“Le
seul vrai voyage de la découverte ne consiste
pas à chercher des nouveaux horizons, mais à
avoir des yeux nouveaux” M. Proust
Avere occhi nuovi con i quali osservare terre già
scoperte, esplorate in epoche remote da viaggiatori
e studiosi coraggiosi. Questo è lo spirito con
il quale il professor Tullio D’Aponte, il Cts
e la Società Geografica Italiana hanno ideato
e realizzato “I Viaggi dell’esperienza”,
un’iniziativa culturale di grande interesse sotto
molteplici aspetti. Quello turistico è un settore
in continua evoluzione, malleabile e aperto a proposte
sempre nuove. La Società geografica Italiana,
proponendo “itinerari di preminente interesse
geografico certificato” offre un tipo di vacanza
a carattere antropologico culturale, attraverso la quale
entrare in diretto contatto con civiltà e tradizioni
dal passato millenario, Cambogia, Thailandia, Cina,
Messico, non già come turisti “inesperti”,
ma seguendo le traiettorie di viaggio che i ricercatori
della Società geografica hanno compiuto ai primi
del ‘900.
Il patrimonio documentale dell’istituto composto
di documenti, mappe,manoscritti e fotografie, ha permesso
di ricostruire i vari itinerari con assoluta precisione.
Il modo migliore per conoscere un popolo è penetrarne
l’anima in punta di piedi, a questa idea si ispirano
i “Viaggi dell’esperienza”, che si
propongono come un ponte interculturale, un modo intelligente
e rispettoso di avvicinare l’altro e
ri-scoprire l’altrove, con occhi nuovi
e zaino in spalla.
Per saperne di più abbiamo intervistato il professor
D’Aponte, ideatore dell’iniziativa.
Cosa sono i “Viaggi dell’esperienza”
e come nascono?
Con l’appellativo “viaggi dell’esperienza”
si è voluto sottolineare la caratteristica di
questo nuovo modello di offerta: una rivisitazione di
“esperienze” del passato, le “esplorazioni
dell’altrove” animate da scienziati e istituzioni
governative per “conoscere” e sperimentare
opportunità di “relazioni” politiche
ed economiche con paesi lontani, insieme ad una sorta
di “personalizzazione” contemporanea del
fascino intrinseco nell’acquisizione di conoscenze
“esperte”, quali quelle consentite da un’occasione
di riflessione su trasformazioni e nuovi orizzonti delle
dinamiche culturali e socio-economiche che animano la
realtà dei Paesi visitati.
L’idea nasce dallo studio delle tendenze più
avanzate dei caratteri evolutivi della domanda turistica:
un’aspettativa di viaggio che non si esaurisca
in una frettolosa conoscenza dell’altrove ma che
possa consentire opportunità di approfondimento
personale della conoscenza di realtà diverse
da aggiungere al proprio bagaglio esperenziale.
Turismo culturale, turismo consapevole. Negli
ultimi anni in Italia si è registrato un interesse
particolare per i viaggi alternativi, lontani dalle
consuete mete vacanziere. E’ sull’onda di
questo interesse che ha pensato ai Viaggi dell’esperienza?
Ha perfettamente ragione: studiando trend e motivazioni
della domanda turistica emerge una dimensione crescente
della componente che potremmo chiamare consapevole;
cioè di persone informate, preparate alla scoperta
del “diverso” da un’infinità
di sollecitazioni mediatiche, che, tuttavia, sente l’esigenza
di acquisire capacità critiche e propensione
all’interpretazione della diversità geografica
attraverso “esperienze” personali.
Si aspetta una grande adesione da parte dei
turisti italiani oppure i nostri potenziali esploratori
avranno bisogno di essere educati a questo tipo di esperienze
culturali?
Per formazione culturale appartengo al novero di coloro
che credono nelle potenzialità indotte da una
solida cultura democratica che, ispirandosi a principi
di libertà consapevolezza critica e propensione
all’innovazione, crede nel valore che compete
alla componente culturale quale leva irrinunciabile
per il progresso civile. Credo, in particolare, che
i giovani, gli studenti, i docenti, ma anche coloro
che, in una società in cui il benessere è
ampiamente diffuso e la soglia di speranza di vita cresce
continuamente, rappresentino i destinatari primi di
questo genere di offerta turistica. Proprio per questi
motivi ritengo che le adesioni non potranno mancare
e che, se la prova del primo itinerario sarà
positiva, negli anni a venire assisteremo ad un’ampia
generalizzazione di questo modo d’intendere il
viaggio.
Lei è l’ideatore dell’iniziativa,
parteciperà a qualcuno dei viaggi in programma
in qualità di geografo?
