305 - 14.09.06


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Week-end deliberativo
all’ombra del Partenone

Mauro Buonocore



Tratto da Reset

Ad Atene la storia della democrazia si guarda indietro, va dritta al V secolo a.C. dove trova le sue radici, e apre il futuro all’innovazione e alla sperimentazione per migliorare la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Questa specie di corto circuito tra antico e moderno si chiama sondaggio deliberativo e si concretizza la sera del 4 giugno 2006, quando Panagiotis Alexandris viene nominato candidato sindaco per il Pasok, partito socialista ellenico, alle prossime elezioni di Marousi, cittadina dell’area metropolitana della capitale greca, che si terranno il prossimo ottobre.

Non primarie qualsiasi, ma un’occasione storica. Il nome di Alexandris è infatti stato scelto da un campione di 131 cittadini selezionati in maniera casuale, in modo da rappresentare l’intero elettorato della città. Come nell’antica polis di Clistene e di Pericle, quando i cittadini venivano estratti a sorte, chiamati ad ascoltare le proposte di esperti, a informarsi su materie che richiedevano decisioni, per poi esprimere il proprio parere. E così è stato anche a Marousi, dove il campione selezionato ha avuto materiali per approfondire gli argomenti della politica cittadina, si è riunito in piccoli gruppi per discutere le proprie idee e confrontarle, ha sottoposto ai candidati le proprie domande, ha ascoltato le loro risposte e infine ha votato.

Insomma un sondaggio deliberativo in piena regola, come tanti ne ha realizzati fin’ora James Fishkin, l’inventore del metodo, che li ha portati in situazioni assai diverse tra loro, dagli Stati Uniti alla Cina, passando per Gran Bretagna Danimarca Bulgaria e Australia. Ma questa volta il deliberative poll greco lascia un segno assai più profondo: "È un giorno storico per la democrazia, per la politica e per la scienza" ha detto John Panaretos, direttore dell’Istituto di Statistica dell’Università di Atene e curatore della parte scientifica dell’evento. "Lo è per la democrazia", ha continuato Panaretos, "perché le persone hanno avuto la possibilità di esprimere direttamente un parere nella scelta del candidato; lo è per la politica perché un leader politico ha ceduto una parte di autorità in favore dei cittadini; lo è per le scienze perché un metodo scientifico è stato applicato con lo scopo di migliorare e rafforzare la democrazia".

Il leader politico citato da Panaretos, uno dei protagonisti di tutta questa vicenda, è George Papandreou, presidente del Pasok e dell’Internazionale socialista, che James Fishkin descrive come una specie di "visionario democratico". Papandreou sentì parlare degli esperimenti di Fishkin qualche mese addietro e subito intuì "la portata che la discussione tra cittadini informati poteva avere nella scelta dei candidati, tanto che fu proprio lui a insistere", continua il professore americano, "per applicare il deliberative poll alle primarie". Forse la ricerca di Papandreou verso forme innovative di partecipazione democratica è dettata anche dalla necessità di rilanciare l’immagine del partito, uscito sconfitto alle politiche del 2004, colpito da una serie di scandali e di corruzioni che ne sciolsero il direttivo portando Papandreou al vertice. Forse il leader socialista greco sente il bisogno di offrire agli elettori una nuova veste del partito, più nuova, dinamica, aperta, ma certo è che il suo sguardo è chiaramente volto alla sperimentazione e alla ricerca di tecniche che facciano bene alla democrazia. "Se guardiamo al panorama politico della Grecia, troviamo un partito di maggioranza che si chiama Nea Dimokratia (Nuova democrazia)" sottolinea Fishkin e aggiunge: "credo che Papandreou abbia pensato: perché il Pasok non può offrire ai cittadini una reale, concreta, nuova democrazia? Questo di Marousi è un esperimento politico assolutamente innovativo, nessun partito politico nell’intera storia del mondo ha mai usato un microcosmo di cittadini selezionati in maniera casuale per scegliere i propri candidati. In genere i partiti selezionano dei nomi e, nel migliore dei casi propongono delle primarie di massa, senza alcuna garanzia che gli elettori siano davvero informati sulla scelta che vanno a compiere".

