Torbidi colori,
sordidi individui. La Los Angeles di James Ellroy è
un giungla in cui crescono storie che si arrampicano
e si attorcigliano intorno alla cronaca più nera
della storia americana.
Gli echi dell’11 settembre, la paranoia anti-islamica,
“cellule dormienti” di fondamentalisti mussulmani
che tramano per colpire distruggere dall’interno
i fulcri dell’immaginario statunitense. Intorno
a questi nodi si tesse la trama di Jungletown Jihad,
ultimo episodio del ciclo poliziesco che vede come protagonista
Rick Jenson, del Lapd (Dipartimento di Polizia di Los
Angeles), poliziotto perennemente sotto inchiesta da
parte dei superiori per la violenza dei suoi metodi
e per la sua inclinazione a premere troppo facilmente
il dito sul grilletto.
Seguiamo Jenson nel suo racconto in prima persona,
lo accompagniamo a caccia di arabi terroristi e di soluzioni
a crimini irrisolti da anni; lui ci mostra le tenebre
di Los Angeles, non solo i quartieri più derelitti,
la Coonville (letteralmente: la città
dei neri) più sporca e degradata della California,
ci mischiamo con lui tra la sporcizia di questi quartieri
e di chi li abita, affrontiamo arabi che vivono nel
sudiciume di cui loro stessi, tanto trasandati e lordi
da avere zecche impigliate nelle barbe, sono immagine.
Con Jenson ci muoviamo tra spettacoli di lapdance
con in mano le foto di vittime e sospetti, in bocca
le domande per trovare testimonianze. Scopriamo con
lui piani terroristici che colpiranno a breve, detective
che vivono di ricatti, un intero sadico circolo di snuff
movies, film pornografici che riprendono dal vivo
morti reali. E allo stesso tempo accompagniamo Jenson
nella passione amorosa e morbosa per Donna Donahue,
la star di Hollywood di cui non può fare a meno,
la donna che ogni volta Rick vuole (deve) proteggere
e riconquistare.
I lettori abituati, e affezionati, a Ellroy troveranno
tra le pagine di questa piccola storia poliziesca tutti
gli ingredienti che caricano la scrittura dei suoi romanzi,
e riconosceranno in queste pagine quel viaggio tra gli
inferi degli uomini, tra manie efferate e violente che
ha segnato la cifra stilistica dell’autore di
American Tabloid.
Ma pur riconoscendo elementi essenziali e ripetitivi
della scrittura di Ellroy, la lettura continua a correre
appassionata, merito di una narrazione concitata e tesa,
come si addice a una crime story, che porta
il lettore ad ansimare tra i pensieri del detective,
a respirare quella stessa puzza di crimine e di vizio
in cui il protagonista si muove. Ogni colore di questa
Los Angeles derelitta, ogni respiro di questa metropoli
infernale, salta fuori, scattoso e nervoso come i movimenti
di Jenson, dalla traduzione di Carlo Prosperi che riesce,
con grande abilita, a ricostruire i mille intarsi di
parole e neologismi.
Non è un caso che i romanzi di colui che è
ormai uno dei maggiori autori di culto americani diventino
film apprezzati; L.A. Confidential premiato
dagli Oscar, Dalia Nera diretto da De Palma
aprirà la Mostra del Cinema di Venezia. Di fronte
alle viscere del cuore umano Ellroy è un maestro:
non ci lascia leggere, ci porta dentro, insieme ai personaggi,
nel mezzo delle scene; queste storie, orribili, ci corrono
davanti agli occhi e noi, piuttosto che chiuderli, li
spalanchiamo e giriamo pagina fino alla soluzione del
caso, fino al prossimo romanzo.
James Ellroy
Jungletown Jihad
traduzione di Carlo Prosperi
Bompiani, 2006, pag. 127, euro 13,00
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it
|