Quando si parla di innovazione la parola passa agli
specialisti. Ogm, biotecnologie, smaltimento di scorie
e rifiuti, ricerca sugli embrioni. Temi che portano
in campo le voci di esperti e studiosi, ma di fronte
alle decisioni da prendere intorno al loro ruolo sorgono
dubbi, perché “i tecnici non sono in grado
di interpretare la sensibilità popolare”.
Sono parole di Piero Bassetti, presidente della Fondazione
Giannino Bassetti che da anni promuove eventi e discussioni
intorno al tema della responsabilità dell’innovazione.
Quando sono chiamati in causa aspetti delicati della
contemporaneità, dall’etica individuale
alla ricerca scientifica fino all’operato della
pubblica amministrazione – sostiene Bassetti –
coinvolgere le persone interessate in discussioni pubbliche
è la strada più efficace per arrivare
alla soluzione, come dimostrano alcuni episodi concreti
che hanno dato origine a un incontro dal titolo “Innovazione
tecno-scientifica, innovazione della democrazia”
organizzato dalla Fondazione Bassetti in collaborazione
con la Regione Lombardia.
Che cos’è la responsabilità
dell’innovazione su cui si concentra la Fondazione
Bassetti?
Di fronte alle scelte complesse abbiamo due strade.
Da una parte le istituzioni possono prendersi l’intera
responsabilità di prendere delle decisioni; dall’altra
parte si potrebbe dare alle persone la possibilità
di compiere delle scelte, ma bisogna stare attenti al
rischio concreto che su determinati argomenti, in modo
particolare quelli che riguardano l’innovazione
tecnico-scientifica applicata alle nostre vite, esistono
alte possibilità che si commettano degli errori.
Nessuna di queste due strade funziona perché
non possiamo permetterci di lasciare spazio agli errori,
e allo stesso tempo non possiamo prendere decisioni
senza coinvolgere minimamente la cittadinanza che dovrà
convivere con i frutti delle decisioni prese.
Tra i due estremi c’è la consapevolezza
del grande contributo che può offrirci una maggiore
partecipazione informata, soprattutto in tempi in cui
le tecnologie dell’informazione e il desiderio
delle persone di essere informate crescono a grandi
ritmi.
Scendiamo più nel concreto, ci faccia
un esempio.
Il nostro punto di partenza è stato il caso
di Casalino, un paese in provincia di Novara dove era
stata avviata una programmazione sperimentale per semi
ogm di riso. Il problema è nato nel momento in
cui si è sollevato il dubbio sulle precauzioni
prese dalla sperimentazione, non si era del tutto certi
che le distanze scelte per separare la coltura sperimentale
dalle altre fossero sufficienti a garantire che non
ci fosse alcun tipo di contaminazione tra campi destinati
a ogm e campi destinati a colture tradizionali. Si sono
fatte delle riunioni coinvolgendo amministrazione pubblica,
esperti e popolazione, ed è emerso che quello
che gli esperti consideravano un livello di rischio
apprezzabile, non è affatto accettabile con gli
occhi dei comuni cittadini. In altre parole: i tecnici
non sono in grado di interpretare la volontà
e la sensibilità popolari.
Prendendo spunto da questa situazione, abbiamo ripreso
il problema e lo abbiamo posto all’interno dello
scenario istituzionale della Regione Lombardia seguendo
metodologie di confronto e di azione: ci siamo confrontati
con persone che potevano darci dei consigli teorici
e pratici, abbiamo fatto esperimenti di consensus
conference, e infine abbiamo aperto una discussione
pubblica.
Che cosa è emerso da queste vostre iniziative?
Innanzitutto si è sfatato un luogo comune: non
è vero che le opinioni delle persone sono pregiudizialmente
contrarie su questi temi, ma si oppongono drasticamente
solo quando c’è carenza di discussione,
di informazione e di partecipazione e si interpellano
i cittadini solo a cose fatte e decisioni prese. Alle
nostre consensus conference hanno partecipato
rappresentanti di associazioni diverse e abbiamo notato
che anche coloro da cui ci si aspettava un netto rifiuto
della questione, come ad esempio i cosidedetti no
global, sono disposti a mettere in discussione
la propria posizione in un ambito discorsivo e rispettoso
di tutti i pareri.
Le opinioni possono cambiare se si espongono le questioni
in modo completo mettendo bene in evidenza tutti gli
aspetti, i rischi e i vantaggi secondo un bilancio reale
e consapevole. Per questo ci siamo convinti che cambiando
il metodo si ottengono decisioni democratiche più
competenti, ragionate e responsabili.
Le istituzioni pubbliche, come ad esempio la
Regione Lombardia, come hanno reagito alle vostre proposte?
Qual è stato il loro ruolo nella discussione?
Tutta l’iniziativa è nata da una collaborazione
con la Regione Lombardia e con l’Irer, che è
il braccio operativo della regione in materia di ricerca.
Ma le istituzioni pubbliche si trovano di fronte a un
passo ulteriore che è quello del loro statuto.
Mi spiego meglio. Il tema delle scelte pubbliche su
argomenti che toccano l’etica di ciascuno è
molto delicato. La proposta della Fondazione Bassetti
è che su questi argomenti non può funzionare
il metodo del voto consiliare per cui a ciascun rappresentante
è affidato un voto che decide per tutti. Abbiamo
avanzato delle idee che vogliono coinvolgere la popolazione
direttamente interessata nelle decisioni da prendere,
in modo che possa partecipare informandosi adeguatamente
e valutando attentamente la questione. Abbiamo dimostrato
che metodi ispirati da un desiderio di accresciuta e
più consapevole partecipazione risultano più
efficienti dal punto di vista delle scelte da prendere
e dal punto di vista del governo dell’innovazione
e delle sua applicazioni.
Poi si scopre però, che i regolamenti attuali
del consiglio regionale non consentono alla giunta di
mettere in atto decisioni prese attraverso modalità
non previste dallo statuto. In altre parole, se la Regione
Lombardia non inserisce nel proprio statuto la possibilità
di organizzare discussioni pubbliche al fine di prendere
decisioni in sede di consiglio, non si può fare
nulla. Ora la Regione si trova nella condizione di dover
rinnovare lo statuto, un’occasione unica per inserire
il tema della partecipazione informata. Parliamo molto
di riforme istituzionali ma ci fermiamo poco a riflettere
sulle procedure della democrazia. Forse su questo tema
un ragionamento andrebbe fatto.
Quindi dalla vostra iniziativa si apre una
porta verso il futuro?
Intanto l’apporto delle nostre discussioni è
stato recepito in sede regionale e sarà tra le
materie di riflessione nell’elaborazione dello
statuto. Di certo è emersa la voglia di approfondire
il tema che non è affatto esaurito, anzi, siamo
solo agi inizi.
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