Tratto
da Reset
Ad Atene la storia della democrazia si guarda indietro,
va dritta al V secolo a.C. dove trova le sue radici,
e apre il futuro all’innovazione e alla sperimentazione
per migliorare la partecipazione dei cittadini alla
vita pubblica. Questa specie di corto circuito tra antico
e moderno si chiama sondaggio deliberativo e si concretizza
la sera del 4 giugno 2006, quando Panagiotis Alexandris
viene nominato candidato sindaco per il Pasok, partito
socialista ellenico, alle prossime elezioni di Marousi,
cittadina dell’area metropolitana della capitale
greca, che si terranno il prossimo ottobre.
Non primarie qualsiasi, ma un’occasione storica.
Il nome di Alexandris è infatti stato scelto
da un campione di 131 cittadini selezionati in maniera
casuale, in modo da rappresentare l’intero elettorato
della città. Come nell’antica polis di
Clistene e di Pericle, quando i cittadini venivano estratti
a sorte, chiamati ad ascoltare le proposte di esperti,
a informarsi su materie che richiedevano decisioni,
per poi esprimere il proprio parere. E così è
stato anche a Marousi, dove il campione selezionato
ha avuto materiali per approfondire gli argomenti della
politica cittadina, si è riunito in piccoli gruppi
per discutere le proprie idee e confrontarle, ha sottoposto
ai candidati le proprie domande, ha ascoltato le loro
risposte e infine ha votato.
Insomma un sondaggio deliberativo in piena regola, come
tanti ne ha realizzati fin’ora James Fishkin,
l’inventore del metodo, che li ha portati in situazioni
assai diverse tra loro, dagli Stati Uniti alla Cina,
passando per Gran Bretagna Danimarca Bulgaria e Australia.
Ma questa volta il deliberative poll greco
lascia un segno assai più profondo: "È
un giorno storico per la democrazia, per la politica
e per la scienza" ha detto John Panaretos, direttore
dell’Istituto di Statistica dell’Università
di Atene e curatore della parte scientifica dell’evento.
"Lo è per la democrazia", ha continuato
Panaretos, "perché le persone hanno avuto
la possibilità di esprimere direttamente un parere
nella scelta del candidato; lo è per la politica
perché un leader politico ha ceduto una parte
di autorità in favore dei cittadini; lo è
per le scienze perché un metodo scientifico è
stato applicato con lo scopo di migliorare e rafforzare
la democrazia".
Il leader politico citato da Panaretos, uno dei protagonisti
di tutta questa vicenda, è George Papandreou,
presidente del Pasok e dell’Internazionale socialista,
che James Fishkin descrive come una specie di "visionario
democratico". Papandreou sentì parlare degli
esperimenti di Fishkin qualche mese addietro e subito
intuì "la portata che la discussione tra
cittadini informati poteva avere nella scelta dei candidati,
tanto che fu proprio lui a insistere", continua
il professore americano, "per applicare il deliberative
poll alle primarie". Forse la ricerca di Papandreou
verso forme innovative di partecipazione democratica
è dettata anche dalla necessità di rilanciare
l’immagine del partito, uscito sconfitto alle
politiche del 2004, colpito da una serie di scandali
e di corruzioni che ne sciolsero il direttivo portando
Papandreou al vertice. Forse il leader socialista greco
sente il bisogno di offrire agli elettori una nuova
veste del partito, più nuova, dinamica, aperta,
ma certo è che il suo sguardo è chiaramente
volto alla sperimentazione e alla ricerca di tecniche
che facciano bene alla democrazia. "Se guardiamo
al panorama politico della Grecia, troviamo un partito
di maggioranza che si chiama Nea Dimokratia
(Nuova democrazia)" sottolinea Fishkin e aggiunge:
"credo che Papandreou abbia pensato: perché
il Pasok non può offrire ai cittadini una reale,
concreta, nuova democrazia? Questo di Marousi è
un esperimento politico assolutamente innovativo, nessun
partito politico nell’intera storia del mondo
ha mai usato un microcosmo di cittadini selezionati
in maniera casuale per scegliere i propri candidati.
In genere i partiti selezionano dei nomi e, nel migliore
dei casi propongono delle primarie di massa, senza alcuna
garanzia che gli elettori siano davvero informati sulla
scelta che vanno a compiere".
