I libri sono
inutili.
La sentenza viene emessa non solo dai nostri tempi che,
col conforto e col supporto delle tecnologie e delle
innovazioni, permettono che il sapere e le idee viaggino
veloci e impalpabili sulle inconsistenti onde della
materia digitale e dell’etere. Archivi polverosi
e fastidiosi scaffali sono finalmente mandati in congedo
definitivo dalle nuove vie della comunicazione e dell’informazione
che riducono gli spazi, annullano gli ingombri, azzerano
la scomodità in supporti leggeri, volatili e
minuscoli, ma capienti assai più dell’intera
biblioteca di Alessandria. È finita l’era
di tomi e volumi che, letteralmente, non servono più.
Tale verdetto, però, non ha necessariamente
bisogno di guru mediali, di ingegneri elettronici o
del gotha del Mit di Boston per essere pronunciato.
Basta un po’ di buon senso, un piccolo colpo d’occhio
e una buona dose di concretezza, di pragmatismo, di
vocazione alla razionalizzazione degli spazi e delle
nostre attività, siano esse ludiche, professionali
o della più alta caratura culturale. Consideriamo
l’oggetto e al giudizio non potremo scappare.
Salviamo pure del libro il contenuto. Con uno sforzo
di generosità verso i più conservatori
tra gli amanti dello scibile umano, diciamo pure che
il libro conserva ancor’oggi un suo senso poiché
parole e figure che esso contiene rappresentano un’esperienza
unica di confronto tra ciascun individuo e il mondo
che lo circonda, addirittura (all’apice dello
sforzo di generosità) ammettiamo anche che un
libro possa rappresentare un incontro più o meno
proficuo con se stessi, possa contribuire a conoscersi
meglio e a indagare con accresciuta curiosità
tutto quanto ci sta intorno.
Ma pur essendoci spinti al limite ultimo per poter salvare
questo oggetto dall’inutilità, non avremo
influito affatto sulla sentenza, giacché, ammesso
che il libro si voglia leggere, dopo la lettura non
ne rimane che un oggetto inutile, comodo ospizio per
una popolosa comunità di acari (e quindi, in
alcuni casi, da inutile il libro si fa addirittura nemico
della salute, nocivo).
Raccogliere le prove su cui la condanna del libro all’inutilità
si basa rischierebbe di farci accumulare inimmaginabili
quantità di carta e scartoffie buone per gli
scantinati dei tribunali e non certo per una rivista
online.
Ma c’è chi non si arrende, c’è
chi non solo si ostina a voler maneggiare un libro,
ma addirittura arriva fino al punto da perorarne la
causa per convincere noi tutti che la sentenza è
sbagliata ed è necessario ricorrere in appello
perché i libri sono utili assai, e servono più
di quanto la nostra quotidiana distrazione non ci lasci
immaginare.
Tra questi c’è il professor Hugo Viro,
la cui relazione al convegno internazionale “La
tradizione che si rinnova”, svoltosi ad Alessandria
d’Egitto, è stato raccolto in Italia da
Emanuele Bevilacqua e pubblicato (ovviamente) in un
volume dal titolo La biblioteca di Fort Knox.
Mirabilmente, nel suo intervento, il prof Hugo spazza
via luoghi comuni sull’inutilità del libro
e, anziché gingillarsi in paludati dibattiti
sul futuro di tale oggetto, suggerisce all’attenzione
di noi tutti alcuni lampanti esempi di come l’oggetto
in questione contribuisca concretamente a migliorare
la nostra vita quotidiana.
Non starò qui a ripetere passo per passo la
penetrante relazione di Viro, ma accennerò soltanto
ad alcune delle più importanti tra le osservazioni
del professore; prima fra tutte l’incontestabile
dato che la presenza di libri in casa contribuisce a
garantirne la sicurezza da ladri e malintenzionati.
Il dato è empirico: ricerche statistiche dimostrano
che un’abitazione ad alta densità libresca
è pressoché immune da furti. In altre
parole, recenti studi dimostrano che il numero di furti
nelle case diminuisce in maniera consistente con il
crescere del Lime, il numero medio di libri presenti
per ogni metro quadrato di appartamento (tanto per essere
concreti: un Lime pari a 3 – tre libri per metro
quadrato – garantisce con buona sicurezza che
nessun ladro si avvicini a quella casa).
Viro enuncia dettagliatamente e analiticamente altri
14 modi e situazioni della nostra quotidianità,
dall’alimentazione alla difesa personale fino
all’arredamento d’interni, in cui i libri
manifestano tutta la loro utilità concreta e
si dimostrano una risorsa per le nostre vite.
Le parole del professore sono puntualmente accompagnate
da dati incontrovertibili che le difendono da ogni tentativo
di confutazione; Viro, noto studioso della materia,
non lascia falle nelle sue argomentazioni, cosciente
del fatto che il destino del libro non è affatto
uno scherzo e la sentenza che lo condanna non è
per niente definitiva.
Emanuele Bevilacqua
La biblioteca di Fort Knox
ovvero: come salvare i
libri da una fine sicura
Cooper, pag. 72, euro 9
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