Chiedetegli
cosa è l’Europa, e lui vi risponderà
che è “una casa comune la cui architettura
è piuttosto brillante, un vero mix di epoche
e stili che avrebbe potuto progettare un super-Gaudì:
un mucchio di livelli, strati e sgabuzzini, ali mansarde,
facciate, balconi, torri e terrazze”.
Così Yuri Andruchowytsch, uno tra i maggiori
scrittori ucraini, raccontava l’Europa a Transeuropaexpress,
la manifestazione che riunisce ogni anno a Roma intellettuali
europei. La sua scrittura è fatta di metafore
e di ossimori, gira intorno alle parole con voli di
immaginazione, ma lo abbiamo cercato per chiedergli
un’opinione concreta: un commento sulle ultime
elezioni ucraine. La Rivoluzione Arancione del dicembre
2004 è ancora nell’aria, eppure il partito
filorusso di Yanukovych ha la maggioranza relativa,
e Yushenko, che guidava quella rivoluzione, ha perso
molti voti. Lo scrittore non si scompone e placidamente
ci dice: “Non vedo grandi cambiamenti”.
Le sue parole non sembrano dare molto peso
al risultato del partito filo russo di Yanukovych. È
così?
I tre partiti “arancioni” che nel 2004
erano a Maidan insieme e condussero la rivoluzione,
sono usciti dalle urne con circa il 47% dei voti, sommando
il 25 della Tymoshenko, il 15 di Ucraina Nostra e il
7 dei socialisti. Credo che formeranno una maggioranza
parlamentare per il nuovo governo, mentre il partito
di Yanukovych (con circa il 30% delle preferenze) rimarrà
all’opposizione. È vero, Yanukovych ha
raggiunto il miglior risultato delle elezioni, considerando
i singoli partiti, ma non può aggregare una maggioranza.
In più è da notare che il 70% della popolazione
ucraina è ancora contro di lui, quindi non direi
proprio che si possa parlare di una rivincita. Ma la
cosa più importante, il vero risultato positivo
di queste elezioni sta nel fatto che si sono svolte
in piene condizioni di democrazia e libertà,
in maniera pacifica, e credo sia la prima volta dal
1994.
L’Ucraina degli ultimi quindici anni
ha vissuto grandissimi cambiamenti, il dissolvimento
dell’Urss, le storiche elezioni del 2004. In tutti
questi mutamenti, come si possono descrivere i sentimenti
ucraini verso l’Europa?
Gli eventi politici e sociali accaduti alla fine del
2004 non furono solo un’elezione politica, ma
una vera e propria rivoluzione, e innanzitutto una rivoluzione
che ha avuto luogo nelle menti della popolazione ucraina,
una rivoluzione dell’inconscio; si è visto
molto bene, allora, come la società ucraina fosse
divisa per molti aspetti, come ad esempio quelli regionali
per cui la parte orientale del paese è tradizionalmente
incline a una politica filo-russa, non si può
che è anti-europea, ma dimostra una sorta di
euro scetticismo. L’Ucraina occidentale e centrale,
compresa la capitale Kiev, è invece popolata
da veri e propri cittadini europei; sono scesi in piazza
e sono rimasti a manifestare per sedici giorni e sedici
notti contro il vecchio potere politico che voleva privarli
di un futuro europeo, ma loro hanno cercato di proteggere
la possibilità di andare incontro al proprio
futuro e cioè di andare incontro all’Europa.
Non è stata una rivoluzione nel senso violento
del termine, non è stata una battaglia a favore
di personalità politiche come Yushenko o Timoshenko;
è stata una rivoluzione che si è rivolta
al futuro e alla possibilità, che la popolazione
ucraina ha fortemente voluto, di vederlo garantito e
di andargli incontro. Oggi la società è
divisa più o meno a metà tra queste due
opportunità diverse di sviluppo, per me si tratta
di un palcoscenico molto interessante per la mia scrittura
e per trarre alcune conclusioni. La prima di queste
è che i più giovani, le persone che sono
più secolarizzate, le persone a cui questo futuro
appartiene più che ad ogni altro, sono molto
favorevoli all’Europa. Le generazioni più
anziane sono più conservatrici, non credono affatto
nell’idea che ci sia una possibilità di
avere un’Ucraina europea.
Per descrivere l’Europa l’ha immaginata
come “una casa comune progettata da un super-Gaudì”.
Per trovare il centro dell’Europa, lei ha suggerito
di cercarlo lungo i suoi confini. Per guardarla e capirla
ha assunto il punto di vista di un uccello e di una
rana, per guardarla dall’alto e dal basso. Nella
sua scrittura l’Europa prende sempre la forma
di una metafora, a volte di un ossimoro. Perché?
Sto sviluppando un modo di scrivere che si definisce
con il termine “geopoetica”, in opposizione
alla geopolitica. Ad esempio sto provando a descivere
l’Europa, innanzitutto, attraverso metafore e
figure retoriche. Trovo che, tra queste, l’ossimoro
sia perfetto per la nostra realtà; il nostro
mondo è intriso di contraddizioni e l’ossimoro
ci aiuta a scovarle e a leggere più in profondità.
Prenda il mio caso. Sono uno scrittore ucraino, vengo
da un paese che sta oltre i confini dell’Unione
europea; il solo modo che abbiamo per metterci di fronte
all’idea di essere europei, al momento, è
l’immaginazione, il gioco. Il mio tentativo, allora
è quello di giocare con la geografia. Questa
è una disciplina molto precisa, ha le sue regole,
i suoi termini, ma allo stesso tempo è qualcosa
di molto poetico, è piena di metafore. Ad esempio,
il centro geografico dell’Europa sta proprio in
Ucraina, a circa cinque chilometri da una piccola città
di provincia che si chiama Rakhiv, così ha stabilito
un geografo austriaco alla fine del XIX secolo.
Per me questo è un ossimoro molto intrigante,
molto acuto, che mi fa immaginare, da una parte, un’Europa
che è una potenza mondiale, leader nel mondo
nella ricerca tecnologica, nello sviluppo politico economico
e sociale; dall’altra parte però l’Europa
non conosce i suoi confini, non sa quanto è grande
e che il suo centro cade proprio fuori dai confini che
si è disegnata.
Dalle sue parole mi sembra di capire che la
differenza che corre tra geopolitica e geodetica è
un po’ la stessa che passa tra l’Unione
europea e l’Europa.
L’Unione europea è un progetto molto interessante
e molto materialistico, basato su cose concrete, su
progetti politici.
L’Europa, invece, è il posto in cui gli
europei pensano che stanno conducendo la loro vita,
il posto in cui vivono; Europa è il luogo in
cui la gente percepisce e sente i valori europei come
propri, senza necessariamente rendersi conto che quei
valori sono europei. A volte alla gente che percepisce
questi valori non importa sapere che sono europei, a
loro basta sapere ciò che vogliono, basta conoscere
i propri desideri e riconoscerli nei propri lavori.
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