Per molti versi, mi sento simile al Salgari inventore
di avventure esotiche costruite su esperienza libresca,
piuttosto che su esplorazione diretta. Amo cimentarmi
in costruzioni intellettuali giocate sull’invenzione
innovativa; per ciò mi limito alla fase del progetto.
La realizzazione la lascio volentieri agli altri. E
poi tra impegni, interessi e lavori in corso difficilmente
potrei fare l’esploratore professionale. Meglio
restare ciò che sono e fare ciò che mi
compete.
Le esplorazioni del XIX e XX secolo organizzate
dai ricercatori della Società Geografica Italiana
hanno contribuito alla scoperta di civiltà millenarie
quali quelle indiane, cinesi e africane…seguire
oggi la rotta di quei viaggiatori-studiosi quale tipo
di emozione e arricchimento culturale può portare
al moderno esploratore?
“Viaggi dell’esperienza” vuol dire
proprio ripercorrere esperienze documentate da relazioni
scientifiche, notazioni stese da mani esperte, documentazioni
cartografiche e fotografiche originali in un’ottica
personalistica. Cioè utilizzando le conoscenze
documentarie come strumento interpretativo di una realtà
antecedente per misurare attraverso l’esperienza
diretta le trasformazioni intervenute nel tempo e imparare
a valutare prospettive e indirizzi futuribili di sviluppo
attraverso i confronti tra passato e presente. Per questa
ragione i viaggi promossi dalla Società Geografica
Italiana sono assistiti da un’agile, ma puntuale,
“geo-graphia” dei luoghi visitati, realizzata
da una giornalista professionista, Raffaella Rizzo,
con la supervisione di uno studioso esperto geografo,
attingendo agli archivi sociali.
Perché si sono scelte la Cambogia e
la Thailandia come prime mete? Quali itinerari seguiranno
i turisti?
L’itinerario è stato calibrato dal Cts,
che ci è parsa la controparte operativa più
idonea e meglio attrezzata per il tipo di mission
che persegue e l’approccio decisamente rivolto
al turismo responsabile che persegue. Quello che abbiamo
voluto chiamare “viaggio zero” propone un
tour che parte dalla sede romana della Società
geografica, nella storica Villa Mattei al Celio, dove
sarà offerta la visita degli archivi e della
monumentale biblioteca geografica, per poi proseguire
il viaggio.
L’intento del Cts e della Società
Geografica Italiana è quello di contribuire a
instaurare un tipo di turismo diverso dal solito, che
coinvolga la mente stimolando la curiosità, che
permetta anche ad un viaggiatore comune (non un geografo
o un antropologo) di entrare in contatto con realtà
tanto distanti. Crede che questo tipo di turismo culturale
prenderà sempre più piede in Italia?
La mia impressione è che già esista un’ampia
domanda del genere a cui la nostra proposta si rivolge.
Semmai è una domanda in buona parte ancora inespressa.
E non tanto per insensibilità del viaggiatore
quanto per carenza di proposte adeguate, pesate su di
un target dell’utenza che riesca a formulare un
adeguato equilibrio delle diverse sollecitazioni, curiosità
intellettuali, opportunità di divertimento e
di riflessione che un viaggio dell’altrove può
consentire. Il tentativo della Società Geografica
è proprio riducibile a questa esplicita condizione:
non pretendere di essere mera esperienza di studio,
viaggio scientifico, bensì assumere un valore
esperienziale attraverso un opportuno mix di sollecitazioni
culturali e di puro divertimento.
Riguardo le prossime mete stabilite: India,
Cina, Messico, Stati Uniti, Marocco. Può anticipare
quale tipo di rotte saranno seguite dai turisti e perché?
Molto dipenderà dalla risposta commerciale della
sperimentazione proposta attraverso l’iniziativa
congiunta della Società Geografica e del Cts
e dalle conseguenti valutazioni imprenditoriali del
tour operator di riferimento. Per ora posso solo dirle
che gli archivi della Società Geografica traboccano
di materiali interessantissimi e che l’attuale
leadership dell’Ente ha piena consapevolezza dell’esigenza
di aprire alla gente scrigni sin’ora troppo gelosamente
custoditi e protetti da malintese profanazioni. Del
resto, ormai, si è sempre più consapevoli
che per diffondere la cultura geografica, che è
il fine precipuo del sodalizio, non sia sufficiente
arricchire biblioteche realizzando, come comunità
scientifica, studi esemplari, bensì è
improcrastinabile l’esigenza di aprire le porte
delle splendide biblioteche, proporre esperienze stimolanti
di nuove conoscenze; in altri termini aiutare a lasciare
emergere una domanda che, sia pure imprecisata e in
certa misura ancora timida, inequivocabilmente è
in progressiva espansione.
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