Esiste uno
specifico genio femminile? E se esiste, in che cosa
consiste? A questa domanda cerca di dare una risposta
Julia Kristeva, la scrittrice, semiologa e psicanalista
bulgara che proprio alla genialità al femminile
ha dedicato una trilogia pubblicata da Donzelli, che
è iniziata con un ritratto della scrittrice francese
Colette e che prosegue ora con una biografia della filosofa
e politologa Hanna Arendt, per concludersi, in un prossimo
futuro con il profilo della psicanalista Melanie Klein.
"Due ebree di lingua tedesca che hanno esplorato
in inglese, a New York e a Londra, la gravità
della politica e le frontiere dell'umano; e una contadina
francese che ravviva la fiamma dei materialisti e del
libertinaggio sofisticato", le descrive Kristeva.
"I molti volti dei Tempi moderni ci vengono restituiti
dal loro genio, nella loro complessità e nelle
loro verità complementari".
"Il genio è un'invenzione terapeutica che
ci impedisce di morire di eguaglianza in un mondo privo
di aldilà", scrive Kristeva, lei stessa
degna rappresentante della capacità "alta"
del pensiero femminile. E, da donna, qualche riga più
in là aggiunge che tuttavia "la vita si
giustifica in modo più umile", rifiutandosi,
nel modo olistico che hanno le donne, di tracciare un
divisorio fra vita e pensiero, sentimento e razionalità,
che collochi l'una in una categoria superiore rispetto
all'altro. Perché il genio femminile, secondo
Kristeva, sta proprio nella compenetrazione dei vari
aspetti della vita, di cui il pensiero razionale è
solo una parte, e non necessariamente la più
nobile.
Così, nel raccontare Hannah Arendt (che indubbiamente
con il pensiero razionale ci sapeva fare), non crea
cesure fra i suoi scritti e la sua personalità,
ricordando che, per la Arendt, l'oggetto di studio era
e sarebbe sempre rimasto proprio la vita nella sua totalità,
non scorporabile (e uso il termine non a caso, perché
della corporeità soprattutto una donna non può
fare a meno, quando si appresta a conoscere e a comunicare),
perché "la vita della giovane filosofa si
confonde con la storia del suo popolo e dei popoli del
XX secolo, senza comunque che Hannah smetta di condurre
un'esistenza di donna che prova desideri e che racconta
le sue passioni".
Per questo, ai testi politici sull'antisemitismo e
il totalitarismo che resero celebre l'autrice, si alternano
senza soluzione di continuità altri suoi scritti
assai più personali. Perché "Hannah
Arendt non si riduce alla 'banalità del male'
e al 'processo Eichmann', o all'identificazione fra
nazismo e stalinismo", impedendo "di vedere
insiemi assai più attraenti, ma anche pericolosamente
più complessi".
“In particolare, Kristeva punta il suo interesse
sul legame fra Arendt e la lingua, che è sempre
la lingua materna", ha detto Nadia Fusini nel corso
della presentazione di questo secondo volume del trittico
sul genio femminile, "nel tentativo di rompere
con una certa immagine della lingua femminile che la
cultura imponeva. Hannah, che si difese da ogni identificazione
dichiarando sempre di aver fatto solo quello che desiderava
fare, ha cercato in tutta la sua opera di ricostruire
la vita delle parole, anzi, una vita che si è
fatta parola".
"Nessuno ignora che le donne ereditano dalla loro
osmosi con la specie, che le distingue radicalmente
dagli uomini, rilevanti difficoltà a manifestare
il loro genio", osserva Kristeva. Ma nessuna delle
tre protagoniste raccontate nel trittico pensato da
Julia Kristeva lascia che questo impedisca loro di rivelarsi
geniali. "Non proprio escluse, non proprio marginali,
Arendt, Klein e Colette sono però fuori dal coro",
scrive ancora l'autrice bulgara. "Realizzano la
loro libertà di esploratrici fuori dalle correnti
dominanti, dalle istituzioni, dai partiti e dalle scuole".
E il compito è semplicemente (sic) quello di
"ricostruire la particolarità di ciascuna".
Julia Kristeva
Hannah Arendt - La vita, le parole
Collezione Il genio femminile
Donzelli Editore
Pagg. 296 Euro 23,00
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