“Al
cinema la noia è l’unico rischio da evitare”,
diceva Alberto Moravia ai tempi della sua attività
di critico cinematografico per l’Espresso.
Un credo di tutto rispetto, sintetico ed efficace, che
Andrea Kerbaker utilizza e applica a musei, gallerie
e, in genere, a tutte le opere d’arte d’Italia
nelle pagine di Lo Stato dell’arte. La valorizzazione
del patrimonio culturale italiano; saggio a metà
tra breve resoconto e agile manualetto pronto per l’uso.
Obiettivo: salvare dalla noia, appunto, tutti i possibili
fruitori (stranieri inclusi) delle iniziative culturali
nostrane. Ma anche salvare lo stesso patrimonio artistico
del “bel paese”, tanto ricco e prezioso,
quanto spesso sconosciuto e sottovalutato dagli stessi
italiani.
Ma come stanno i nostri tesori artistici, in quali condizioni
si trovano e che cosa si fa per valorizzarli e renderli
accessibili – magari perfino attraenti –
agli occhi del pubblico? A partire da simili domande,
Kerbaker (che ha maturato una certa esperienza come
operatore culturale attivo da molti anni) elabora una
serie di considerazioni. Il volume suggerisce infatti
strategie e proposte. Non prima, però, di aver
fatto un’amara e ineludibile premessa: l’Italia,
nonostante il suo innegabile valore, non detiene più
il monopolio mondiale delle opere d’arte. Presa
coscienza della “concorrenza” incalzante,
l’autore passa quindi in rassegna esempi virtuosi
di valorizzazione della cultura in tutto il mondo. Senza
disdegnare casi che farebbero arricciare il naso alle
“sfere alte” del mondo accademico e dintorni,
come per esempio il successo di vendite riscosso dalle
collane di libri allegati ai giornali. O come la trasformazione
(forse sarebbe meglio dire il trapasso?) del convegno
nella più accessibile forma del festival. Il
segreto dei numerosi esempi virtuosi citati è
da ricercare nell’aderenza, prima di tutto, al
buon senso e alla praticità. Che si traducono
in quelle che “per comodità” l’autore
raggruppa in sette categorie: vivacità, mobilità,
originalità, semplicità, contaminazione,
comunicazione e contemporaneità. Con gli occhi
spalancati sulle strategie possibili di valorizzazione
del già esistente. A riprova dell’utilità
dei suggerimenti raccolti da Kerbaker, basta vedere
il successo travolgente delle letture dantesche di Vittorio
Sermonti in luoghi storici della cultura italiana (come
per esempio il Pantheon di Roma); e di quelle, recenti,
di Roberto Benigni in Piazza Santa Croce a Firenze.
Come a dimostrare che quando si incontrano luoghi “per
natura” predisposti allo spettacolo, iniziative
di qualità e allo stesso tempo accessibili al
grande pubblico, il successo è garantito.
Per non finire tra salme e cimiteri, per liberare l’Italia
dal “mercato di rigattieri” – come
inveiva Marinetti nel Manifesto del futurismo
– bisogna perciò prendere come punto di
riferimento le migliori esperienze nostrane ed estere
che, con la creazione di luoghi accoglienti, ospitali
e aperti a un pubblico generalista, hanno saputo mettere
in pratica una regola d’oro: trasformare la polvere
del tempo in una patina affascinante.
Che non annoia, ma anzi attrae.
Andrea Kerbaker
Lo Stato dell’arte. La valorizzazione
del patrimonio culturale italiano
Bompiani, pag. 128, euro 6,50
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