Tre ragazzi
? Kathy, Tommy e Ruth ? crescono in un singolare collegio
inglese fra adolescenti che, come loro, non hanno famiglia.
Ma non si tratta di semplici orfani; anche se il libro
all’inizio non lo dice, ci troviamo di fronte
a un gruppo di cloni: di esseri viventi fabbricati per
procurare organi agli umani. Questo infatti sarà
il destino non solo dei tre amici, ma pure di tutti
quanti gli studenti del collegio una volta fattisi adulti:
donare senza limite alcuno parti del loro corpo
in una serie di operazioni che inevitabilmente finirà
per ucciderli.
Questa, in brevissima sintesi, la trama di Non
lasciarmi: intenso testo narrativo del giapponese
Kazuo Ishiguro (l’autore de Quel che resta
del giorno, da cui è stato tratto il noto
film omonimo interpretato da Anthony Hopkins ed Emma
Thompson), assolutamente non fantascientifico né
truculento, quanto semmai rubricabile all’insegna
del romanzo di formazione sentimentale o ? se vogliamo
? a quella di un’inedita, delicatissima storia
d’amore.
Romanzo psicologico, quindi, dai toni allusivi e dalle
atmosfere soffuse; tutto giocato sui dialoghi (anche
interiori) dei personaggi principali e sull’ambientazione
che privilegia i tenui pastelli della campagna inglese
o i chiaroscuri interni delle chiuse istituzioni cui
sono costretti i più o meno inconsapevoli cloni.
Sì, perché questa è la carta vincente
dell’eccentrico racconto di Ishiguro: far rimanere
col fiato sospeso il lettore sino all’ultimo non
solo riguardo alle sorti dei tre protagonisti ? via
via sempre più consapevoli del loro stato di
vittime sacrificali ? ma anche rispetto alla possibilità
o meno di una loro ribellione contro l’utopia
rovesciata che li ha costretti al ruolo atroce di pezzi
di ricambio per umani assetati d’immortalità
a buon mercato.
Fin dall’inizio di questa vicenda, nemmen troppo
surreale in effetti, Kathy, Tommy e Ruth si rendono
conto che non tutto nel loro collegio è trasparente
e normale come vorrebbero far intendere i “tutori”.
Si susseguono strani e inquietanti accadimenti, gli
insegnati non riescono a nascondere il senso di disagio
che provano di fronte agli studenti, che iniziano ben
presto a comprendere “di essere diversi dai tutori,
e anche dalle persone normali del mondo di fuori”.
Ma principalmente di una cosa sono certi i ragazzi:
li attende un compito futuro del tutto altro da quello
cui saranno destinati gli altri coetanei, anche se ai
cloni non è esattamente chiaro in cosa consisterà
il contributo, l’oblazione richiesta loro.
Così i nostri protagonisti con il trascorrere
degli anni maturano una consapevolezza dolorosa, cui
però sembra si rassegnino con un’accettazione
acritica. Nel frattempo, divenendo adolescenti iniziano
le loro prime esperienze amorose (nei collegi per donatori
c’è molta libertà sessuale, anche
perché sono sterili), ma non c’è
gioia in quei rapporti o almeno essa non traspare. Ruth
sta con Tommy ma questi, forse senza nemmeno esserne
cosciente, è da sempre invaghito di Kathy che
finirà per assecondarlo. E comunque tutti fanno
sesso scambiandolo troppo spesso per sentimento, anche
perché una leggenda circola tra gli studenti:
chi è davvero innamorato potrà rinviare
di qualche anno le donazioni, meta cruciale per ogni
clone.
Ma nulla varrà a mutare il destino segnato delle
giovani cavie, come nulla accadrà di eclatante
in questo romanzo fatto di sfumature, sogni dolce-amari,
nostalgie, interrogazioni sul significato dell’esistere
e senso di impotenza nei confronti di una precarietà
– quella dei cloni in primis –
che però si potrebbe leggere come metafora della
finitudine cui tutti siamo votati. Nessuno si salva,
allora, dei tre giovani ma c’è da parte
loro quasi una conciliazione nei confronti del proprio
destino, una volta che essi saranno posti di fronte
alla loro realtà di morituri. Conciliazione/accettazione
che a mio avviso va ben oltre la vicenda di Kathy, Tommy
e Ruth e parla degli umani tutti, al di là di
ogni hybris, di ogni tracotanza del voler perpetuare
ad ogni costo la propria vita.
Come con Quel che resta del giorno, Ishiguro
ci consegna un gran bel romanzo: una narrazione/riflessione
meditativa, commovente e un po’ triste intorno
alla fragilità/precarietà umana e al valore
dei sentimenti: ponti o tramiti che forse sono i soli
a consentirci di uscire dall’isolamento del nostro
essere monadi egoiche di questa postmodernità
affollata di fin troppe solitudini.
Kazuo Ishiguro,
Non lasciarmi,
Einaudi, pp. 291, € 17,50
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