318 - 30.03.07


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Il muro parlante

Walter Pedullà


Dal catalogo della mostra “Pubblicità. Città, Pubblicità, Restauro: un incontro creativo”, del fotografo Piergiorgio Pirrone, pubblichiamo questo articolo.

Se ne vedono di belle guardando dove prima c'era la facciata di un palazzo e ora c'è la pubblicità che o ne surroga l'immagine (soluzione pigra che dice solo cosa c'è dietro) o meglio ancora la commenta ironicamente con giustapposizioni che le foto di Piergiorgio Pirrone marcano efficacemente. Se ne vedono anche di brutte, forse succede pure di frequente, ma quand'anche fosse, è sempre meglio che non avere davanti lo spettacolo di tubolari in mezzo ai quali rischiano la vita operai che, forse, non soffrono di vertigini.

Le facciate che sono affidate alla pubblicità non sono più belle dell'originale, ma vediamo troppi palazzi che vorremmo fossero coperti e – con sommo gaudio degli inserzionisti dai quali, se fosse per loro, mai sarebbe tolta la pubblicità – e che non venissero più scoperti. Le foto di Piergiorgio Pirrone convincono non solo che le vie della comunicazione creativa sono infinite, ma che una di esse passa da quella cartellonistica che, ammiccando, civetta dai muri coi nostri occhi, prima distratti o indifferenti, poi sorpresi e infine consenzienti. E mi pare fecondo, per dirla con le parole di Gadda, questo matrimonio fra interesse (degli inserzionisti che pagano così il costo dei restauri proibitivo per i sempre più poveri Comunì) ed erotìa, cioè la passione di chi crea abbinamenti inoffensivi, anzi, per la scultura che eventualmente si fosse messa in mezzo. Dove mettete il piacere di stare sotto gli occhi di tutti?

Con i cartelloni capita qualche volta quello che succede guardando la pubblicità televisiva: non è una rara eccezione che essa piaccia più di tanti programmi cui arride grande ascolto. Vale naturalmente per la cartellonistica quel che è scontato per la tv: può essere fatta meglio, molto meglio. Anche in questo caso viene la stessa bramosia di bucare lo schermo con un'immagine che non ti aspetti in quel preciso momento. E talvolta si abusa per la voglia di strafare.

Piergiorgio Pirrone sta attento a evitare la pubblicità che urla troppo per attirare comunque l'occhio del passante. E fa bene a metterci dell'umorismo negli accoppiamenti, che di per sé non sono sempre giudiziosi. Le sue foto non temono di essere surreali, cioè superreali per contiguità di elementi che non erano stati avvicinati in modo così emozionante come ora che si può fare comunicazione visiva dentro uno spazio superiore a quello di un campo di basket. Come si dice con una metafora, il bravissimo fotografo tiene a distanza le gigantografie.

Piergiorgio Pirrone ci invita a non trascurare cosa ci si comunica dai muri con gli immensi cartelloni che ci sovrastano. Attraverso il montaggio dialogano linguaggi di epoche e di livelli diversi. Una miscela di alto e basso che si addice a uno cui interessano quelli più espressivi. Se poi in proprio non lo sono, provvede lui a mandarli allo scontro più scintillante con foto che d'ora in poi ci faranno alzare lo sguardo mentre camminiamo per le strade delle città. Non tutto ci piacerà ma avremo imparato l'elevata lezione: possiamo combinare l'antico e il moderno a nostro piacere. Capita che si desideri di cambiare gli elementi del montaggio ma in tal modo cosa facciamo mentalmente se non svolgere un'attività critica? Chiamiamola cultura itinerante. Il mondo avanza pure così, con il postmoderno che cammina persino sui muri.

 

 

 


 

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