Questo
testo è tratto dal catalogo della mostra del
fotografo Sandro Becchetti “Cinema, il migliore
dei mondo possibili”, a Roma fino al 14 gennaio
2007.
Pangloss, filosofo leibniziano, aveva educato il suo
giovane allievo Candido a considerare questo come “il
migliore dei mondi possibili”, ma i fatti, ahilui,
lo smentirono brutalmente e ben presto Candide si dovette
rendere conto che il mondo non è poi così
perfetto, che i terremoti e le carestie lo devastano
e troppo spesso che gli uomini ce la mettono tutta per
rovinarsi la vita a vicenda.
Povero Pangloss e povero Candido, nati troppo presto
non potevano sapere che il migliore dei mondi possibili
è il cinema!
Se fuori tutto ci sembra disordinato, assurdo, inspiegabile,
se certi giorni ci sembra di abitare un naufragio perenne,
basta comprare un biglietto, scostare una tenda di velluto,
entrare nel buio di una sala cinematografica per ritrovare
un senso, una direzione, una voluttà.
È così da quando eravamo piccoli e il
cinema era solo quella sala parrocchiale dietro casa.
I buoni e i cattivi si dividevano simmetricamente la
scena, erano grandi eroi e omuncoli meschini, erano
cowboy e indiani, coraggiosi gladiatori e infami traditori,
e tutto finiva com’era giusto che finisse: il
bene, dopo mille vicissitudini, trionfava e il male,
nonostante le sue astuzie e le sue carognate, soccombeva
inevitabilmente.
Poi siamo cresciuti, le cose si sono un po’ complicate,
ma la sostanza è rimasta la stessa.
A volte le storie che passavano sullo schermo erano
solo il pretesto per prendere posto nell’ultima
fila e baciare appassionatamente il nostro grande amore.
Fuori non avevamo coraggio di osare tanto, ma lì
dentro era permesso, era il mondo della fantasia, dei
sentimenti, dell’audacia che ci autorizzava ad
allungare le mani, ad assecondare i battiti accelerati
del desiderio.
Più avanti ancora venne il tempo dei cinema
d’essai e dei cineclub. Sacco e Vanzetti morivano
invocando giustizia, un poveruomo cercava la sua bicicletta
nelle vie del dopoguerra, un ferroviere si lasciava
andare travolto da una colpa non sua: il mondo vero
infieriva sui deboli, li cancellava senza pietà,ma
il cinema li teneva in palmo di mano, li difendeva,
dimostrava che un’altra vita è sempre possibile.
Tutto riacquistava una dimensione più vera, anche
se falsa. Arrivammo ad amare anche i film più
complicati, Bergman e Buñuel, Fellini e Godard.
Il bene e il male si mescolavano e si confondevano,
ma sempre dentro alle due ore del film, in quel rettangolo
protetto.
Nulla si sfilacciava nel caos dell’esistenza,
tutto rimaneva comunque sotto il controllo vigile dei
grandi registi, burattinai sublimi che sanno come muovere
la Morte e l’Amore, il gendarme e il buffone,
l’ordine e il disordine, le nuvole e i sassi.
Ma ogni tanto ci piaceva ancora vedere un filmaccio,
una commediola boccaccesca, una porcata divertente,
un western da quattro soldi. Perché il cinema
ci conquista in alto e in basso, nello sguardo malinconico
di Mastroianni e nelle curve mozzafiato di una divetta,
nell’inseguimento del Senso Assoluto o di una
macchina carica di banditi dal grilletto facile. È
comunque sempre una ricomposizione delle infinite tessere
sparpagliate sul tavolo della vita. Primo piano, campo
lungo, carrello, dolly, e la realtà diventa un
film, una strada che porta fino in fondo.
Come noi, forse più di tutti noi, Sandro Becchetti
ha infinitamente amato il cinema, e ancor di più
i suoi protagonisti, geni impareggiabili o attori di
una stagione sola, star ombrose o belle figliole che
la pellicola ha sottratto all’usura del tempo
che passa. I suoi ritratti sono un atto di ringraziamento,
il gesto affettuoso di chi si avvicina a un mondo senza
voler disturbare, senza chiedere autografi o aneddoti:
a lui basta che un volto si fissi per sempre nella memoria,
come un saluto intenso. Non c’è gerarchia
tra grandi e minori, autori straordinari e altri quasi
dimenticati: è tutta gente che ha fatto il cinema,
che ci ha messo una mano sulla spalla e ci ha raccontato
una storia, che ci ha tenuto in quel buio tiepido come
nel ventre di una balena o di una madre premurosa. Il
cinema, ci dice sottovoce Sandro Becchetti, è
la bugia più bella, i suoi protagonisti in fondo
sono solo degli incantatori, dei truffatori, maghi di
un circo spiantato, ombre cinesi sul muro di una stanza,
e noi ormai lo sappiamo, ma forse proprio per questo
ci piacciono così tanto, perché il mondo
vero rotola e travolge e non si ferma nemmeno per due
ore, il tempo giusto per un viaggio senza tempo.
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