305 - 14.09.06


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Senza partecipazione
la polis muore

George Papandreou
con Mauro Buonocore



Tratto da Reset

Al paragone con Clistene e Pericle, ride ringrazia e declina. Ma George Papandreou ha chiara in mente l’antica polis ateniese ed è a quegli antichi statisti, a quell’Atene tra il VI e il V secolo a.C., che pensa quando parla di "sperimentare nuove forme per ringiovanire le nostre democrazie", quando sostiene la necessità "di seguire il desiderio di partecipazione democratica che avvertiamo tra gli elettori", quando vede nel sondaggio deliberativo l’applicazione di queste idee che mette in pratica per scegliere il candidato sindaco che il suo partito, il Pasok, presenterà alle prossime amministrative nella città di Marousi, uno tra i più importanti e popolosi centri dell’area metropolitana di Atene.
Partecipazione è la parola chiave che Papandreou utilizza per cercare di aprire la porta del rinnovamento politico. Come nel 2004 quando, chiamato alla guida del Pasok, il partito socialista greco che si trovava allora nel pieno di una crisi di consenso e di scandali di corruzione che colpivano i vecchi dirigenti, George Papandreou decise di accettare l’incarico solo dopo aver chiamato la popolazione greca ad esprimersi sulla sua candidatura. Fu una specie di referendum, cui parteciparono oltre un milione di elettori (non solo iscritti al Pasok), che lo portò alla guida del partito.
E così Papandreou, il cui nome racchiude decenni di politica greca da suo nonno a suo padre (fondatore del Pasok) che furono entrambi capi del governo, si presenta come uomo nuovo, il politico che si è formato negli States e che cerca sistemi innovativi per rinvigorire la democrazia, a partire dalla sua Grecia fino a portare le sue esperienze sul palcoscenico più ampio dell’Internazionale Socialista che presiede dal gennaio 2006.

Mr. Papanderou, lei punta molto sull’idea di partecipazione come motore di rinnovamento politico. Da dove nasce questa sua idea?

Mi sembra che gli elettori in genere, e i più giovani in particolare, dedichino grande interesse ai tentativi di migliorare la loro partecipazione alla vita politica. Un esempio sta nella mia elezione alla guida del Pasok: ho voluto dare seguito alla decisione del partito solo dopo aver sottoposto la mia nomina all’approvazione popolare. Sono state una sorta di primarie aperte, chiunque poteva andare, iscritto o meno che fosse al partito, e dire se voleva o no che io guidassi il Pasok: il risultato è stato un milione di voti a mio favore. Un altro esempio lo troviamo in Italia, nell’alta affluenza degli elettori alle primarie vinte da Prodi. Io credo che quando si apre la porta alla partecipazione c’è sempre una grande risposta, le persone hanno voglia di entrare ed esprimere la propria opinione. È importante, allora, cercare nuove forme di democrazia, diretta, partecipativa, deliberativa, usando le nuove tecnologie e così via. Al di là dei nomi e delle definizioni dobbiamo cercare di sperimentare il più possibile per trovare meccanismi di partecipazione che meglio si adattino a realtà diverse.

E la sua scelta questa volta è caduta sui sondaggi deliberativi di James Fishkin, un metodo innovativo che tanto ha in comune con la democrazia dell’antica polis ateniese. Il rinnovamento che lei ha in mente guarda molto indietro nei secoli.

In Grecia abbiamo una tradizione e una storia democratica alla quale dobbiamo guardare in un modo più positivo e concreto di quanto non abbiamo fatto sin ora. Sono stato coinvolto, ad esempio, nell’organizzazione degli ultimi Giochi Olimpici di Atene, allora cercammo di rinnovare un’idea legata all’antica tradizione dei giochi e che ben si poteva sposare con la nostra realtà, cioè il concetto di tregua olimpica. Cercammo così di promuovere l’idea che si possono usare i Giochi Olimpici come una tregua, una pausa di riflessione, un momento di confronto.
Quello che stiamo facendo qui a Marousi ha molto in comune con la nostra storia: la democrazia ha una grande tradizione nel mondo antico ed è uno dei grandi motivi di interesse e discussione del mondo moderno. Noi dovremmo tornare dritti alle radici dell’antica Atene e rivisitarne alcune idee, alcune somiglianze e alcune differenze tra la democrazia di allora e quella di adesso. Una delle differenze più ovvie tra il V secolo a.C. e oggi è che allora bastava la sola voce per parlare al demos, ora sono necessari i media; ci sono poi delle idee che abbiamo perso e sarebbe bene recuperare. Una di queste riguarda il metodo di estrarre a sorte un gruppo di cittadini e fare in modo che siano bene informati prima di prendere le decisioni. Il sondaggio deliberativo recupera questo metodo e l’idea che vi è alla base secondo cui cittadini informati possono prendere su qualsiasi argomento la decisione migliore per tutti. Usiamo il deliberative poll come un tentativo di rinnovare, o meglio, ringiovanire la democrazia in un mondo che sta cercando di dare nuova credibilità alla politica.

Come mai la sua ricerca di nuove forme di partecipazione è caduta proprio sui sondaggi deliberativi?

