Basta una
tavola di legno per praticare il surf, non serve altro.
Eppure le grandi rivoluzioni legate a questo sport vengono
dalle innovazioni tecnologiche. Sarà che la tecnica
è una grande onda, fatto sta che quando arriva
travolge tutto quello che trova.
Cavalcare le onde è un atto ancestrale, è
come ripararsi sugli alberi. Civiltà antichissime
hanno lasciato tracce di questa pratica marina, e di
vere e proprie tavole da surf, usate per scivolare sulle
onde. Si ha notizia che alle Hawaii il surf era una
pratica più religiosa che sportiva. Il puritanesimo
male accettò le liturgie mistiche e le virtù
nautiche legate alla pratica surfing tanto che questo
rito poteva sparire.
Quando Jack London sbarcò alle Hawaii provò
il surf, tanto da bruciarsi le spalle sotto al sole,
e si divertì molto. Descrisse la sua avventura
nel saggio La crociera dello Snark in cui raccontò
l’esperienza così: “Tavola e individuo
dovranno essere in moto verso la terra a una buona velocità
prima che l’onda li raggiunga. Quando vedete avvicinarsi
l’onda da cui volete essere portati, dovete voltarle
le spalle e vogare con le mani verso la terra con tutta
l’energia di cui disponete, imitando la bracciata
a stile libero. E questa specie di spinta dev’essere
esercitata proprio dinanzi all'onda. Se la tavola ha
acquistato una velocità sufficiente, l’onda
la accelera, e la tavola inizia la sua scivolata di
un quarto di miglio.”. Nel 1908 lo stesso Jack
London fondò il primo surf-club del mondo.
Intanto, grazie a un mecenate delle ferrovie, il surf
nel 1907 era sbarcato in California, dove un hawaiano
fu invitato a darne esibizione. Il surf, quello che
tutti conoscono, si stabilizza negli anni Cinquanta.
La prima innovazione tecnica non riguarda in realtà
la tavola ma la diffusione dell’uso delle automobili.
Non sono più solo gli abitanti dei luoghi di
mare, delle isole, o quelli cresciuti sulla riva, a
poter praticare il surf ma anche chi abita nelle città.
I ragazzi americani si avvicinano alla costa e si spostano
con le macchine lungo la California alla ricerca delle
onde. Il surf si espande, non è più solo
uno sport, diventa una cultura: nascono band di musica
surf, si aprono i surf shop, si girano le prime pellicole.
Le auto dei surfisti inizialmente sono le mitiche woodies,
lunghi furgoncini con parti in legno che si caricano
di tavole, spesso si tratta di vecchie auto che venivano
riadattate proprio per il trasporto dei legni.
Nel 1959 esce il primo film surf Gidget che,
come gli altri film, partecipa non poco alla diffusione
di questo sport. Ma le tavole, intanto, subiscono grandi
cambiamenti tecnici.
Fino agli anni Quaranta erano sostanzialmente di due
tipi: le planks di sequoia che pesano intorno
ai 40 kg, e le cigarbox molto più leggere,
che permisero di far praticare il surf anche a chi non
aveva un fisico particolarmente atletico. Alla fine
degli anni Quaranta venne poi ideata la sandwich
board: la parte esterna era di vetroresina e il
nucleo di styrofoam. Si era arrivati a far pesare le
tavole circa 11 chili. Restava uno sport per chi amava
la natura, l’aria aperta, il contatto con l’oceano,
ma intanto le innovazioni della chimica ne aumentavano
le potenzialità e il verbo surf si diffondeva.
Le tavole e i materiali, col tempo sono andate sempre
alleggerendosi. Le linee si sono smussate, la grafica
è diventata un elemento fondamentale.
Il movimento surf, che attraversò la guerra
del Vietnam, si legò al movimento hippie, a quello
antimilitarista e a quello ambientalista. È forse
per ragioni legate alle sue origini selvagge che ogni
innovazione tecnica è all’inizio sempre
mal vista. Fu criticato anche il leash, il laccio che
lega la tavola alla caviglia del surfista, che venne
chiamato “kook cord” (la corda del dilettante).
In realtà permetteva una maggiore libertà
in acqua.
Negli anni Ottanta, le pinne sotto la tavola diventarono
tre. E con le nuove tavole (le rivoluzionarie shortboards)
si poteva spingere la tavola sotto l’acqua, nell’allontanarsi
dalla riva, arrivando così a superare onde prima
proibitive.
Nel 1992 nasce forse l’ultima grande innovazione
legata alla tecnologia: il tow-in. È l’ultimo
cambiamento radicale. Si caricano le onde su un gommone
a motore, ci si fa trainare dal gommone e si raggiungono
onde che con la sola forza delle braccia sarebbero state
impossibili da cavalcare. Oggi si vanno a prendere le
onde con le moto d’acqua, forse inquinanti e rumorose,
e che privano il surf dell’elemento fondamentale,
quello del rapporto non mediato tra uomo e natura.
Il surf, sport primitivo, naturale, non elaborato, viene
sostenuto e ravvivato da innovazioni come scoperte chimiche,
nuove plastiche o motori che apparentemente sembrano
tradirne lo spirito.
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