È
uscito per i tipi di Carocci Lo sguardo cosmopolita,
l’ultimo libro di Ulrich Beck, il pensatore della
modernità riflessiva (o “Seconda modernità”),
il sociologo della Risikogesellschaft che ci
ha raccontato meglio di chiunque altro quanto Chernobyl
e la minaccia ambientale globalizzata abbiano cambiato
le nostre vite, il docente della London School of Economics
e della Ludwig Maximilian Universität di Monaco
che ha consigliato agli esordi il governo rosso-verde
di Gerhard Schröder e Joschka Fischer.
Beck muove i suoi passi a partire da una riconsiderazione
del significato della categoria concettuale cui ha dedicato
una porzione considerevole della sua opera sino ad oggi,
il cosmopolitismo, a proposito del quale evidenzia la
genealogia e l’evoluzione nei termini di un’idea
razionale piuttosto controversa, sin dalle sue origini
nella Grecia classica, passando per il conflitto con
la nozione di patriottismo, per giungere infine al Secolo
breve, nel corso del quale i totalitarismi nazista e
sovietico hanno giocato sulle ambiguità costitutive
dell’ideologia cosmopolita allorché perpetuavano
i loro massacri. Si tratta del segnale più evidente
di una revisione e di un ripensamento in corso ad opera
dello stesso Beck, passato (come emerge con sempre maggiore
chiarezza nei due precedenti volumi usciti in italiano,
L'era dell'e e La società globale
del rischio) dall'esaltazione tout court
di quella che ha definito la "modernizzazione riflessiva"
a un atteggiamento sempre più critico invocante
correttivi e raddrizzamenti di rotta – in primis
l’elaborazione di una politica effettivamente
globale a fronte delle meschinità antropologiche
e delle rigidità strutturali del Vecchio ordine.
In un mondo sempre più incline a “securizzarsi”
e a rinserrarsi in anacronistiche forme di nazionalismo
o patriottismo delle frontiere, nel quale vengono messe
a repentaglio quelle fondamentali conquiste della civiltà
occidentale – di cui siamo figli – che rispondono
al nome di diritti civili e libertà personali
e in un pianeta dove l’interdipendenza rappresenta
una straordinaria risorsa, ma anche un grande ricettacolo
di rischi (dalla crisi ecologica al terrorismo globalizzato),
l’antidoto consiste, necessariamente, nello sguardo
cosmopolita, con la sua carica di disillusione, ironia
(e autoironia) e scetticismo. Il cosmopolita autentico,
quello studiato e caldeggiato da Beck, ci pare quasi
l’erede della grande tradizione scettica e “pirroniana”,
aggiornata all’età globale e alla società
delle reti. Lo Stato nazionale arranca di fronte ai
nuovi, continui conflitti che fioriscono rigogliosi,
mentre l’opinione pubblica progressista ricerca
con insistenza delle alternative. E, allora, se il cosmopolitismo
non è, di per sé perfetto, di là
passa la via per emancipare definitivamente l’Europa
dalle “spirali” della postmodernità,
recuperando quel progetto illuministico e sviluppando
quell’”apertura radicale” che costituiscono
il senso più autentico e auspicabile dell’avventura
europea. Il realismo cosmopolita è una realtà
e non un’utopia, senza la quale l’Occidente
va alla deriva e perde la sua funzione fondamentale,
che non consiste nella cosiddetta “missione civilizzatrice”
invocata dagli Stati Uniti di Bush jr., ma nel rimboccarsi
le maniche per costruire un mondo migliore, più
solidale e sicuro per tutti.
Eppure, questo rimane il libro più problematico
sinora letto del sociologo tedesco (e, lui sì,
davvero, cosmopolita); un testo denso di interrogativi
e che cerca di rimettere ulteriormente in discussione
le poche certezze che ci eravamo faticosamente costruite
all’interno di quest’epoca della globalizzazione.
La guerra può anche essere pace (come nel caso
dell’interventismo umanitario), ma introduce necessariamente
una cesura tra popoli e nazioni (un’eredità
del passato, che sopravvive in questi tempi globalizzati…)
che trovano o meno negli human rights un ambito
essenziale della loro visione del mondo. Questo e altri
cortocircuiti della nostra esperienza quotidiana –
non di rado drammatica – nella contemporaneità
rendono indispensabile, per l’appunto, lo sguardo
cosmopolita. Sono lontani i tempi delle sorti “magnifiche
e progressive” della Terza, di una cui variante
(ovviamente sofisticata) Beck era stato apprezzato e
riconosciuto “ideologo”. Oggi, come scrive,
lo “sguardo cosmopolita significa che in un mondo
di crisi globali e di pericoli generati dalla civiltà
le vecchie distinzioni tra dentro e fuori, nazionale
e internazionale, noi e gli altri perdono il loro carattere
vincolante, e che per sopravvivere c’è
bisogno di un nuovo realismo, un realismo cosmopolita”.
The Times are changing anche per il nostro
Beck, come avrebbe cantato qualcuno, in un’altra
stagione…
Ulrich Beck
Lo sguardo cosmopolita
Carocci, pp. 262, euro 18,00
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