Ma a Marousi la storia è molto diversa, perché la scelta è tutta nelle mani e nei pensieri di un campione casuale, estratto a sorte, nella migliore tradizione della polis greca. La sera che precede il sondaggio deliberativo James Fishkin e Robert Luskin, che insieme curano i loro esperimenti, passano a fianco dell’antica Agorà ateniese dove si sorteggiavano i cittadini che a turno si sarebbero assunti la responsabilità di incarichi pubblici, dove avevano luogo discussioni e votazioni. L’indomani l’ambiente sarà un po’ diverso, certo, non antiche colonne di marmo, ma un moderno centro congressi tra i cui locali si svolgeranno i gruppi di discussione amplificati da microfoni e ripresi da telecamere per la copertura televisiva assicurata dal canale nazionale Mega Tv. Cambia la location, cambiano alcuni mezzi tecnici, ma lo spirito e il significato tengono molto stretti tra loro il sondaggio deliberativo e le assemblee dell’antica Grecia; un legame che troviamo nell’estrazione a sorte dei protagonisti, nell’idea di affidare la scelta che riguarda tutta la collettività a un campione ristretto, un "minipopolo", per usare le parole di Robert Dahl, che in tutto e per tutto si presenta come una rappresentazione fedele e in miniatura dell’intera popolazione attiva. E il legame, a distanza di tanti secoli, si fa ancora più stretto se riconosciamo nelle due diverse esperienze, la polis e il deliberative poll, gli stessi principi ispiratori, quelli che Morgens Hansen chiama i pilastri della democrazia diretta. Alla base del sistema democratico dell’Antica Grecia, sostiene lo studioso danese massimo esperto mondiale della materia, esistevano delle convinzioni di fondo quali l’idea che i cittadini comuni possano essere ben informati sulle questioni che si vanno ad affrontare, che essi siano disposti a mettere da parte l’interesse privato a vantaggio dell’utilità comune, che siano interessati a partecipare piuttosto che delegare, che ci sia una chiara separazione tra la competenza degli esperti e il buon senso politico e infine, ma non ultima, la convinzione che i cittadini comuni "siano persone intelligenti".

Ciascuno di questi pilastri democratici è indispensabile al meccanismo dei sondaggi deliberativi, nessuno escluso, compreso l’ultimo citato che troviamo sempre nelle parole di James Fishkin quando è chiamato a raccontare e a spiegare la sua invenzione: "People are smart if they have a chance". "In tutti i deliberative polls che abbiamo realizzat -continua Fishkin - non si può fare a meno di notare che le persone dimostrano tutta la loro intelligenza se hanno la possibilità di farlo".
E l’esperienza di Marousi ne è una prova ulteriore.

La mattina di domenica 4 giugno, nella hall dell’Hellexpo, il centro conferenze di Marousi, si respira un’aria elettrica di novità. Il locale è affollato di volontari e giovani del Pasok che stanno intorno al tavolo dell’accoglienza; ci sono dirigenti del partito, ci sono i giornalisti con tutto il loro armamentario di telecamere microfoni macchine fotografiche e taccuini, ci sono dei semplici curiosi. E poi ci sono i veri protagonisti, i partecipanti al sondaggio arrivano alla spicciolata, si guardano intorno, si avvicinano al tavolo prendono la loro cartella con il programma della giornata e le varie fasi del processo deliberativo e si siedono da una parte, insieme ad amici e parenti che li hanno accompagnati. Sanno già di che cosa si tratta, hanno già risposto a delle domande sulle primarie per il sindaco di Marousi, ma trovarsi nel bel mezzo della situazione è tutta un’altra cosa. Leggono che ne sarà di quella calda domenica di giugno: inizio alle 11.00, prima sessione di discussione divisi in gruppi di 10-15 persone guidate da un moderatore, dalla discussione emergeranno delle domande che saranno poste ai sei candidati in una sessione plenaria dove gli aspiranti sindaci proporranno le loro soluzioni; e poi si voterà, se non verrà fuori un vincitore con la maggioranza assoluta, i primi due andranno al ballottaggio.

Le sensazioni che si colgono tra i presenti si possono racchiudere in un misto di curiosità e di dubbio, ma la voglia di partecipare è comunque altissima. "Ho accettato di partecipare – dice Aris, 22 anni – semplicemente perché mi sembra un modo per fare qualcosa per la mia città"; "Mi piace molto questa idea di mettere delle persone nelle condizioni ideali per decidere – osserva il signor Papadatos – mi sembra di far parte di un progetto che mira a una migliore democrazia".