Ma a Marousi la storia è molto diversa, perché
la scelta è tutta nelle mani e nei pensieri di
un campione casuale, estratto a sorte, nella migliore
tradizione della polis greca. La sera che precede il
sondaggio deliberativo James Fishkin e Robert Luskin,
che insieme curano i loro esperimenti, passano a fianco
dell’antica Agorà ateniese dove si sorteggiavano
i cittadini che a turno si sarebbero assunti la responsabilità
di incarichi pubblici, dove avevano luogo discussioni
e votazioni. L’indomani l’ambiente sarà
un po’ diverso, certo, non antiche colonne di
marmo, ma un moderno centro congressi tra i cui locali
si svolgeranno i gruppi di discussione amplificati da
microfoni e ripresi da telecamere per la copertura televisiva
assicurata dal canale nazionale Mega Tv. Cambia la location,
cambiano alcuni mezzi tecnici, ma lo spirito e il significato
tengono molto stretti tra loro il sondaggio deliberativo
e le assemblee dell’antica Grecia; un legame che
troviamo nell’estrazione a sorte dei protagonisti,
nell’idea di affidare la scelta che riguarda tutta
la collettività a un campione ristretto, un "minipopolo",
per usare le parole di Robert Dahl, che in tutto e per
tutto si presenta come una rappresentazione fedele e
in miniatura dell’intera popolazione attiva. E
il legame, a distanza di tanti secoli, si fa ancora
più stretto se riconosciamo nelle due diverse
esperienze, la polis e il deliberative poll,
gli stessi principi ispiratori, quelli che Morgens Hansen
chiama i pilastri della democrazia diretta. Alla base
del sistema democratico dell’Antica Grecia, sostiene
lo studioso danese massimo esperto mondiale della materia,
esistevano delle convinzioni di fondo quali l’idea
che i cittadini comuni possano essere ben informati
sulle questioni che si vanno ad affrontare, che essi
siano disposti a mettere da parte l’interesse
privato a vantaggio dell’utilità comune,
che siano interessati a partecipare piuttosto che delegare,
che ci sia una chiara separazione tra la competenza
degli esperti e il buon senso politico e infine, ma
non ultima, la convinzione che i cittadini comuni "siano
persone intelligenti".
Ciascuno di questi pilastri democratici è indispensabile
al meccanismo dei sondaggi deliberativi, nessuno escluso,
compreso l’ultimo citato che troviamo sempre nelle
parole di James Fishkin quando è chiamato a raccontare
e a spiegare la sua invenzione: "People are smart
if they have a chance". "In tutti i deliberative
polls che abbiamo realizzat -continua Fishkin - non
si può fare a meno di notare che le persone dimostrano
tutta la loro intelligenza se hanno la possibilità
di farlo".
E l’esperienza di Marousi ne è una prova
ulteriore.
La mattina di domenica 4 giugno, nella hall dell’Hellexpo,
il centro conferenze di Marousi, si respira un’aria
elettrica di novità. Il locale è affollato
di volontari e giovani del Pasok che stanno intorno
al tavolo dell’accoglienza; ci sono dirigenti
del partito, ci sono i giornalisti con tutto il loro
armamentario di telecamere microfoni macchine fotografiche
e taccuini, ci sono dei semplici curiosi. E poi ci sono
i veri protagonisti, i partecipanti al sondaggio arrivano
alla spicciolata, si guardano intorno, si avvicinano
al tavolo prendono la loro cartella con il programma
della giornata e le varie fasi del processo deliberativo
e si siedono da una parte, insieme ad amici e parenti
che li hanno accompagnati. Sanno già di che cosa
si tratta, hanno già risposto a delle domande
sulle primarie per il sindaco di Marousi, ma trovarsi
nel bel mezzo della situazione è tutta un’altra
cosa. Leggono che ne sarà di quella calda domenica
di giugno: inizio alle 11.00, prima sessione di discussione
divisi in gruppi di 10-15 persone guidate da un moderatore,
dalla discussione emergeranno delle domande che saranno
poste ai sei candidati in una sessione plenaria dove
gli aspiranti sindaci proporranno le loro soluzioni;
e poi si voterà, se non verrà fuori un
vincitore con la maggioranza assoluta, i primi due andranno
al ballottaggio.
Le sensazioni che si colgono tra i presenti si possono
racchiudere in un misto di curiosità e di dubbio,
ma la voglia di partecipare è comunque altissima.
"Ho accettato di partecipare – dice Aris,
22 anni – semplicemente perché mi sembra
un modo per fare qualcosa per la mia città";
"Mi piace molto questa idea di mettere delle persone
nelle condizioni ideali per decidere – osserva
il signor Papadatos – mi sembra di far parte di
un progetto che mira a una migliore democrazia".
