Marco Bellocchio
in Buongiorno, notte si ribellava alla storia.
Un duro e commovente schiaffo alla realtà che
Roberto Herlitzka, alias Aldo Moro, compiva con quei
quattro passi in una mattina di pioggia, nel finale
doppio e aperto. Nel Regista di matrimoni c’è
invece un’altra ribellione alla storia, quella
al tempo stabilito, al destino e agli abituali percorsi
temporali filmici. Il regista festeggia così
i suoi quaranta anni da I pugni in tasca, con
un’opera vitale, visionaria e felice, feconda
di riflessioni, che fa della tecnica un prisma di visioni.
Il maestro Franco Elica (Sergio Castellitto) è
alla ricerca delle due protagoniste per il suo film
su ‘I Promessi Sposi’, Lucia e la Monaca
di Monza, proprio mentre sua figlia è appena
convolata a nozze. Alle difficoltà della produzione
si aggiunge un’infamante accusa di violenza carnale
che lo porta ad abbandonare il lavoro e a perdersi in
Sicilia. Ma il plot ha un potere limitato in questa
opera di Bellocchio, egli stesso ha ammesso di essere
voluto andare oltre la struttura drammaturgicamente
classica. “Non mi interessava creare un plot dove
tutto ha la sua ragione”, dice, e infatti sono
le atmosfere create dal sapiente uso della macchina
da presa, dai 35mm fino alle vibranti immagini girate
con la telecamera digitale, a costruire, insieme agli
incalzanti temi musicali, questa vicenda che parla ai
sensi più che spiegare con le parole.
Bellocchio fa del protagonista un avventuriero inconsapevole,
recuperando, anche con la scelta dell’attore protagonista,
Sergio Castellitto in grande forma, quella sorpresa
davanti alla vita, quella voglia di ridiscutere intimamente
l’esistenza che sono state caratteristiche del
personaggio di Ernesto Picciafuoco nel precedente L’ora
di religione. E la realtà nella narrazione
così si trasforma; dalla parola usata poeticamente
per evocare verità misteriose – basti ad
esempio il più volte ripetuto “In Italia
comandano i morti” – alla Sicilia, territorio
che Bellocchio coglie nelle luci meridiane e nelle oscurità,
nel suggestivo potere dei giochi dell’arte barocca.
L’isola diventa una lanterna magica in cui è
disegnata una storia antica come il mondo e contemporanea.
C’è una bellissima principessa, Bona Gravina
di Palagonia – Donatella Finocchiaro bella e sensuale
– che vive in un antico palazzo dove le lancette
degli orologi si sono fermate, reclusa da suo padre,
il principe Ferdinando, un Samy Frey dall’eleganza
affilata e sottile. C’è un matrimonio d’interesse
e c’è questo regista-eroe innamorato che,
come Orfeo con il canto ammansisce le bestie, con il
tedesco rende docili due rottweiler. Si parla a ragione
di realismo magico per questo film ricco di seduzioni,
colto e ironico che si apre anche a discorsi sul cinema
e sul ruolo dell’artista. “L’artista
è un idiota che però vede ciò che
gli altri non vedono”, dice Bellocchio, e trae
ispirazione dal principe Myskin di Dostoevskij, dal
Il gabbiano di Cechov, mentre per la musica
in volata passa da Pietro Mascagni a Erik Satie. Si
incontrano ancora i motivi fondanti della poetica del
regista: la religione, la famiglia, le donne. “E’
chiaro che affermare il proprio ateismo è fuori
moda. Parto sempre dall’autoriconoscimento di
non essere credente”, dice, e da qui nel tumulto
delle sue immagini si ritrovano matrimoni apocalittici,
croci pirotecniche, omicidi in chiesa, processioni dell’addolorata
e Cristi deposti, e conventi di clausura, perché
Bellocchio coglie del rito che evoca il soprannaturale
soprattutto l’immaginario surreale, mentre della
sacralità dei luoghi fa scenari della storia.
La difficoltà con le donne è ammessa in
questi personaggi femminili sfuggenti, enigmatici e
dagli ambigui fini, e l’amore è nel romanticismo
dei baci rubati. In questo immaginario si innesta anche
una riflessione sull’immagine e sul cinema italiano.
Tre i registi nell’opera: il maestro Elica che
abbandona la finzione del film sull’opera manzoniana
per intraprendere il viaggio nel mistero e la magia
del reale, il ‘regista di matrimoni’ Enzo
Baiocco che traghetta l’artista verso la realtà
sperando di imparare a sua volta un nuovo modo per rappresentarla,
il personaggio di Smamma, regista che si finge morto
per vincere il più importante premio cinematografico
italiano, voce della notte che dispensa lezioni dal
suo disperato limbo sul mare.
“Dopo quarant’anni che scrivo fiction,
dopo aver esplorato varie strade e compiuto esperimenti
diversi, è venuta l’ora che io cerchi una
definizione complessiva per il mio lavoro; proporrei
questa: la mia operazione è stata il più
delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere
peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora
alle città; soprattutto ho cercato di togliere
peso alla struttura del racconto e al linguaggio”
scriveva Calvino nelle Lezioni americane, e
in questa volontà di leggerezza Bellocchio nelle
immagini lo incontra.
Il regista di matrimoni
Regia: Marco Bellocchio
Con: Sergio Castellitto, Donatella Finocchiaro, Sami
Frey, Gianni Cavina, Maurizio Donadoni, Bruno Cariello,
Simona Nobili
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