“Dove
erano le colonne d’Ercole? Poco più di
un anno fa era questo il titolo del convegno di Parigi
al quale partecipai”, ricorda Azedine Beschaouch,
accdemico di Francia e consulente Unesco. ”Oggi
il titolo di questo incontro qui, all’Accademia
dei Lincei, è “Cosa c’era dietro
le prime colonne d’Ercole”? Già questo
piccolo ma significativo cambiamento dà la misura
dei passi compiuti da Sergio Frau e dalla sua ipotesi,
nel mondo scientifico”. Un mondo nel quale il
giornalista si sente ancora un po’ un ospite,
perché giornalista tra scienziati, perché
all’inizio della sua avventura non si aspettava
certo esiti tanto sorprendenti.
Tutto era nato da un’illuminazione davanti a
un libro di Vittorio Castellani, Quando il mare
sommerse l’Europa, in cui venivano riportate
le cartine di come doveva apparire il Canale di Sicilia
in tempi antichi. Uno stretto più stretto di
quello di oggi, simile a quello di Gibilterra, dove
tradizionalmente si posizionavano le Colonne d’Ercole,
il confine del mondo conosciuto. Ed ecco l’illuminazione,
semplice, in fondo: non potevano, le Colonne, trovarsi
un po’ più vicine? Tra la Tunisia e la
Sicilia, forse? “Il merito di Frau è quello
di aver osato”, commenta nel corso della tavola
rotonda ai Lincei Beschaouch. “Ha osato rivisitare
la storia, ricostruire un mondo conosciuto”.
Dalla prima illuminazione è infatti partita
l’inchiesta (badate, non una ricerca). Eppure
il lavoro sembra più quello di uno scienziato:
“Ha citato tutte le fonti. Possiamo essere d’accordo
con le sue tesi o nutrire qualche dubbio qua e là,
ma il lavoro è un lavoro da storico”, aggiunge
ancora Beschaouch. E infatti Frau ha discusso le sue
ipotesi in circa 700 pagine, fornendo prove su prove,
confutando possibili dubbi: e cos’è questa
se non una ricerca scientifica? Per questo il mondo
scientifico, dapprima diffidente, un po’ arrogante
persino, si è aperto e si apre sempre più
a questo ospite inatteso. Per questo studiosi delle
più diverse materie si sono messi a disposizione
del giornalista, per cercare di trovare ulteriori prove
alle sue tesi.
Perché se sono in molti a voler riposizionare
le Colonne d’Ercole più vicine, più
complessa è una seconda questione sollevata nel
libro. “Non da me”, ci tiene a sottolineare
Frau. E’ Platone, è Esiodo, Omero, sono
gli antichi filosofi e scrittori che ne parlano, che
raccontano: “Davanti a quella bocca che voi chiamate
Colonne di Eracle c’era un’isola. Chi ci
arrivava poteva passare da quest’isola alle altre
isole e raggiungere il continente che tutto circonda…
in quest’isola di Atlante vi era una grande e
mirabile potenza regale che possedeva l’intera
isola e molte altre isole e parti del continente. Inoltre
dominava al di qua dello Stretto le regioni della Libya
fino all’Egitto e dell’Europa fino alla
Tirrena (l’Etruria toscana ai tempi di Platone,
ndr)
(…) L’isola forniva ogni specie di metalli,
duri e malleabili, che si possono estrarre dalle miniere,
ed anche quel metallo di cui noi ormai non sappiamo
altro che il nome, ma che si estraeva dalla terra in
molte località dell’isola, e che dopo l’oro
era il metallo più prezioso che esistesse”.
Insomma, spostando le Colonne d’Ercole si rilegge
la geografia antica con altri occhi e con altre carte,
e dalle acque riaffiora la misteriosa Atlantide, in
Sardegna, e persino gli Etruschi ritrovano una patria.
“Ma la questione di Atlantide è una conseguenza,
meglio non fare di questo problema il cuore del libro,
perché potrebbe essere una trappola che è
meglio evitare”, avverte Berschaouch. “Incappare
in Atlantide in un certo senso è stato un guaio”,
ammette Paolo Mauri, responsabile della pagina culturale
di Repubblica, che ha seguito passo passo il
lavoro del suo collaboratore al giornale. “Atlantide
evoca ufologi, fantasie che rischiano di travolgere
l’intera operazione”.
E infatti Frau ne è ben conscio, fortunatamente
sono gli altri che parlano per lui e “perché
in fondo non dare fiducia a quel povero vecchio di Platone?
Io non ho mai cercato Atlantide”, continua Frau.
“Il mio libro è sulle Colonne d’Ercole
e in 700 pagine non uso una volta la parola Atlantide”.
Eppure il dubbio rimane. L’ipotesi è fondata
e, malgrado siano in molti a continuare a tifare per
Santorini come favorita al ruolo di Atlantide, c’è
chi è stato illuminato dal libro di Frau. “Naturalmente
occorrono ulteriori ricerche, e fondi per continuare
gli studi geologici sull’isola”, interviene
Mario Tozzi, geologo. “Ma anche se attualmente
l’isola è tranquilla, mancano le carte
geologiche dell’interno, perciò non conosciamo
la storia geologica dell’isola”. Certo,
sommergere la Sardegna non è cosa da tutti i
giorni, “ma oggi sappiamo che uno tsunami può
essere sorprendentemente alto. Quelli causati dai terremoti
possono arrivare a 10-12 metri, come abbiamo visto anche
recentemente. Ma esistono tsunami provocati da frane
o da eruzioni sottomarine: in questi casi le onde possono
salire anche a 450 metri, come hanno dimostrato alcune
testimonianze in Alaska. Non sappiamo se in Sardegna
si avvenuto effettivamente un megatsunami, ma se questo
è il caso, un’onda di 200 metri sarebbe
arrivata a 80 metri dalla costa di Cagliari”.
Un megatsunami, un’immagine appropriata per questa
storia e per il suo protagonista. “Frau è
stato uno straordinario rompighiaccio, forse anche un
po’ rompiscatole”, conclude più prosaicamente
Andrea Carandini, professore di archeologia e di storia
greco-romana alla Sapienza. “Può farsi
male, ma può anche aprire nuove strade alla ricerca”.
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