Sia come leader del Pasok che come presidente dell’Internazionale socialista, sto guardando a nuove forme di partecipazione democratica. Questa è una grande sfida cui sono chiamate le nostre democrazie per combattere un trend mondiale che vede la gente alienarsi e allontanarsi dalla politica. Quando poi partecipano, votano, scelgono, i cittadini si trovano a decidere di questioni complesse in condizioni di conoscenza e consapevolezza molto superficiali. I deliberative polls sviluppano forme di partecipazione che si propongono come una soluzione a questo problema e hanno diversi elementi di grande interesse.
Sono un modello che guarda indietro alla nostra antica tradizione democratica da cui ereditano la scelta casuale di coloro che partecipano alla decisione secondo il principio per cui ciascuno ha la stessa possibilità di poter essere sorteggiato, è un meccanismo che rafforza e mette in pratica l’idea secondo cui tutti i cittadini sono uguali.
A questa caratteristica, il sistema di Fishkin aggiunge un supporto scientifico che garantisce la rappresentatività del campione e ci offre l’istantanea di un’opinione pubblica che prima di decidere si è nutrita di informazione, di conoscenza, di discussione. Inoltre il campione casuale garantisce l’assenza di pressioni da parte di gruppi di potere, politici o economici, e può essere un valido modo per abbattere quelle strutture clientelari che appartengono spesso alla politica tradizionale. Cerchiamo di portare le persone direttamente al centro delle cose, dei problemi, delle idee, cerchiamo il modo per far loro esprimere le loro opinioni, le loro visioni.

Il sondaggio deliberativo di Marousi decide il candidato sindaco che il Pasok presenterà alle prossime elezioni amministrative. Ci si poteva aspettare che il campione selezionato fosse formato da iscritti al partito o simpatizzanti, e invece è un campione rappresentativo dell’intero elettorato della città. Perché questa scelta?

Su questo punto abbiamo discusso molto. Abbiamo scelto di rivolgerci a tutta la popolazione, di non parlare solo ai membri del partito, iscritti o simpatizzanti. Abbiamo selezionato un campione casuale all’interno del quale ci saranno persone del Pasok, elettori abituali, persone che normalmente non sono schierate in politica, gli indecisi, ma anche simpatizzanti o iscritti di Nea Dimokratia (il partito della destra attualmente al governo, ndt), abbiamo scelto di non escluderli e chiamare anche loro a discutere di ciò che ritengono importante per la loro città.
Si può dire che abbiamo cercato di fare in modo che il partito non fosse una presenza incombente nel processo. Ad esempio ci siamo trovati di fronte ad un’altra scelta. Potevamo fare in modo che il sondaggio deliberativo vertesse non su candidati, ma sugli argomenti, cioè potevamo chiamare le persone a discutere informarsi e decidere sui temi che ritenevano più incombenti per la politica cittadina e così fare in modo che contribuissero a costruire il programma che il candidato scelto dal partito avrebbe portato in campagna elettorale. Una seconda opzione prevedeva invece una rosa di candidati che si esponessero di fronte a problemi e domande dei cittadini, proponessero le loro risposte e le loro soluzioni e venissero poi giudicati e votati dal campione. Abbiamo scelto questa seconda via, il partito si è limitato alla scelta dei candidati per le primarie, all’inizio erano quattordici, ne abbiamo poi scelti sei che si sono confrontati nel deliberative poll dove i temi e le discussioni hanno preso corpo. L’importante non era formulare un programma di governo, non era puntare sulla propaganda di un tema controverso, dalla centralizzazione del potere alle riforme scolastiche alla sicurezza sulle strade fino ai problemi dell’inquinamento e del traffico. Quello che è importante, qualunque sia l’argomento di dibattito, è che stiamo dando alle persone la possibilità di ragionare attentamente su questi temi, e offriamo loro l’opportunità di dare risposte che non siano puramente emotive, emozionali, ma molto ben ponderate, attraverso la lettura, l’informazione, il confronto delle idee.

Crede che questo tipo di primarie possa avere un effetto positivo sull’elezione finale del sindaco? Essere stato scelto in un sondaggio deliberativo da un campione dell’intero elettorato cittadino, potrà essere un vantaggio per il candidato del Pasok?

Credo di sì, anche se il campione è formato da un piccolo gruppo di persone, la tv manderà in onda un programma dedicato al deliberative poll di Marousi, chi non ha fatto parte del campione potrà vedere e capire come è stato scelto il candidato. Questo mi rende molto fiducioso sulla vittoria elettorale: prima di andare a votare, i cittadini di Marousi potranno chiedersi perché delle persone esattamente come loro hanno fatto questa scelta. Ho buone speranze per l’esito finale, ma staremo a vedere.

Vede un futuro più ampio per i sondaggi deliberativi? Pensa di portarli da Marousi verso realtà più grandi, a livello nazionale o anche oltre?

Assolutamente sì. È mia intenzione informare tutti i partiti dell’Internazionale Socialista dell’esperimento di Marousi, e il mio mandato di presidente mi vedrà impegnato a sviluppare e mettere in pratica i migliori modelli possibili di democrazia e di partecipazione, fino a trovare nuovi meccanismi che sappiano mettere i partiti al passo con i grandi problemi della modernità quali, ad esempio, le tematiche ambientali che vanno ben oltre i confini di nazioni e di schieramenti politici. L’Internazionale non serve solo a fare grandi dichiarazioni, ma serve a capire quale ruolo possiamo concretamente svolgere nella realtà globale, che cosa possiamo praticamente fare, quali soluzioni trovare e applicare attraverso il confronto delle nostre reciproche esperienze.

 


 

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