299 - 12.05.06


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Magico il realismo di Bellocchio

Alessandro Russo



Marco Bellocchio in Buongiorno, notte si ribellava alla storia. Un duro e commovente schiaffo alla realtà che Roberto Herlitzka, alias Aldo Moro, compiva con quei quattro passi in una mattina di pioggia, nel finale doppio e aperto. Nel Regista di matrimoni c’è invece un’altra ribellione alla storia, quella al tempo stabilito, al destino e agli abituali percorsi temporali filmici. Il regista festeggia così i suoi quaranta anni da I pugni in tasca, con un’opera vitale, visionaria e felice, feconda di riflessioni, che fa della tecnica un prisma di visioni. Il maestro Franco Elica (Sergio Castellitto) è alla ricerca delle due protagoniste per il suo film su ‘I Promessi Sposi’, Lucia e la Monaca di Monza, proprio mentre sua figlia è appena convolata a nozze. Alle difficoltà della produzione si aggiunge un’infamante accusa di violenza carnale che lo porta ad abbandonare il lavoro e a perdersi in Sicilia. Ma il plot ha un potere limitato in questa opera di Bellocchio, egli stesso ha ammesso di essere voluto andare oltre la struttura drammaturgicamente classica. “Non mi interessava creare un plot dove tutto ha la sua ragione”, dice, e infatti sono le atmosfere create dal sapiente uso della macchina da presa, dai 35mm fino alle vibranti immagini girate con la telecamera digitale, a costruire, insieme agli incalzanti temi musicali, questa vicenda che parla ai sensi più che spiegare con le parole.

Bellocchio fa del protagonista un avventuriero inconsapevole, recuperando, anche con la scelta dell’attore protagonista, Sergio Castellitto in grande forma, quella sorpresa davanti alla vita, quella voglia di ridiscutere intimamente l’esistenza che sono state caratteristiche del personaggio di Ernesto Picciafuoco nel precedente L’ora di religione. E la realtà nella narrazione così si trasforma; dalla parola usata poeticamente per evocare verità misteriose – basti ad esempio il più volte ripetuto “In Italia comandano i morti” – alla Sicilia, territorio che Bellocchio coglie nelle luci meridiane e nelle oscurità, nel suggestivo potere dei giochi dell’arte barocca. L’isola diventa una lanterna magica in cui è disegnata una storia antica come il mondo e contemporanea.

C’è una bellissima principessa, Bona Gravina di Palagonia – Donatella Finocchiaro bella e sensuale – che vive in un antico palazzo dove le lancette degli orologi si sono fermate, reclusa da suo padre, il principe Ferdinando, un Samy Frey dall’eleganza affilata e sottile. C’è un matrimonio d’interesse e c’è questo regista-eroe innamorato che, come Orfeo con il canto ammansisce le bestie, con il tedesco rende docili due rottweiler. Si parla a ragione di realismo magico per questo film ricco di seduzioni, colto e ironico che si apre anche a discorsi sul cinema e sul ruolo dell’artista. “L’artista è un idiota che però vede ciò che gli altri non vedono”, dice Bellocchio, e trae ispirazione dal principe Myskin di Dostoevskij, dal Il gabbiano di Cechov, mentre per la musica in volata passa da Pietro Mascagni a Erik Satie. Si incontrano ancora i motivi fondanti della poetica del regista: la religione, la famiglia, le donne. “E’ chiaro che affermare il proprio ateismo è fuori moda. Parto sempre dall’autoriconoscimento di non essere credente”, dice, e da qui nel tumulto delle sue immagini si ritrovano matrimoni apocalittici, croci pirotecniche, omicidi in chiesa, processioni dell’addolorata e Cristi deposti, e conventi di clausura, perché Bellocchio coglie del rito che evoca il soprannaturale soprattutto l’immaginario surreale, mentre della sacralità dei luoghi fa scenari della storia. La difficoltà con le donne è ammessa in questi personaggi femminili sfuggenti, enigmatici e dagli ambigui fini, e l’amore è nel romanticismo dei baci rubati. In questo immaginario si innesta anche una riflessione sull’immagine e sul cinema italiano.

Tre i registi nell’opera: il maestro Elica che abbandona la finzione del film sull’opera manzoniana per intraprendere il viaggio nel mistero e la magia del reale, il ‘regista di matrimoni’ Enzo Baiocco che traghetta l’artista verso la realtà sperando di imparare a sua volta un nuovo modo per rappresentarla, il personaggio di Smamma, regista che si finge morto per vincere il più importante premio cinematografico italiano, voce della notte che dispensa lezioni dal suo disperato limbo sul mare.
“Dopo quarant’anni che scrivo fiction, dopo aver esplorato varie strade e compiuto esperimenti diversi, è venuta l’ora che io cerchi una definizione complessiva per il mio lavoro; proporrei questa: la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio” scriveva Calvino nelle Lezioni americane, e in questa volontà di leggerezza Bellocchio nelle immagini lo incontra.


Il regista di matrimoni
Regia: Marco Bellocchio
Con: Sergio Castellitto, Donatella Finocchiaro, Sami Frey, Gianni Cavina, Maurizio Donadoni, Bruno Cariello, Simona Nobili


 

 

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