295 - 10.03.06


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Francia e Germania,
come ci vedono

Tina Cosmai



Tappa mediterranea per la rassegna cinematografica “Années de plume Années de plombe - Gli italiani visti dalla televisione europea”. Quattro settimane genovesi dedicate ai film-documentario, dal 7 febbraio al 7 marzo. E quattro proiezioni proposte dall’emittente televisiva franco tedesca ARTE France, che con la collaborazione del servizio culturale dell’Ambasciata di Francia in Italia ha prodotto il festival. L’evento itinerante, è promosso dal Centro Culturale Europeo di Genova ed è uno sguardo profondo e significativo sulle realtà politiche, sociali e culturali del nostro Paese.

I documentari riuniti in questa selezione raccontano realtà di grande trasformazione del tessuto sociale ed economico italiano, con una particolare attenzione a quei fenomeni di emarginazione presenti soprattutto nel meridione dell’Italia. Ed è un raccontare dal di dentro, non una semplice cronaca; un’immersione nei mutamenti culturali, economici, nei vissuti di comunicazione ma anche di discriminazione, di violenza.
Gli europei ci osservano, scrutano questo pensiero plurale che caratterizza il nostro Paese. Dalla grande trasformazione del miracolo economico del dopoguerra, attraverso le parole di Federico Fellini dall’infanzia all’ultimo film, sostando a Napoli in una scuola di periferia, fino in Calabria, a Badolato che accoglie con entusiasmo gli immigrati che arrivano dal mare.

Due registi d’oltralpe, Damian Pettigrew e Jan Ralske e due registi italiani, Leonardo Di Costanzo e Guido Chiesa, propongono questo interessante viaggio sullo schermo. Il prossimo appuntamento, martedì 28 febbraio nella sala del Centro Culturale Europeo in via D’Annunzio a Genova, con il film documentario A scuola. Un film di sessanta minuti che nasce nel 2003 tra le aule di una scuola media statale di San Giovanni a Teduccio, un quartiere popolare di Napoli.

“Le scuole pubbliche e in particolare quelle di periferia sono in crisi – commenta Di Costanzo – questo è un fenomeno europeo, non soltanto italiano. In una scuola periferica di Parigi un’insegnante è stata accoltellata da uno studente, è accaduto proprio in questi giorni. Anche in Francia la scuola pubblica non ha un progetto per le periferie, anche lì gli insegnanti scioperano ed i problemi spesso sono insormontabili”.
A scuola è un film che ha girato tutta l’Europa e che ritrae il senso di questa rassegna, quel guardare dentro le realtà italiane proprio per carpirne le ragioni, le motivazioni, ed è per questo che nasce da una vera e propria esperienza scolastica. Di Costanzo è stato tra i ragazzi, li ha ripresi durante le normali attività di studio, stabilendo un rapporto molto intenso con i professori e con il preside. Una ripresa anche di un vissuto personale perché il regista napoletano è stato un insegnante, anche se per breve tempo perché dice di essersi subito reso conto della propria inadeguatezza.

“Sono andato a San Giovanni a Teduccio – ci racconta – perché cercavo una scuola di periferia per calarmi nelle stesse condizioni in cui ero stato. Una scuola dove il preside e gli insegnanti hanno deciso di non usare più la sospensione come metodo punitivo e disciplinare. Perché il compito dell’istituzione scolastica è quello di recuperare, di integrare, non di escludere”. E aggiunge: “La scuola funziona soltanto per alcune classi sociali, quelle più agiate, ma non nei luoghi difficili dove purtroppo si sottrae al suo compito fondamentale. Ho voluto evidenziare questa carenza che esiste aldilà dell’impegno degli insegnanti, alla cui forza, generosità e creatività tutto viene delegato”.

L’occhio attento di ARTE indaga anche sulla nuova società multietnica e sulla capacità comunicativa degli italiani. Lo sguardo è sempre rivolto al sud, a Badolato, un paese della costa calabrese che ha accolto con entusiasmo e calore i rifugiati clandestini giunti dal mare. Hassan si è fermato a Badolato è un film-documentario di Jan Ralske coprodotto da ARTE e ZDF; un ritratto poetico sul dramma dell’immigrazione a chiusura della rassegna genovese, martedì sette marzo.

“Ritengo che aldilà delle soggettività – spiega Ivano Spano, docente di sociologia all’università di Padova – il sud si presenta più in un’ottica simbolica di accoglienza, di apertura, di disponibilità all’altro. In Puglia gli extracomunitari stanno, di fatto, quasi come a casa. Nel sud c’è una cultura della comunicazione dove l’altro ha maggiore visibilità. Perché è una cultura attraversata da grandi bisogni, da grandi sofferenze. C’è un’affinità, un tratto culturale quasi scelto nel dna di queste popolazioni. Il nord è più metropolitano dove l’isolamento è un problema evidente, fermo restando le disponibilità soggettive. Ma qui si vive di più nell’anonimato, nell’isolamento; il problema quindi si pone in maniera diversa”.

Il problema infatti ha un valore ontologico, perché nella capacità comunicativa risiede l’essenza dell’uomo, che è tale in quanto scambia esperienze con altri da sé. Il dramma è quindi quello della caduta dell’alterità, perché “oggi esiste un soggetto troppo egoriferito – continua Spano – chiuso in se stesso, che vede compromettersi la sua identità rispetto alla presenza di un estraneo che è altro da sé. La solitudine oggi è un dato assolutamente ampio e l’umanità soffre perché si isola. Penso che dovremmo fare un passo avanti dal punto di vista pedagogico ed educativo rispetto a questa modalità di riconoscerci come soggetti che si realizzano nella dimensione relazionale con l’altro da sé. Queste sono esperienze che devono poter accogliere l’altro così come accogliamo noi stessi”.

Un Paese eclettico l’Italia, colmo di diversità da nord a sud e per questo, ricco. A Genova lo sguardo si posa su questa affascinante disarmonia; sguardo puntato forse, sulle dinamiche passionali degli italiani, spesso vissute in un contrasto che dona luce all’identità di una nazione.


 


 

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