Realizzato
dalla Società Geografica Italiana, il Rapporto
Annuale 2007 ha per titolo Turismo e territorio.
L’Italia in competizione. Un’analisi
approfondita della situazione a livello nazionale, con
occhio attento alle nuove risorse di settore e una sfida
da vincere entro il 2016.
Il patrimonio culturale del nostro Paese è la
migliore risorsa turistica di cui disponiamo. Partendo
da questo assunto la Società Geografica Italiana
ha passato in rassegna ogni centimetro quadrato del
nostro territorio evidenziando tutti i punti di forza
e tutte le mancanze del settore. Ne è derivato
un manuale completo, diviso in capitoli realizzati da
un pool di esperti tra i quali Piergiorgio Landini (autore
del testo principale del rapporto), Tullio D’Aponte
(Il contesto geopolitico), Ugo Leone (La
qualità della vita), Paola Morelli e Antonella
Di Giacomo (Lo sviluppo territoriale), Carlo
Salone e Daniele Ietri (Le politiche territoriali).
Appare evidente l’obiettivo che gli studiosi si
sono posti nel portare avanti la ricerca: fotografare
la realtà turistica italiana di oggi proponendo
soluzioni e sbocchi per un necessario miglioramento
del settore in un periodo di medio e lungo termine.
La competitività è il perno attorno al
quale ruota il discorso affrontato nel Rapporto 2007:
l’Italia è al quinto posto in graduatoria
mondiale per entrate valutarie derivate dal turismo:
prima di noi Francia, Spagna, Stati Uniti e Cina, appena
dopo Regno Unito e Germania. Come è noto, tuttavia,
il nostro Paese figura al primo posto nella graduatoria
del Patrimonio Mondiale dell’Unesco con 41 siti
culturali su un totale di 830. Se a questo si aggiungono
le innumerevoli attrattive paesaggistiche distribuite
generosamente lungo tutta la Penisola, si capisce come
l’Italia possa e debba puntare a un livello molto
più alto sul piano ricettivo e organizzativo,
in termini di potenziamento strutturale e valorizzazione
del territorio, così da risultare sempre più
competitiva sul mercato. I punti deboli dell’offerta
per quanto concerne il turismo balneare, che pure continua
a rappresentare la principale tipologia turistica italiana
con il 31% delle presenze complessive, sono in continuo
aumento a causa dell’inquinamento dei mari, della
sporcizia sulle spiagge e del sovraffollamento di turisti
(in una data zona e in un dato periodo) che reca gravi
disagi negli spostamenti e nei servizi.
Per contro, il settore vacanziero che ancora stenta
a decollare è quello sportivo o di nicchia, come
ad esempio il golf e la crocieristica, molto più
apprezzati in altri paesi europei o extraeuropei. Questo
discorso diventa fondamentale se si pensa che, ormai,
non si può più ragionare in termini di
concorrenza fra paesi del Vecchio Continente, il confronto
vero è con tutte le nazioni del nord Africa che
si affacciano sul Mediterraneo e che rischiano di sottrarre
all’Italia quote di mercato sempre maggiori. La
soluzione è unica: aumentare la competitività
rafforzando i servizi attraverso la formazione di personale
qualificato, l’ideazione di prodotti culturali
sempre più appetibili, la diversificazione e
destagionalizzazione dei flussi turistici.
Un valido aiuto, a tale proposito, è giunto grazie
al proliferare dei voli low cost e all’esplosione
dei bed&breakfast che hanno permesso al turista
di risparmiare denaro, frammentare le proprie vacanze
“spalmandole” lungo l’arco dell’anno
e abituarsi ad un tipo di soggiorno magari più
breve, ma reiterato nel tempo. Abbattere i costi legati
al trasporto e all’alloggio è stato un
fattore rivoluzionario per il turista-medio, che ha
visto aumentare il ventaglio opzioni per la scelta del
luogo di vacanza in maniera esponenziale. In diretta
connessione con il soggiorno low cost si pone Internet:
sempre più italiani si informano, progettano
e prenotano le proprie vacanze on line, senza mettere
piede in un’agenzia di viaggi. Il fenomeno del
turismo fai-da-te è per lo più legato
ai viaggi a corto e medio raggio (cioè visitare
una Regione italiana o una Nazione europea), mentre
per i soggiorni a lungo raggio ci si rivolge ancora
alle agenzie specializzate.
