Se il Giorno
della Memoria per qualcuno vuol dire celebrazione del
ricordo, di quello che è stato, ricordare collettivamente
un disastroso pezzo di storia, per qualcun altro significa
ricordare intimamente e individualmente un pezzo della
propria vita. E accanto a chi ricorda, qualcuno non
dimentica.
La commemorazione del passato, secondo il Direttore
del Dipartimento Educazione e Cultura dell’Unione
delle Comunità Ebraiche italiane, Roberto della
Rocca, espressa, visibile e viva nei monumenti ai caduti
e nei musei delle nostre città, diventa semplicemente
una forma di memoria collettiva istituzionalizzata che,
di fatto, è sottratta alla coscienza individuale.
Il compito di trasformare il ricordo in memoria viva
e trasmetterlo alle generazioni future è assegnato
dall'ebraismo alla tradizione orale che, anziché
essere isolata e decontestualizzata in un monumento,
è inserita nella continuità di un sistema
culturale.
Tra la coscienza culturale collettiva di un popolo
che ha perso il suo centro e la coscienza culturale
individuale, riconducibile ad un senso di autenticità
esperita e costruita giorno per giorno, si innesta bene
la letteratura, come mezzo, strumento, veicolo di tradizione
orale rielaborata nella propria personale vicenda di
vita.
Ed è proprio la letteratura la vera protagonista
dell’incontro organizzato dalla Società
Geografica Italiana a Palazzetto Mattei in Villa Celimontana
“Letteratura ebraica e terra d’Israele”,
in occasione del “Giorno della Memoria”.
Tra i presenti anche Alessandro Piperno, redattore
di “Nuovi Argomenti” nonché l’autore
del romanzo Con le peggiori intenzioni, edito
dalla Mondadori lo scorso anno. Per lui la letteratura
non è altro che l’elaborazione, la demonizzazione,
la volontà implicita o dichiarata di fuggire,
di rimuovere piuttosto che di ricordare e far sapere.
Se il fattore geografico si rivela fondamentale nel
risultato dello scrittore, per contenuto e forma, l’individuo
nella sua interezza non può essere da meno. E’
questo che caratterizza la tradizione ebraica, questo
il motore della sua identità che perdura ancora
oggi così forte tra il suo popolo, malgrado quella
perdita del centro di cui si è parlato. Il ricordo
della storia per un popolo che è passato attraverso
l’esperienza della Shoah diviene punto forte dell’identità
ebraica, senso d’appartenenza che si materializza
dentro l’individuo come fardello ma anche orgoglio
di chi non ha dimenticato e mai dimenticherà.
Piperno ammette di non amare la parola “memoria”
e preferire quella di “oblio”, inteso come
il desiderio di liberarsi dai fantasmi del passato,
perché la memoria è troppo forte, troppo
pesante, e da ragione a Joyce quando diceva di volersi
svegliare dall’incubo della storia. Allora come
sciogliere il nodo della matassa? E’ utile o no
la memoria quando si realizza sul piano della collettività?
Prova a rispondere Della Rocca, che sottolinea come
oggi le manifestazioni e le testimonianze siano particolarmente
significative, poiché assistiamo ad una recrudescenza
di violenza che non ci deve lasciare inerti. E in un
certo senso riprende il filo del discorso iniziato pochi
giorni prima da Piperno sul Corriere della Sera. Lo
scrittore metteva in guardia dall’enfasi di chi
celebra il ricordo della Shoah dimenticandosi dell’antisemitismo
dei nostri giorni.
Per assicurare alla memoria un ruolo vitale, capace
di funzionare nel tentativo di arginare eventuali disastri,
anche nella salvaguardia di un modello di vita, è
dunque necessario che la memoria storica si innesti
nel presente entrando a far parte della coscienza individuale.
Il percorso segue una direzione che parte dall’individuo
e si spinge verso una dimensione collettiva, e questo
processo riesce a realizzarsi, a compiersi, attraverso
la letteratura.
Ma cosa si intende per letteratura ebraica? E’
giusto fare una differenziazione tra quella ebraica
e quella israeliana? La letteratura ebraica aveva già
una sua voce durante l’Illuminismo per Alon Altaras,
scrittore, poeta e traduttore, che nel 2003 ha ricevuto
il Premio Nazionale per la Traduzione del Ministero
per i Beni e le Attività culturali. Diversamente
da Elisa Bianchi, professore ordinario di Geografia
della Popolazione presso l’Università degli
Studi di Milano, specializzata sulle minoranze etniche
in Israele, che sottolinea come sia necessario fare
una netta distinzione tra la letteratura ebraica e quella
israeliana, nata appunto con lo Stato di Israele, Altaras
vede in quegli anni la nascita di tanti nuovi scrittori
ebrei, un nuovo vigore per chi già scrittore
lo era e nella terra di Israele un nuovo e forte referente.
Secondo lo scrittore, famoso anche per avere tradotto
ed esportato in Israele molti classici della letteratura
italiana, la letteratura laica ebraica è assolutamente
precedente allo Stato e già molto sviluppata.
A noi allora vengono alla mente Grossman, Oz, Yehoshua,
Agnon.
Certamente l’influenza della Shoah nel determinare
l’identità storica e culturale dello stato
di Israele è un fatto difficilmente contestabile.
E la letteratura israeliana non poteva che essere nata
sotto il segno della Shoah. La Shoah, attraverso la
letteratura, è la memoria trasformata dall’immaginazione,
dall’individuale che sottrae alla collettività
un pezzo di storia rendendola vitale, dinamica, perché
rielaborata e sempre viva nel tempo. La storia per Della
Rocca dà garanzia di stabilità al ricordo,
ma quasi sempre monumentalizza e distanzia i sentimenti,
li raffredda, li normalizza, perché pretende
di offrire un'impossibile obiettività sottraendo
la memoria alla sua appartenenza individuale per consegnarla
invece alla collettività universale, la letteratura
invece compie l’atto inverso: salva dal calderone
della pretesa obiettività collettiva, ovvero
dalla storia resa monumento, l’unicità
della tradizione orale, la memoria individuale. Il più
bel dono dell’uomo all’uomo, la memoria.
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