Mariliza Xenogiannakopoulou, segretario nazionale del
Pasok, apre le sue considerazioni a un futuro possibile:
" È un esperimento, dobbiamo vedere se funziona,
e se l’esito sarà positivo non è
affatto escluso che si possa ripetere a un livello più
ampio"; tutti i dubbi di un esperimento completamente
nuovo emergono dalle parole di Alekos Papadopoulos,
già ministro degli Interni e politico di lunga
esperienza: "Abbiamo messo in piedi una scommessa
culturale, una iniziativa che andava fatta perché
io credo che le società vadano provocate, stimolate".
"Il Pasok ha scelto i sei candidati tra una rosa
più ampia – spiega Papadopoulos –
lo abbiamo fatto sulla base delle loro esperienze personali,
della loro attività sociale e politica, non ci
siamo basati sui programmi, questi devono nascere da
un lavoro collettivo, altrimenti non sono che posizioni
artificiali".
Dubbi, curiosità, ma anche un certo ottimismo
segnano il termometro dei minuti che precedono l’inizio,
poi, appena si abbandona la hall per andare negli spazi
dedicati alla prima sessione, l’atmosfera si tinge
di silenzio e concentrazione. Voci vengono solo dalle
stanze dove ciascun gruppo è riunito. Un tavolo
lungo, a un estremo il moderatore che gestisce i turni
di parola, tutt’intorno i partecipanti, si fanno
le presentazioni e si entra subito nel vivo degli argomenti.
Ciascuno ha l’opportunità di dire la sua,
nessuno è obbligato, proprio come avveniva nell’Agorà
dove l'Isegoria stabiliva per tutti il diritto
di parlare senza però pretendere che ciascuno
lo facesse. L’ordine della discussione è
tutto nelle mani dei moderatori, hanno un compito delicato
che svolgono con grande impegno. Sono militanti del
Pasok o simpatizzanti, persone che hanno già
esperienza di gruppi di discussione o di focus group
e sono volontari che hanno accettato con grande entusiasmo
la proposta del partito. Nel briefing che ha
preceduto il sondaggio deliberativo, Fishkin e Luskin
si sono soffermati su alcuni essenziali accorgimenti,
a partire dalla cosa più difficile: mantenere
fuori le proprie opinioni dalla discussione. "Sono
i membri del campione che devono esprimersi –
hanno sottolineato i professori americani rivolti ai
moderatori – voi dovete soltanto gestire la discussione
prestando attenzione ad alcuni aspetti essenziali. Innanzitutto
fate in modo che i partecipanti non si concentrino sui
candidati, ma sugli argomenti e sulle risposte che i
candidati sapranno dare; in secondo luogo dovete riuscire
a fare in modo che anche i più timidi abbiano
la loro opportunità di esprimersi e, soprattutto,
ricordate subito ai partecipanti che sono i veri protagonisti
di quello che stiamo facendo, fate notare loro che sono
ascoltati da altre persone come loro e anche dai politici,
perché loro hanno il potere, perché la
loro voce è la cosa che più conta in questa
situazione".
L’obiettivo della prima sessione di discussione
non è tanto produrre delle convinzioni sulla
validità di questo o quel candidato, lo scopo
è far emergere dalla discussione dei temi e delle
domande da rivolgere ai candidati nella sessione successiva,
quando i candidati risponderanno di fronte a tutti i
partecipanti.
Il compito non è semplice, ma i moderatori se
la cavano bene. "Le persone hanno parlato molto"
racconta Despina Politou che moderando il suo gruppo
ha scelto di intervenire il meno possibile e lasciare
molto spazio ai partecipanti: "Sono loro i protagonisti,
io non dovevo far altro che evitare che qualcuno prendesse
il sopravvento nel dibattito e che i più timidi
non parlassero affatto". "Credo che la parola
chiave per descrivere questa giornata sia aperto,
le persone hanno apprezzato il fatto che il processo
decisionale dedicasse loro lo spazio per parlare e decidere",
sottolinea Efitimios Bakas, esperto di focus group,
che quindi conosce bene le dinamiche delle discussioni
di gruppo. "La cosa più difficile è
stata indirizzare gli interventi verso la produzione
di domande – continua Efitimios - spesso partivano
discussioni in cui ciascuno proponeva la propria soluzione
al problema, il nostro obiettivo non era trovare soluzioni,
ma formulare delle domande da porre ai candidati per
cercare di capire quale fosse la loro concreta soluzione
al problema".
