Dal catalogo
della mostra “Pubblicità. Città,
Pubblicità, Restauro: un incontro creativo”,
del fotografo Piergiorgio Pirrone, pubblichiamo questo
articolo.
Se ne vedono di belle guardando dove prima c'era la
facciata di un palazzo e ora c'è la pubblicità
che o ne surroga l'immagine (soluzione pigra che dice
solo cosa c'è dietro) o meglio ancora la commenta
ironicamente con giustapposizioni che le foto di Piergiorgio
Pirrone marcano efficacemente. Se ne vedono anche di
brutte, forse succede pure di frequente, ma quand'anche
fosse, è sempre meglio che non avere davanti
lo spettacolo di tubolari in mezzo ai quali rischiano
la vita operai che, forse, non soffrono di vertigini.
Le facciate che sono affidate alla pubblicità
non sono più belle dell'originale, ma vediamo
troppi palazzi che vorremmo fossero coperti e –
con sommo gaudio degli inserzionisti dai quali, se fosse
per loro, mai sarebbe tolta la pubblicità –
e che non venissero più scoperti. Le foto di
Piergiorgio Pirrone convincono non solo che le vie della
comunicazione creativa sono infinite, ma che una di
esse passa da quella cartellonistica che, ammiccando,
civetta dai muri coi nostri occhi, prima distratti o
indifferenti, poi sorpresi e infine consenzienti. E
mi pare fecondo, per dirla con le parole di Gadda, questo
matrimonio fra interesse (degli inserzionisti che pagano
così il costo dei restauri proibitivo per i sempre
più poveri Comunì) ed erotìa, cioè
la passione di chi crea abbinamenti inoffensivi, anzi,
per la scultura che eventualmente si fosse messa in
mezzo. Dove mettete il piacere di stare sotto gli occhi
di tutti?
Con i cartelloni capita qualche volta quello che succede
guardando la pubblicità televisiva: non è
una rara eccezione che essa piaccia più di tanti
programmi cui arride grande ascolto. Vale naturalmente
per la cartellonistica quel che è scontato per
la tv: può essere fatta meglio, molto meglio.
Anche in questo caso viene la stessa bramosia di bucare
lo schermo con un'immagine che non ti aspetti in quel
preciso momento. E talvolta si abusa per la voglia di
strafare.
Piergiorgio Pirrone sta attento a evitare la pubblicità
che urla troppo per attirare comunque l'occhio del passante.
E fa bene a metterci dell'umorismo negli accoppiamenti,
che di per sé non sono sempre giudiziosi. Le
sue foto non temono di essere surreali, cioè
superreali per contiguità di elementi che non
erano stati avvicinati in modo così emozionante
come ora che si può fare comunicazione visiva
dentro uno spazio superiore a quello di un campo di
basket. Come si dice con una metafora, il bravissimo
fotografo tiene a distanza le gigantografie.
Piergiorgio Pirrone ci invita a non trascurare cosa
ci si comunica dai muri con gli immensi cartelloni che
ci sovrastano. Attraverso il montaggio dialogano linguaggi
di epoche e di livelli diversi. Una miscela di alto
e basso che si addice a uno cui interessano quelli più
espressivi. Se poi in proprio non lo sono, provvede
lui a mandarli allo scontro più scintillante
con foto che d'ora in poi ci faranno alzare lo sguardo
mentre camminiamo per le strade delle città.
Non tutto ci piacerà ma avremo imparato l'elevata
lezione: possiamo combinare l'antico e il moderno a
nostro piacere. Capita che si desideri di cambiare gli
elementi del montaggio ma in tal modo cosa facciamo
mentalmente se non svolgere un'attività critica?
Chiamiamola cultura itinerante. Il mondo avanza pure
così, con il postmoderno che cammina persino
sui muri.
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