“Umano,
più umano e meno divino”. Ecco il modo
di celebrare Mozart che Mario Brunello ha messo in pratica
in occasione dei 250 anni dalla morte del compositore.
Certo, in questo anniversario di concerti in onore mozartiano
ce ne sono miriadi (e a volte, diciamolo, sanno di stantio
e di già visto), ma il K Festival dell’accademia
di Santa Cecilia ha qualcosa che lo rende un po’
speciale, certamente originale. In corso a Roma fino
al 5 ottobre, il Festival pone accanto ad eccellenti
ma prevedibili serate dedicate a composizioni come la
Sinfonia Concertante K364 o il Requiem K 626,
quattro appuntamenti decisamente particolari, ideati
dal violoncellista Mario Brunello: concerti accompagnati
da conversazioni con esperti, critici, attori, una serie
di incontri dal titolo che parla da solo: “Mozart
genio?… da vicino nessuno è normale”.
Musicista di fama internazionale ed effervescente agitatore
culturale, Brunello opera da anni in direzione di un
rinnovamento della forma classica di concerto, firmando
fortunate stagioni come quella ideata per il milanese
Auditorio del San Gottardo nel 2000 dal significativo
titolo Avevamo paura che ci portassero ad un concerto…,
oppure Note di viaggio e Note dipinte per lo stesso
spazio in anni successivi. Il leit motiv di questi progetti
è la trasformazione del concerto di musica classica
in uno spettacolo più complesso e più
coinvolgente per il pubblico, in cui sul palco si alternino
altre figure oltre ai musicisti, in una rete di suggestioni
attorno ad un tema.
Incontro Brunello per parlare di questo nuovo progetto
mozartiano, all’Auditorio di Roma, dopo un’intensa
giornata di prove.
Sembra che quest’anno non si possa proprio
sfuggire alle celebrazioni mozartiane e che sia obbligatorio
per ogni musicista fare in qualche modo i conti con
questo mostro sacro della storia della musica. Qual
è il suo rapporto con Mozart?
Direi intanto che per un violoncellista l’incontro
con Mozart parte da lontano: non c’è infatti
un accesso diretto alla musica di Mozart, come può
averlo un pianista o un violinista che eseguono pezzi
scritti appositamente per il loro strumento ma c’è
un vasto repertorio di musica da camera in cui il violoncello
ricopre parti di rinforzo o di accompagnamento, da comprimario
e non da protagonista. Il vero Mozart si affronta invece
a quattr’occhi, ecco perché posso dire
di averlo riscoperto da quando dirigo (Mario Brunello
ha fondato nel 1994 l’Orchestra d’Archi
Italiana, di cui è direttore, n.d.r.).
Nel dialogo a tu per tu con la partitura ho finalmente
apprezzato e goduto appieno della poliedricità
di sfumature in una scrittura raffinata e geniale come
quella mozartiana, ricca di dettagli, ritmi e accenti
sempre nuovi.
Nell’ampio repertorio mozartiano c’è
un brano che sente particolarmente caro?
Forse la Sinfonia Concertante, che ho diretto per la
prima volta con Gidon Kremer in veste di solista. È
stato un momento molto intenso per me, potrei definirlo
la mia epifania mozartiana.
Come definirebbe invece Mozart?
Lo definirei senz’altro un rocchettaro (ride).
Al di là delle battute, Mozart fu per il suo
tempo un grande innovatore, un compositore che non aveva
paura di rompere gli schemi, di stupire il suo pubblico
proprio come ha fatto il rock in anni più vicini
a noi.
Che tipo di repertorio mozartiano ritiene più
attuale oggi? Quale Mozart dovrebbe essere proposto
al pubblico nella sale da concerto?
Non credo che il punto sia quali pezzi suonare ma come
suonarli. La musica di Mozart appartiene alla categoria
dell’eterno e come tale può e deve essere
sempre reinterpretata. A mio parere diventerebbe inattuale
nel momento in cui fosse riproposta in modo cristallizzato,
sempre uguale a se stessa. Mozart deve restare effervescente
come una bottiglia di spumante.
All’interno del K Festival lei ha proposto
quattro concerti in cui i musicisti dividono la scena
con un attore o un critico e poi propongono programmi
che da Mozart si allargano a raggera verso altri orizzonti:
da Mendelssohn a Mahler, da De Andrè a Piazzolla.
Qual è il filo rosso che li lega?
I quattro programmi inseriti nel festival romano nascono
da un esperimento proposto alle università di
Padova, Udine e Verona e sono pensati per un pubblico
giovane. Volevo focalizzare l’attenzione su alcuni
momenti topici nella vita di ciascun essere umano, l’adolescenza
e la scoperta delle proprie potenzialità, il
rapporto padre-figlio, il rapporto con il potere e l’idea
della morte. In Mozart questi momenti topici hanno creato
le condizioni per la creazioni di grandi capolavori
e questo ne fa il grande genio che tutti riconosciamo
ma lo rende allo stesso tempo anche più umano,
più vicino a noi, alle prese con i nostri stessi
problemi e interrogativi esistenziali. Le colte chiacchierate
che precedono il concerto ad opera di esponenti del
mondo del teatro e della cultura (Marco Paolini, Erri
De Luca, Michele Dall’Ongaro,Philippe Daverio,
n.d.r.) centrano l’attenzione del pubblico
sul tema proposto, mentre i programmi musicali accostano
a un brano di Mozart brani di altri compositori, anche
molto lontani da lui nel tempo, che sono però
scaturiti dallo stesso momento topico. Il nostro intento
è quello di rendere Mozart più umano e
meno divino: questo è il nostro modo di celebrarlo.
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it
|