Ma quali sono i temi su cui i candidati sono stati
chiamati a rispondere? Sono i problemi di una città
di 65.000 abitanti, che attraversa un momento di sviluppo
da fronteggiare in tutta la sua complessità.
La scelta del Pasok è caduta su Marousi per diversi
motivi. Perché è uno tra i centri più
importanti della Grecia, perché le elezioni che
si svolgeranno a ottobre si presentano con un esito
molto incerto, con un sindaco uscente che governa da
16 anni dopo quattro mandati consecutivi; perché
Marousi è la città in cui si sono svolte
le Olimpiadi del 2004, un evento la cui organizzazione
ha portato crescita e infrastrutture, molti posti di
lavoro e un certo sviluppo economico per tutta la città.
Allo stesso tempo però, questi stessi aspetti
hanno portato anche problemi legati al traffico, all’inquinamento,
alla presenza sempre più massiccia di multinazionali
che esercitano pressioni su un’amministrazione
cittadina che negli ultimi anni è diventata molto
potente.
E allora sono queste le domande che i cittadini di Marousi
vogliono porre a coloro che vorrebbero correre per la
poltrona del sindaco: Come migliorare la trasparenza
dell’amministrazione, dei processi decisionali,
della spesa pubblica? Come dedicare più spazi
alla qualità della vita, e realizzare parchi
pubblici dove ora ci sono solo uffici di grandi gruppi
economici? Come migliorare la sicurezza nelle scuole?
Come affrontare il problema del traffico?
Le domande vengono poste durante un’assemblea
plenaria, tutti i candidati rispondono uno alla volta,
con turni di parola uguali per tutti e distribuiti da
Pavlos Tsimas, autorevole giornalista della tv greca
Mega tv che al sondaggio deliberativo dedicherà
una intera trasmissione. Loro, i politici, parlano,
i membri del campione ascoltano, confrontano, valutano.
Ascoltate tutte le risposte, il campione deliberativo
vota. Non è sufficiente il primo turno, Panagiotis
Alexandris e Alekos Bregiannis vanno al ballottaggio.
Si è fatta ormai sera, la stanchezza di tutti,
dopo una giornata impegnativa, viene offuscata dalla
voglia di scoprire il risultato e di portare a termine
di questo esperimento unico al mondo.
Sono ormai le 21 quando George Papandreou si presenta
con un in mano un foglio e annuncia che Alexandris sarà
il prossimo candidato sindaco a Marousi per il Pasok.
Applausi, festeggiamenti del vincitore, congratulazioni
degli sconfitti. Ma a vincere è stata soprattutto
la partecipazione e la dimostrazione di quanta differenza
faccia dare ai cittadini l’opportunità
di misurarsi in prima persona con le scelte della politica.
La dimostrazione è nei numeri del sondaggio deliberativo,
dove possiamo leggere che all’inizio di questa
giornata Alexandris era il meno conosciuto di tutti
i candidati, a testimonianza di quanto cambi l’opinione
delle persone dopo un’attenta discussione; così
come possiamo leggere che dall’inizio del processo
alla fine, il numero di coloro che dichiaravano di non
avere preferenze è sceso del 12, 5% (dal 20,8
all’8,3).
E il successo dell’iniziativa possiamo trovarlo
nella valutazione che gli stessi partecipanti hanno
dato alla giornata dichiarandosi per il 90% soddisfatti
dei gruppi di discussione, un successo che notiamo anche
dalle parole vive di uno dei membri del campione: "È
stata una giornata meravigliosa, questa è la
vera democrazia che offre alle persone l’opportunità
di entrare in profondità dentro i problemi per
prendere posizione"; un successo che possiamo leggere
anche nelle frasi del vincitore che chiudendo la giornata
parla all’assemblea dicendo che "alla fine
ha vinto l’idea che le persone sono più
importanti dei partiti, grazie a questo bellissimo processo
di partecipazione che rappresenta una grande sfida per
la politica".
Ma il vero successo del sondaggio deliberativo di Marousi,
della giornata che ha riportato la patria della democrazia
alle sue origini più profonde, starà nel
seguito che la politica saprà dare a questa giornata
seguendone l’esempio, trovando nelle segreterie
e negli organi dirigenti dei partiti il coraggio di
qualche "visionario democratico".
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