297 - 14.03.06


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Da Kiev all’Ue, andiamo
incontro al nostro futuro

Yuri Andruchowytsch
con Mauro Buonocore



Chiedetegli cosa è l’Europa, e lui vi risponderà che è “una casa comune la cui architettura è piuttosto brillante, un vero mix di epoche e stili che avrebbe potuto progettare un super-Gaudì: un mucchio di livelli, strati e sgabuzzini, ali mansarde, facciate, balconi, torri e terrazze”.
Così Yuri Andruchowytsch, uno tra i maggiori scrittori ucraini, raccontava l’Europa a Transeuropaexpress, la manifestazione che riunisce ogni anno a Roma intellettuali europei. La sua scrittura è fatta di metafore e di ossimori, gira intorno alle parole con voli di immaginazione, ma lo abbiamo cercato per chiedergli un’opinione concreta: un commento sulle ultime elezioni ucraine. La Rivoluzione Arancione del dicembre 2004 è ancora nell’aria, eppure il partito filorusso di Yanukovych ha la maggioranza relativa, e Yushenko, che guidava quella rivoluzione, ha perso molti voti. Lo scrittore non si scompone e placidamente ci dice: “Non vedo grandi cambiamenti”.

Le sue parole non sembrano dare molto peso al risultato del partito filo russo di Yanukovych. È così?

I tre partiti “arancioni” che nel 2004 erano a Maidan insieme e condussero la rivoluzione, sono usciti dalle urne con circa il 47% dei voti, sommando il 25 della Tymoshenko, il 15 di Ucraina Nostra e il 7 dei socialisti. Credo che formeranno una maggioranza parlamentare per il nuovo governo, mentre il partito di Yanukovych (con circa il 30% delle preferenze) rimarrà all’opposizione. È vero, Yanukovych ha raggiunto il miglior risultato delle elezioni, considerando i singoli partiti, ma non può aggregare una maggioranza. In più è da notare che il 70% della popolazione ucraina è ancora contro di lui, quindi non direi proprio che si possa parlare di una rivincita. Ma la cosa più importante, il vero risultato positivo di queste elezioni sta nel fatto che si sono svolte in piene condizioni di democrazia e libertà, in maniera pacifica, e credo sia la prima volta dal 1994.

L’Ucraina degli ultimi quindici anni ha vissuto grandissimi cambiamenti, il dissolvimento dell’Urss, le storiche elezioni del 2004. In tutti questi mutamenti, come si possono descrivere i sentimenti ucraini verso l’Europa?

Gli eventi politici e sociali accaduti alla fine del 2004 non furono solo un’elezione politica, ma una vera e propria rivoluzione, e innanzitutto una rivoluzione che ha avuto luogo nelle menti della popolazione ucraina, una rivoluzione dell’inconscio; si è visto molto bene, allora, come la società ucraina fosse divisa per molti aspetti, come ad esempio quelli regionali per cui la parte orientale del paese è tradizionalmente incline a una politica filo-russa, non si può che è anti-europea, ma dimostra una sorta di euro scetticismo. L’Ucraina occidentale e centrale, compresa la capitale Kiev, è invece popolata da veri e propri cittadini europei; sono scesi in piazza e sono rimasti a manifestare per sedici giorni e sedici notti contro il vecchio potere politico che voleva privarli di un futuro europeo, ma loro hanno cercato di proteggere la possibilità di andare incontro al proprio futuro e cioè di andare incontro all’Europa. Non è stata una rivoluzione nel senso violento del termine, non è stata una battaglia a favore di personalità politiche come Yushenko o Timoshenko; è stata una rivoluzione che si è rivolta al futuro e alla possibilità, che la popolazione ucraina ha fortemente voluto, di vederlo garantito e di andargli incontro. Oggi la società è divisa più o meno a metà tra queste due opportunità diverse di sviluppo, per me si tratta di un palcoscenico molto interessante per la mia scrittura e per trarre alcune conclusioni. La prima di queste è che i più giovani, le persone che sono più secolarizzate, le persone a cui questo futuro appartiene più che ad ogni altro, sono molto favorevoli all’Europa. Le generazioni più anziane sono più conservatrici, non credono affatto nell’idea che ci sia una possibilità di avere un’Ucraina europea.

Per descrivere l’Europa l’ha immaginata come “una casa comune progettata da un super-Gaudì”. Per trovare il centro dell’Europa, lei ha suggerito di cercarlo lungo i suoi confini. Per guardarla e capirla ha assunto il punto di vista di un uccello e di una rana, per guardarla dall’alto e dal basso. Nella sua scrittura l’Europa prende sempre la forma di una metafora, a volte di un ossimoro. Perché?

Sto sviluppando un modo di scrivere che si definisce con il termine “geopoetica”, in opposizione alla geopolitica. Ad esempio sto provando a descivere l’Europa, innanzitutto, attraverso metafore e figure retoriche. Trovo che, tra queste, l’ossimoro sia perfetto per la nostra realtà; il nostro mondo è intriso di contraddizioni e l’ossimoro ci aiuta a scovarle e a leggere più in profondità.
Prenda il mio caso. Sono uno scrittore ucraino, vengo da un paese che sta oltre i confini dell’Unione europea; il solo modo che abbiamo per metterci di fronte all’idea di essere europei, al momento, è l’immaginazione, il gioco. Il mio tentativo, allora è quello di giocare con la geografia. Questa è una disciplina molto precisa, ha le sue regole, i suoi termini, ma allo stesso tempo è qualcosa di molto poetico, è piena di metafore. Ad esempio, il centro geografico dell’Europa sta proprio in Ucraina, a circa cinque chilometri da una piccola città di provincia che si chiama Rakhiv, così ha stabilito un geografo austriaco alla fine del XIX secolo.
Per me questo è un ossimoro molto intrigante, molto acuto, che mi fa immaginare, da una parte, un’Europa che è una potenza mondiale, leader nel mondo nella ricerca tecnologica, nello sviluppo politico economico e sociale; dall’altra parte però l’Europa non conosce i suoi confini, non sa quanto è grande e che il suo centro cade proprio fuori dai confini che si è disegnata.

Dalle sue parole mi sembra di capire che la differenza che corre tra geopolitica e geodetica è un po’ la stessa che passa tra l’Unione europea e l’Europa.

L’Unione europea è un progetto molto interessante e molto materialistico, basato su cose concrete, su progetti politici.
L’Europa, invece, è il posto in cui gli europei pensano che stanno conducendo la loro vita, il posto in cui vivono; Europa è il luogo in cui la gente percepisce e sente i valori europei come propri, senza necessariamente rendersi conto che quei valori sono europei. A volte alla gente che percepisce questi valori non importa sapere che sono europei, a loro basta sapere ciò che vogliono, basta conoscere i propri desideri e riconoscerli nei propri lavori.

 


 

 

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