308 - 26.10.06


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Il mondo iniziava qui?

Sara Capogrossi Colognesi



“Dove erano le colonne d’Ercole? Poco più di un anno fa era questo il titolo del convegno di Parigi al quale partecipai”, ricorda Azedine Beschaouch, accdemico di Francia e consulente Unesco. ”Oggi il titolo di questo incontro qui, all’Accademia dei Lincei, è “Cosa c’era dietro le prime colonne d’Ercole”? Già questo piccolo ma significativo cambiamento dà la misura dei passi compiuti da Sergio Frau e dalla sua ipotesi, nel mondo scientifico”. Un mondo nel quale il giornalista si sente ancora un po’ un ospite, perché giornalista tra scienziati, perché all’inizio della sua avventura non si aspettava certo esiti tanto sorprendenti.

Tutto era nato da un’illuminazione davanti a un libro di Vittorio Castellani, Quando il mare sommerse l’Europa, in cui venivano riportate le cartine di come doveva apparire il Canale di Sicilia in tempi antichi. Uno stretto più stretto di quello di oggi, simile a quello di Gibilterra, dove tradizionalmente si posizionavano le Colonne d’Ercole, il confine del mondo conosciuto. Ed ecco l’illuminazione, semplice, in fondo: non potevano, le Colonne, trovarsi un po’ più vicine? Tra la Tunisia e la Sicilia, forse? “Il merito di Frau è quello di aver osato”, commenta nel corso della tavola rotonda ai Lincei Beschaouch. “Ha osato rivisitare la storia, ricostruire un mondo conosciuto”.

Dalla prima illuminazione è infatti partita l’inchiesta (badate, non una ricerca). Eppure il lavoro sembra più quello di uno scienziato: “Ha citato tutte le fonti. Possiamo essere d’accordo con le sue tesi o nutrire qualche dubbio qua e là, ma il lavoro è un lavoro da storico”, aggiunge ancora Beschaouch. E infatti Frau ha discusso le sue ipotesi in circa 700 pagine, fornendo prove su prove, confutando possibili dubbi: e cos’è questa se non una ricerca scientifica? Per questo il mondo scientifico, dapprima diffidente, un po’ arrogante persino, si è aperto e si apre sempre più a questo ospite inatteso. Per questo studiosi delle più diverse materie si sono messi a disposizione del giornalista, per cercare di trovare ulteriori prove alle sue tesi.

Perché se sono in molti a voler riposizionare le Colonne d’Ercole più vicine, più complessa è una seconda questione sollevata nel libro. “Non da me”, ci tiene a sottolineare Frau. E’ Platone, è Esiodo, Omero, sono gli antichi filosofi e scrittori che ne parlano, che raccontano: “Davanti a quella bocca che voi chiamate Colonne di Eracle c’era un’isola. Chi ci arrivava poteva passare da quest’isola alle altre isole e raggiungere il continente che tutto circonda… in quest’isola di Atlante vi era una grande e mirabile potenza regale che possedeva l’intera isola e molte altre isole e parti del continente. Inoltre dominava al di qua dello Stretto le regioni della Libya fino all’Egitto e dell’Europa fino alla Tirrena (l’Etruria toscana ai tempi di Platone, ndr)
(…) L’isola forniva ogni specie di metalli, duri e malleabili, che si possono estrarre dalle miniere, ed anche quel metallo di cui noi ormai non sappiamo altro che il nome, ma che si estraeva dalla terra in molte località dell’isola, e che dopo l’oro era il metallo più prezioso che esistesse”.

Insomma, spostando le Colonne d’Ercole si rilegge la geografia antica con altri occhi e con altre carte, e dalle acque riaffiora la misteriosa Atlantide, in Sardegna, e persino gli Etruschi ritrovano una patria. “Ma la questione di Atlantide è una conseguenza, meglio non fare di questo problema il cuore del libro, perché potrebbe essere una trappola che è meglio evitare”, avverte Berschaouch. “Incappare in Atlantide in un certo senso è stato un guaio”, ammette Paolo Mauri, responsabile della pagina culturale di Repubblica, che ha seguito passo passo il lavoro del suo collaboratore al giornale. “Atlantide evoca ufologi, fantasie che rischiano di travolgere l’intera operazione”.
E infatti Frau ne è ben conscio, fortunatamente sono gli altri che parlano per lui e “perché in fondo non dare fiducia a quel povero vecchio di Platone? Io non ho mai cercato Atlantide”, continua Frau. “Il mio libro è sulle Colonne d’Ercole e in 700 pagine non uso una volta la parola Atlantide”.

Eppure il dubbio rimane. L’ipotesi è fondata e, malgrado siano in molti a continuare a tifare per Santorini come favorita al ruolo di Atlantide, c’è chi è stato illuminato dal libro di Frau. “Naturalmente occorrono ulteriori ricerche, e fondi per continuare gli studi geologici sull’isola”, interviene Mario Tozzi, geologo. “Ma anche se attualmente l’isola è tranquilla, mancano le carte geologiche dell’interno, perciò non conosciamo la storia geologica dell’isola”. Certo, sommergere la Sardegna non è cosa da tutti i giorni, “ma oggi sappiamo che uno tsunami può essere sorprendentemente alto. Quelli causati dai terremoti possono arrivare a 10-12 metri, come abbiamo visto anche recentemente. Ma esistono tsunami provocati da frane o da eruzioni sottomarine: in questi casi le onde possono salire anche a 450 metri, come hanno dimostrato alcune testimonianze in Alaska. Non sappiamo se in Sardegna si avvenuto effettivamente un megatsunami, ma se questo è il caso, un’onda di 200 metri sarebbe arrivata a 80 metri dalla costa di Cagliari”.
Un megatsunami, un’immagine appropriata per questa storia e per il suo protagonista. “Frau è stato uno straordinario rompighiaccio, forse anche un po’ rompiscatole”, conclude più prosaicamente Andrea Carandini, professore di archeologia e di storia greco-romana alla Sapienza. “Può farsi male, ma può anche aprire nuove strade alla ricerca”.


 

 

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