Mariliza Xenogiannakopoulou, segretario nazionale del Pasok, apre le sue considerazioni a un futuro possibile: " È un esperimento, dobbiamo vedere se funziona, e se l’esito sarà positivo non è affatto escluso che si possa ripetere a un livello più ampio"; tutti i dubbi di un esperimento completamente nuovo emergono dalle parole di Alekos Papadopoulos, già ministro degli Interni e politico di lunga esperienza: "Abbiamo messo in piedi una scommessa culturale, una iniziativa che andava fatta perché io credo che le società vadano provocate, stimolate". "Il Pasok ha scelto i sei candidati tra una rosa più ampia – spiega Papadopoulos – lo abbiamo fatto sulla base delle loro esperienze personali, della loro attività sociale e politica, non ci siamo basati sui programmi, questi devono nascere da un lavoro collettivo, altrimenti non sono che posizioni artificiali".

Dubbi, curiosità, ma anche un certo ottimismo segnano il termometro dei minuti che precedono l’inizio, poi, appena si abbandona la hall per andare negli spazi dedicati alla prima sessione, l’atmosfera si tinge di silenzio e concentrazione. Voci vengono solo dalle stanze dove ciascun gruppo è riunito. Un tavolo lungo, a un estremo il moderatore che gestisce i turni di parola, tutt’intorno i partecipanti, si fanno le presentazioni e si entra subito nel vivo degli argomenti. Ciascuno ha l’opportunità di dire la sua, nessuno è obbligato, proprio come avveniva nell’Agorà dove l'Isegoria stabiliva per tutti il diritto di parlare senza però pretendere che ciascuno lo facesse. L’ordine della discussione è tutto nelle mani dei moderatori, hanno un compito delicato che svolgono con grande impegno. Sono militanti del Pasok o simpatizzanti, persone che hanno già esperienza di gruppi di discussione o di focus group e sono volontari che hanno accettato con grande entusiasmo la proposta del partito. Nel briefing che ha preceduto il sondaggio deliberativo, Fishkin e Luskin si sono soffermati su alcuni essenziali accorgimenti, a partire dalla cosa più difficile: mantenere fuori le proprie opinioni dalla discussione. "Sono i membri del campione che devono esprimersi – hanno sottolineato i professori americani rivolti ai moderatori – voi dovete soltanto gestire la discussione prestando attenzione ad alcuni aspetti essenziali. Innanzitutto fate in modo che i partecipanti non si concentrino sui candidati, ma sugli argomenti e sulle risposte che i candidati sapranno dare; in secondo luogo dovete riuscire a fare in modo che anche i più timidi abbiano la loro opportunità di esprimersi e, soprattutto, ricordate subito ai partecipanti che sono i veri protagonisti di quello che stiamo facendo, fate notare loro che sono ascoltati da altre persone come loro e anche dai politici, perché loro hanno il potere, perché la loro voce è la cosa che più conta in questa situazione".

L’obiettivo della prima sessione di discussione non è tanto produrre delle convinzioni sulla validità di questo o quel candidato, lo scopo è far emergere dalla discussione dei temi e delle domande da rivolgere ai candidati nella sessione successiva, quando i candidati risponderanno di fronte a tutti i partecipanti.
Il compito non è semplice, ma i moderatori se la cavano bene. "Le persone hanno parlato molto" racconta Despina Politou che moderando il suo gruppo ha scelto di intervenire il meno possibile e lasciare molto spazio ai partecipanti: "Sono loro i protagonisti, io non dovevo far altro che evitare che qualcuno prendesse il sopravvento nel dibattito e che i più timidi non parlassero affatto". "Credo che la parola chiave per descrivere questa giornata sia aperto, le persone hanno apprezzato il fatto che il processo decisionale dedicasse loro lo spazio per parlare e decidere", sottolinea Efitimios Bakas, esperto di focus group, che quindi conosce bene le dinamiche delle discussioni di gruppo. "La cosa più difficile è stata indirizzare gli interventi verso la produzione di domande – continua Efitimios - spesso partivano discussioni in cui ciascuno proponeva la propria soluzione al problema, il nostro obiettivo non era trovare soluzioni, ma formulare delle domande da porre ai candidati per cercare di capire quale fosse la loro concreta soluzione al problema".

