Il paese
che vorrei è molto diverso da quello che mi ritrovo,
ma questo è sempre stato un cruccio di intellettuali
e sognatori fin dai tempi del dolce stil nuovo. Forse
sbagliamo noi e ha ragione Berlusconi che pensa che
i suoi sostenitori siano dei minus habens,
come documenta con grande precisione lo splendido libro
di Alexander Stille, Citizen Berlusconi. Vita e
imprese, uscito fortunatamente prima delle elezioni
così i cani ammaestrati ci risparmiano di dire
che è l’inizio del regime, tanto lo diranno
lo stesso. Io però continuo a credere all’altra
Italia: l’Italia civile di cui parla Bobbio in
un bel libro, e di cui lui era un eccellente rappresentante,
massacrato in questi anni da stolti e furbastri.
So comunque che non è possibile, ma una cosa
la desidero tanto profondamente da provarne quasi un
bisogno doloroso: una informazione libera e plurale.
Primo, credo che vada fatto il reintegro ufficiale
e pubblicamente conclamato di tutti coloro che sono
stati cacciati dall’uomo di Arcore. A cominciare
da Biagi, Santoro, Guzzanti Sabina, Travaglio e a tutti
gli altri desparecidos.
Secondo, nessuna epurazione, ma creazione di un giusto
sistema di redistribuzione degli spazi nel duopolio
(ce sono tanti per tutti) in modo che se voglio posso
sentire Guzzanti (padre), Ferrara, Vespa eccetera che
mi fanno orrore, ma anche Biagi, Bocca, Travaglio, Furio
Colombo, che mi piacciono. E che così valga per
tutti. Ma anche che ci sia una valutazione professionale
delle capacità di personaggi messi lì
dalla Lega, An o altri per puri motivi politici, e che
incespicano nelle loro parole.
Terzo che ci siano telegiornali equilibrati e informativi
e che si cancelli la vergogna del panino, particolarmente
di quelli vomitevoli e indigesti di Tg1 International:
gli italiani all’estero hanno dimostrato di meritare
una informazione al loro livello, non gli scarti. E,
soprattutto, che si ripristini un comune senso del pudore
contro la contraffazione. Voglio dire che il mestiere
del giornalista televisivo non può limitarsi
a quello di reggere un cono gelato: per questo basta
e avanza un tecnico qualsiasi. Il servizio televisivo
o radiofonico non sono un lavoro da servitori. Il giornalista
televisivo o radiofonico è pagato per rappresentarci:
e lì per conto nostro. Di modo che, ogni volta
che un uomo politico o pubblico parla alla radio o in
televisione non può bastare che ci sia una selva
di gelati o pompelmi davanti alla sua faccia o, peggio
ancora, che ci parli dal podietto del padrone, sempre
dall’alto in basso con la versione postmoderna
del balcone. Mano sul bordo del podietto, in posa ridicola
come era ridicola quella del Primo Cavaliere, anche
lui tronfio busto in fuori e mano sul fianco. In ogni
caso ci vuole qualche serio giornalista che ponga le
domande che ognuno di noi vorrebbe porgere se fosse
lì. Per esempio quando Taormina o Previti parlano
di plotone di esecuzione che ci sia qualcuno che faccia
notare che la Cassazione non è la Gpu e che Previti,
qualche birbonata, a cominciare dalla confessata evasione
fiscale, l’ha fatta. E poi non sarebbe male che
ogni volta che i Berlusconi parlano di giustizia sommaria
eccetera ci fosse qualcuno lì sul posto che “non
faremo prigionieri” l’ha inventato Previti.
E faccio solo il più fresco di una serie di esempi
lunga chilometri, che vale anche per i politici della
sinistra, anche se a questi negli ultimi anni le contestazioni
non sono mancate, come può documentare una visione
di qualsiasi Porta a Porta.
Non so se la televisione faccia male, come personalmente
sospetto, so che così come è stata usata
dal Berlusconismo, è stata veramente una pessima
maestra e ha introdotto una devastazione del gusto e
del discorso pubblico incommensurabile e, purtroppo,
non percepibile da chi ne è vittima. Non si può
imporre nessuna censura, ma una deontologia professionale
sì. Ci sarà pure modo di stabilire delle
regole. E poi come si fa con tutte le sostanze tossiche
una parallela educazione sui pericoli della televisione
e segnali imbrogli e i trucchi che vengono utilizzati.
La critica televisiva non dovrebbe essere diversa dalla
critica letteraria o da quella artistica, che oltre
a dire se il romanzo o il quadro sono belli o brutti
spiegano come l’autore è arrivato a quel
risultato.
In ogni caso l’informazione non può essere
lasciata al mercato selvaggio e al monopolista che poi
diventa anche regolatore. Capisco che il proprietario
del Milan vorrebbe sempre giocare in casa e magari fare
anche l’arbitro ( o comperarlo) come pretende
di fare con l’Italia, ma poi i tifosi del Milan
si divertirebbero davvero?
Alexander Stille
Citizen Berlusconi.
Vita e imprese,
Garzanti Milano, 2006, euro 15,00
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