307 - 12.10.06


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“Il mio Mozart, effervescente
come una bottiglia di spumante”

Mario Brunello con
Daniela Gangale



“Umano, più umano e meno divino”. Ecco il modo di celebrare Mozart che Mario Brunello ha messo in pratica in occasione dei 250 anni dalla morte del compositore.
Certo, in questo anniversario di concerti in onore mozartiano ce ne sono miriadi (e a volte, diciamolo, sanno di stantio e di già visto), ma il K Festival dell’accademia di Santa Cecilia ha qualcosa che lo rende un po’ speciale, certamente originale. In corso a Roma fino al 5 ottobre, il Festival pone accanto ad eccellenti ma prevedibili serate dedicate a composizioni come la Sinfonia Concertante K364 o il Requiem K 626, quattro appuntamenti decisamente particolari, ideati dal violoncellista Mario Brunello: concerti accompagnati da conversazioni con esperti, critici, attori, una serie di incontri dal titolo che parla da solo: “Mozart genio?… da vicino nessuno è normale”.

Musicista di fama internazionale ed effervescente agitatore culturale, Brunello opera da anni in direzione di un rinnovamento della forma classica di concerto, firmando fortunate stagioni come quella ideata per il milanese Auditorio del San Gottardo nel 2000 dal significativo titolo Avevamo paura che ci portassero ad un concerto…, oppure Note di viaggio e Note dipinte per lo stesso spazio in anni successivi. Il leit motiv di questi progetti è la trasformazione del concerto di musica classica in uno spettacolo più complesso e più coinvolgente per il pubblico, in cui sul palco si alternino altre figure oltre ai musicisti, in una rete di suggestioni attorno ad un tema.
Incontro Brunello per parlare di questo nuovo progetto mozartiano, all’Auditorio di Roma, dopo un’intensa giornata di prove.

Sembra che quest’anno non si possa proprio sfuggire alle celebrazioni mozartiane e che sia obbligatorio per ogni musicista fare in qualche modo i conti con questo mostro sacro della storia della musica. Qual è il suo rapporto con Mozart?

Direi intanto che per un violoncellista l’incontro con Mozart parte da lontano: non c’è infatti un accesso diretto alla musica di Mozart, come può averlo un pianista o un violinista che eseguono pezzi scritti appositamente per il loro strumento ma c’è un vasto repertorio di musica da camera in cui il violoncello ricopre parti di rinforzo o di accompagnamento, da comprimario e non da protagonista. Il vero Mozart si affronta invece a quattr’occhi, ecco perché posso dire di averlo riscoperto da quando dirigo (Mario Brunello ha fondato nel 1994 l’Orchestra d’Archi Italiana, di cui è direttore, n.d.r.). Nel dialogo a tu per tu con la partitura ho finalmente apprezzato e goduto appieno della poliedricità di sfumature in una scrittura raffinata e geniale come quella mozartiana, ricca di dettagli, ritmi e accenti sempre nuovi.

Nell’ampio repertorio mozartiano c’è un brano che sente particolarmente caro?

Forse la Sinfonia Concertante, che ho diretto per la prima volta con Gidon Kremer in veste di solista. È stato un momento molto intenso per me, potrei definirlo la mia epifania mozartiana.

Come definirebbe invece Mozart?

Lo definirei senz’altro un rocchettaro (ride). Al di là delle battute, Mozart fu per il suo tempo un grande innovatore, un compositore che non aveva paura di rompere gli schemi, di stupire il suo pubblico proprio come ha fatto il rock in anni più vicini a noi.

Che tipo di repertorio mozartiano ritiene più attuale oggi? Quale Mozart dovrebbe essere proposto al pubblico nella sale da concerto?

Non credo che il punto sia quali pezzi suonare ma come suonarli. La musica di Mozart appartiene alla categoria dell’eterno e come tale può e deve essere sempre reinterpretata. A mio parere diventerebbe inattuale nel momento in cui fosse riproposta in modo cristallizzato, sempre uguale a se stessa. Mozart deve restare effervescente come una bottiglia di spumante.

All’interno del K Festival lei ha proposto quattro concerti in cui i musicisti dividono la scena con un attore o un critico e poi propongono programmi che da Mozart si allargano a raggera verso altri orizzonti: da Mendelssohn a Mahler, da De Andrè a Piazzolla. Qual è il filo rosso che li lega?

I quattro programmi inseriti nel festival romano nascono da un esperimento proposto alle università di Padova, Udine e Verona e sono pensati per un pubblico giovane. Volevo focalizzare l’attenzione su alcuni momenti topici nella vita di ciascun essere umano, l’adolescenza e la scoperta delle proprie potenzialità, il rapporto padre-figlio, il rapporto con il potere e l’idea della morte. In Mozart questi momenti topici hanno creato le condizioni per la creazioni di grandi capolavori e questo ne fa il grande genio che tutti riconosciamo ma lo rende allo stesso tempo anche più umano, più vicino a noi, alle prese con i nostri stessi problemi e interrogativi esistenziali. Le colte chiacchierate che precedono il concerto ad opera di esponenti del mondo del teatro e della cultura (Marco Paolini, Erri De Luca, Michele Dall’Ongaro,Philippe Daverio, n.d.r.) centrano l’attenzione del pubblico sul tema proposto, mentre i programmi musicali accostano a un brano di Mozart brani di altri compositori, anche molto lontani da lui nel tempo, che sono però scaturiti dallo stesso momento topico. Il nostro intento è quello di rendere Mozart più umano e meno divino: questo è il nostro modo di celebrarlo.

 

 

 

 

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