Narrazione
e documento, esotismo e mistero si fondono insieme negli
storici scatti in bianco e nero della mostra La
crociera nera, a cura di Maria Mancini, in scena
a Roma presso la Società Geografica Italiana
(Palazzetto Mattei, Villa Celimontana) dall’8
aprile al 7 maggio, inserita nell’ambito del festival
internazionale FotoGrafia. Sono una settantina
le immagini destinate a ricostruire il senso di un’avventura
straordinaria, quella di Andrè Citroen, l’emergente
tycoon dell’automobile, che guidò dall’ottobre
1924 al luglio 1925 la prima spedizione automobilistica
attraverso il cuore selvaggio del continente nero a
bordo di otto veicoli cingolati. Obiettivo? Dimostrare
la superiorità dell’automobile sull’aereo,
collegare le colonie francesi dall’Algeria al
Madagascar con un viaggio inedito che coinvolse oltre
a nove meccanici, un ingegnere ed un comandante, pure
un pittore, un medico e soprattutto un regista, Leon
Poirier, che realizzò il giornale “cinegrafico”
(nella mostra è prevista la visione di venti
minuti del filmato), grazie all’aiuto dell’operatore
Georges Spech. Frutto della collaborazione tra i due:
27.000 metri di pellicole e 8.000 foto, riprova non
solo del desiderio di gloria, ma anche del desiderio
di conoscenza scientifica, artistica ed antropologica
volto a documentare luoghi e popoli ancora immersi,
nell’immaginario collettivo degli anni ’20
del Novecento, in un fascino misterioso.
Un fascino che non lascia indifferente il visitatore
di questa mostra. Non solo per i paesaggi ancora oggi,
all’occhio dell’occidentale contemporaneo,
ineguagliabili, come la cascata M’Bali. Né
soltanto per i villaggi o le scene di caccia con leoni
ed ippopotami-trofei, immortalati in una dimensione
rarefatta di passato perduto per sempre. A colpire l’attenzione
sono subito, e soprattutto, i ritratti. E, nello specifico,
i ritratti femminili: non si può che rimanere
impigliati nei volti di donne lontane nel tempo e nello
spazio, avvicinate in una selezione di scatti che unisce
popoli e paesi diversi (dal Niger al Ciad, dal Congo
allo Zambia) con l’effetto di annullare ogni distanza,
compresa quella tra fotografia e visitatore. Diffidenza,
pudore e orgoglio segnano le espressioni di questi volti
che osservano, rimanendo estranei, la macchina fotografica
che intende invece coglierne l’anima. Una fra
tutte, la “donna Targui a Tessalit (Mali)”,
il cui viso, rivolto in basso quasi per sfuggire all’indiscrezione
dell’uomo esploratore, è immortalata isolata
e chiusa nel suo mantello. Il repertorio della mostra
regala però anche altre sfumature delle donne
africane incontrate dalla spedizione che, secondo le
cronache, s’imbatté in popolazioni ancora
sconosciute come i Sara. In alcuni casi a prevalere
è, infatti, una sorta di superiore indifferenza,
al limite della sfida, evidente in “Nobasodrou,
donna Mangbetu” e nella donna Logo a Faradje.
Ed emerge, sia pure con minore prepotenza e dunque con
maggiore fascino, anche la sottile vena di una sensualità
profonda quanto inconsapevole, resa con perizia nelle
fotografie della donna Toubou (Niger) e della donna
Mangbetu di Tuba.
Molto diversa invece la galleria dei ritratti maschili,
pressocché tutti sotto il segno della fierezza
e della virilità esibita. Spiccano i ritratti,
quasi celebrativi, di Arungura, capo Mangbetu e di Gaba,
cacciatore Sara. Oppure del cacciatore armato di lancia
del villaggio di Vogpo o di Luhao, capo Wagénia.
Un’aria indiscutibile di padronanza ed inavvicinabilità
che viene però smentita, fino ad arrivare alla
soggezione ed all’esclusione, dalle immagini in
cui ruba la scena a cacciatori e capitribù l’uomo
bianco. Nella sua divisa da esploratore dai toni chiari,
vestito di tutto punto, l’esploratore toglie vigore
all’esplorato. Danno quest’impressione due
scene di caccia, quella al leone ad Am-Dafok e soprattutto
quella all’ippopotamo nello stagno di Ouandja:
i due uomini “bianchi” esibiscono la vittoria
sugli animali mentre un gruppo di nativi rimane in disparte.
Sulla stessa linea anche l’incontro tra la spedizione
ed i cacciatori alle falde del Kilimangiaro. Una fotografia,
quest’ultima, piena di suggestione grazie all’abilità
con cui è colto lo sguardo di uno dei tre cacciatori.
Rivolto indietro, osserva l’obiettivo alle sue
spalle mentre due vetture trasportano la tecnologia
europea dei primi decenni del secolo scorso al centro
di un paesaggio ancora incontaminato, raggiungendo così
un singolare effetto straniante.
La Crociera Nera
Roma, Società Geografica Italiana
Palazzetto Mattei, Villa Celimontana
Via della Navicella, 12
8 aprile - 7 maggio 2006
Ingresso libero
Orario 10,30-18,30
Chiuso il 16 aprile
Per informazioni: tel. 06/7008279
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