Pubblichiamo
questo articolo del direttore artistico del Festival
MITO - SettembreMusica, che si svolgerà a Milano
e a Torino dal 3 al 23 settembre 2007.
Tratto da http://www.comune.torino.it/settembremusica/
Una delle ragioni più profonde dell’amicizia
che mi legava a Luciano Berio era il suo formidabile
pragmatismo. Parlando delle operazioni musicali più
elevate gli piaceva dire che quello era un genere di
cose che si pensano facendole e si fanno pensandole;
anche un festival naturalmente. Così, mentre
prende forma con MITO SettembreMusica un grande festival
che investe due città, ci si rende conto che
la musica, con tutta la seducente varietà dei
suoi generi, ha il potere di modificare un po’
alla volta idee come quelle di città, di territorio
e di pubblico.
Da sistema chiuso entro la cinta delle proprie mura,
la vita musicale si apre verso l’esterno ed evolve
verso un’idea di territorio più vasta,
in sintonia coi tempi che viviamo, suggerendoci di ascoltare
le Variazioni Goldberg di Bach dentro la Mole Antonelliana
e la Messa di Stravinsky sotto le antiche volte della
chiesa di Sant’Ambrogio.
L’energia propulsiva di questo movimento che avvicina
una città all’altra risiede però
nell’idea stessa di festival. Per essere degno
di questo nome un festival non deve essere soltanto
una rassegna più o meno brillante di eventi musicali
ma principalmente un sovvertimento benefico delle prospettive
sulle quali si basa la vita musicale delle istituzioni
che operano regolarmente sul territorio. Esso è
dunque l’eccezione indispensabile al mantenimento
delle regole. Perché questo accada il paesaggio
musicale di un festival deve possedere un carattere
errabondo e avventuroso, capace di offrire al suo pubblico
occasioni molteplici e contraddittorie.
Sono le proposte musicali di MITO SettembreMusica sufficientemente
molteplici e contraddittorie? Probabilmente si, giacché
le musiche proposte vanno da quelle del Medioevo a quelle
scritte ieri o ier l’altro; dall’Europa,
all’America, al Giappone, alla Corea; dal jazz,
al tango, al fado, al più sontuoso repertorio
classico e romantico, all’opera barocca; dall’improvvisazione
alla più studiata proprietà stilistica,
come a dire dalle divagazioni estemporanee della fisarmonica
di Galliano sui tanghi di Piazzolla al rigore della
Grande fuga di Beethoven.
Nel delizioso labirinto che è il festival ognuno
è invitato a seguire il filo della propria fantasia
facendo nascere collegamenti fra la musica e i luoghi
delle città, fra autori vicini e lontani nel
tempo e nello stile.
Vissuto in questo modo il festival è una grande
occasione per ripensare il già noto e scoprire
territori dai quali pigrizia e conformismo ci avevano
tenuti lontani. In queste intensissime tre settimane
la musica passa sulle nostre due città come un’onda
benefica; entra nei teatri e negli auditorium, si insinua
nelle chiese e nei cortili, lambisce i musei e le aule
universitarie, si impossessa delle piazze e dei chiostri;
aggiunge alle strade, ai portici, ai sagrati e ai giardini
una nuova prospettiva gentile e profonda, capace di
ringiovanire il già conosciuto e di trasformarlo
talvolta in uno scenario inatteso. Alla fine di questo
vagare avventuroso e stupefatto tra le musiche che hanno
fatto vibrare in maniera inaspettata taluni scenari
cittadini che una quotidianità troppo affaccendata
ci impedisce di scorgere, mi augurerei che restasse
negli ascoltatori un rimpianto quasi superiore alle
soddisfazioni ricevute, il rimpianto per quella molteplicità
della vita che sempre ci sfugge, ma alla quale sentiamo
che la nostra passione ci avvicina indefinitamente.
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it
|