322 - 07.06.07


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“Guerra dei 6 giorni”,
una vittoria buttata

Alessandro Lanni


Anniversario per una vittoria buttata via. L'Economist dedica la copertina di questa settimana ai quarant'anni della “guerra dei 6 giorni” che si svolse proprio nel giugno del '67 tra Israele ed Egitto, Siria e Giordania. E giudica disastrosi gli effetti che quel conflitto ha avuto sulla stabilità dell'area mediorientale. Quella dello Stato ebraico fu una “vittoria di Pirro”, afferma senza mezzi termini il settimanale inglese nell'editoriale d'apertura, proprio per la china di instabilità che ha generato.

La questione non starebbe tanto nella guerra in sé quanto piuttosto negli effetti. Il trionfo completo, la schiacciante e fulminante vittoria israeliana in quei primi giorni di giugno contribuì in maniera decisiva alla nascita del movimento religioso e ultranazionalista ebraico a favore della colonizzazione dei territori occupati durante il conflitto. L'ubriacatura del successo – unita all'umiliazione araba – ha giustificato una politica aggressiva e di annessione della metà araba di Gerusalemme e la moltiplicazione degli insediamenti dei coloni nel West Bank, trasformando l'esito di un conflitto perlopiù di natura nazionale per il controllo di una regione in uno scontro tra islam radicale e Israele, “iniettando veleno nelle relazioni difficili tra islam e l'Occidente nel suo complesso”.

La chiosa finale dell'editoriale introduttivo è oltremodo significativa: “Che pazzia autodistruttiva. Per arrivare alla pace, Israele deve rassegnarsi a restituire il West Bank e a condividere Gerusalemme. E i palestinesi devono rassegnarsi al sogno del ritorno e far sentire Israele sicura come Stato ebraico. Tutto il resto sono dettagli”.


“Chi ha paura di Tariq Ramadan?”

Su The New Republic, mensile della sinistra Usa, copertina e ritratto molto ricco per l'intellettuale svizzero-egiziano “profeta” dell'islam in Europa. Quale sia l'islam di Ramadan ancora non è chiaro, almeno per gli europei. In molti lo prendono per un provocatore altri gli aprono le porte come ha fatto Tony Blair che l'aveva voluto con sé come consulente. A raccontare all'America progressista chi è questo professore di liceo che scuote qualsiasi uditorio nel quale si presenti è Paul Berman, intellettuale liberal conosciuto anche da noi per i suoi volumi contro la sinistra pacifista. Berman, nel dibattito planetario sul multiculturalismo e le debolezze dell'Europa nei confronti dell'islam, si schiera al fianco di Hirsi Ali, la scrittrice somala minacciata dal fondamentalismo, e contro Garton Ash e Buruma.

La nuova “provocazione” di Craig Venter

Craig Venter, il celebre imprenditore-scienziato, si lancia in una nuova sfida discutibile e discussa. Neewsweek racconta la nuova impresa di uno dei padri della sequenziazione del genoma umano e di un altro manipolo di scienziati: la creazione artificiale della vita. Venter, secondo il settimanale Usa, avrebbe investito 10 milioni di dollari per creare organismi capaci di convertire la luce del sole in combustibili con un minimo impatto ambientale, senza alcun rilascio di anidride carbonica. “Questi organismi – spiega Venter – rimpiazzeranno l'industria petrolchimica”. Un'iniziativa che ha importanti risvolti etici. Benedetto XVI ha bollato come un oltraggio “modificare la sola e unica grammatica della vita voluta e pianificata da Dio”. Un giudizio negativo condiviso anche da molti esponenti del mondo ecologista, come Doreen Stabinsky di Greenpeace.

 

 

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