Un ottimo esempio di organizzazione turistico-culturale
è evidente in alcune città medio piccole
un tempo “tagliate fuori” dai grandi circuiti
turistici di massa (in buona sostanza rappresentati
da Venezia, Firenze, Roma e Napoli) e che, da alcuni
anni, in coincidenza con una domanda culturale sempre
crescente, hanno posto in atto una seria politica di
rilancio territoriale ed urbano puntando su un tipo
di turismo artistico ed enogastronomico che ha riscosso
enorme successo di presenze e quindi di entrate economiche.
Non solo, l’investimento culturale è stato
un trampolino di lancio per lo sviluppo locale di questi
centri attraverso il rinnovamento di immagine e il rafforzamento
di servizi e infrastrutture che hanno migliorato, nel
contempo, l’intero apparato sociale della cittadina.
Questo tipo di turismo culturale ed enogastronomico
si è sviluppato molto nel Nord Italia, abbastanza
nel Centro e poco nel Sud, dove mancano finanziamenti
adeguati e progetti mirati allo sviluppo di servizi,
infrastrutture e formazione di personale qualificato.
Anche se non ancora sviluppata lungo tutto lo Stivale,
resta una strategia vincente per quelle medie e piccole
realtà che hanno potuto inserirsi facilmente
nel circuito vacanziero degli italiani e dei turisti
stranieri, sempre più attratti dalla miriade
di borghi nostrani geograficamente distinti da Regione
a Regione, ma ugualmente ricchi di tradizione, storia
e cultura.
In collegamento diretto con questo tipo di vacanza si
inserisce il turismo legato al relax, alla cura del
corpo e della mente: agriturismo, ville attrezzate,
centri termali, veri templi del wellness nei
quali rifugiarsi e lasciarsi coccolare, stanno sorgendo
in molte aree verdi del nostro Paese grazie ad una richiesta
sempre più incalzante.
La vera sfida da vincere, se si vuole davvero potenziare
il settore turistico, è superare la differenza
che si è formata tra il mercato reale delle imprese
e il mercato immaginario delle istituzioni. Questo scollamento
tra realtà regionali e istituzioni si è
creato e si è andato amplificando in un lasso
di tempo che va dagli anni ’70 ad oggi, sin da
quando, cioè, le Regioni hanno supplito la mancanza
di una politica di sviluppo turistico da parte dello
Stato. Questo ha prodotto un gap considerevole tra mercato
reale (delle imprese) e mercato immaginario (delle istituzioni).
E’ un problema molto grave perché l’Italia
ha bisogno di una maggiore concertazione e unità
da un punto di vista legislativo e di una strategia
globale di marketing per rilanciarsi sul mercato. Per
poter tornare ad essere competitiva, l’Italia
deve poter contare sulle istituzioni e gli organi competenti.
Quella del turismo è un’economia trasversale,
probabilmente la più trasversale tra tutte: il
meccanismo-vacanza tocca il settore agricolo, artigianale,
ricettivo, dei trasporti, commerciale, industriale e
così via.
E’ unanime il riconoscimento della rilevanza della
risorsa turismo in termini di prodotto interno lordo
ed è quasi un obbligo morale, a questo punto,
agire in funzione di un miglioramento generale.
Risulta fondamentale, in questa ottica, riuscire a
raggiungere quello che nel Rapporto è stato definito
l’Obiettivo Italia 2016. In pratica, entro nove
anni, l’Italia dovrà tornare in vetta alle
classifiche degli arrivi turistici,cosa che accadde
nel 1970 e che, considerata la mole di lavoro da mettere
in atto nei vari settori, appare oggi quasi impossibile.
Per poter almeno risalire la classifica, il Paese avrà
bisogno di finanziamenti mirati alla ristrutturazione
del settore ricettivo, dei trasporti e dei servizi.
A tale proposito è stato creato nel 2006 un Comitato
Nazionale del Turismo che ha il compito di superare
una volta per tutte il gap tra Stato e Regioni e ideare
una strategia che accomuni pubblico e privato. L’Italia
ha davanti a sé una bella scalata da compiere,
e dovremo anche sbrigarci a risalire la china, prima
che i sempre più attrezzati Paesi del Mediterraneo
e dell’Est europeo facciano lo sgambetto relegandoci
in una posizione che davvero non meritiamo.
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