, anche se il campione è formato
da un piccolo gruppo di persone, la tv manderà
in onda un programma dedicato al deliberative poll
di Marousi, chi non ha fatto parte del campione potrà
vedere e capire come è stato scelto il candidato.
Questo mi rende molto fiducioso sulla vittoria elettorale:
prima di andare a votare, i cittadini di Marousi potranno
chiedersi perché delle persone esattamente come
loro hanno fatto questa scelta. Ho buone speranze per
l’esito finale, ma staremo a vedere.
Vede un futuro più ampio per i sondaggi
deliberativi? Pensa di portarli da Marousi verso realtà
più grandi, a livello nazionale o anche oltre?
Assolutamente sì. È mia intenzione informare
tutti i partiti dell’Internazionale Socialista
dell’esperimento di Marousi, e il mio mandato
di presidente mi vedrà impegnato a sviluppare
e mettere in pratica i migliori modelli possibili di
democrazia e di partecipazione, fino a trovare nuovi
meccanismi che sappiano mettere i partiti al passo con
i grandi problemi della modernità quali, ad esempio,
le tematiche ambientali che vanno ben oltre i confini
di nazioni e di schieramenti politici. L’Internazionale
non serve solo a fare grandi dichiarazioni, ma serve
a capire quale ruolo possiamo concretamente svolgere
nella realtà globale, che cosa possiamo praticamente
fare, quali soluzioni trovare e applicare attraverso
il confronto delle nostre reciproche esperienze.
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