Ma quali sono i temi su cui i candidati sono stati chiamati a rispondere? Sono i problemi di una città di 65.000 abitanti, che attraversa un momento di sviluppo da fronteggiare in tutta la sua complessità. La scelta del Pasok è caduta su Marousi per diversi motivi. Perché è uno tra i centri più importanti della Grecia, perché le elezioni che si svolgeranno a ottobre si presentano con un esito molto incerto, con un sindaco uscente che governa da 16 anni dopo quattro mandati consecutivi; perché Marousi è la città in cui si sono svolte le Olimpiadi del 2004, un evento la cui organizzazione ha portato crescita e infrastrutture, molti posti di lavoro e un certo sviluppo economico per tutta la città. Allo stesso tempo però, questi stessi aspetti hanno portato anche problemi legati al traffico, all’inquinamento, alla presenza sempre più massiccia di multinazionali che esercitano pressioni su un’amministrazione cittadina che negli ultimi anni è diventata molto potente.

E allora sono queste le domande che i cittadini di Marousi vogliono porre a coloro che vorrebbero correre per la poltrona del sindaco: Come migliorare la trasparenza dell’amministrazione, dei processi decisionali, della spesa pubblica? Come dedicare più spazi alla qualità della vita, e realizzare parchi pubblici dove ora ci sono solo uffici di grandi gruppi economici? Come migliorare la sicurezza nelle scuole? Come affrontare il problema del traffico?
Le domande vengono poste durante un’assemblea plenaria, tutti i candidati rispondono uno alla volta, con turni di parola uguali per tutti e distribuiti da Pavlos Tsimas, autorevole giornalista della tv greca Mega tv che al sondaggio deliberativo dedicherà una intera trasmissione. Loro, i politici, parlano, i membri del campione ascoltano, confrontano, valutano. Ascoltate tutte le risposte, il campione deliberativo vota. Non è sufficiente il primo turno, Panagiotis Alexandris e Alekos Bregiannis vanno al ballottaggio. Si è fatta ormai sera, la stanchezza di tutti, dopo una giornata impegnativa, viene offuscata dalla voglia di scoprire il risultato e di portare a termine di questo esperimento unico al mondo.

Sono ormai le 21 quando George Papandreou si presenta con un in mano un foglio e annuncia che Alexandris sarà il prossimo candidato sindaco a Marousi per il Pasok. Applausi, festeggiamenti del vincitore, congratulazioni degli sconfitti. Ma a vincere è stata soprattutto la partecipazione e la dimostrazione di quanta differenza faccia dare ai cittadini l’opportunità di misurarsi in prima persona con le scelte della politica. La dimostrazione è nei numeri del sondaggio deliberativo, dove possiamo leggere che all’inizio di questa giornata Alexandris era il meno conosciuto di tutti i candidati, a testimonianza di quanto cambi l’opinione delle persone dopo un’attenta discussione; così come possiamo leggere che dall’inizio del processo alla fine, il numero di coloro che dichiaravano di non avere preferenze è sceso del 12, 5% (dal 20,8 all’8,3).

E il successo dell’iniziativa possiamo trovarlo nella valutazione che gli stessi partecipanti hanno dato alla giornata dichiarandosi per il 90% soddisfatti dei gruppi di discussione, un successo che notiamo anche dalle parole vive di uno dei membri del campione: "È stata una giornata meravigliosa, questa è la vera democrazia che offre alle persone l’opportunità di entrare in profondità dentro i problemi per prendere posizione"; un successo che possiamo leggere anche nelle frasi del vincitore che chiudendo la giornata parla all’assemblea dicendo che "alla fine ha vinto l’idea che le persone sono più importanti dei partiti, grazie a questo bellissimo processo di partecipazione che rappresenta una grande sfida per la politica".
Ma il vero successo del sondaggio deliberativo di Marousi, della giornata che ha riportato la patria della democrazia alle sue origini più profonde, starà nel seguito che la politica saprà dare a questa giornata seguendone l’esempio, trovando nelle segreterie e negli organi dirigenti dei partiti il coraggio di qualche "visionario democratico".

 


 

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