Il Leeds
International Film Festival (Liff) è uno dei
più importanti eventi cinematografici del Regno
Unito, insieme a quello di Londra ed Edinburgo. Principale
iniziativa culturale del Nord d’Inghilterra, costituisce
un melting-pot per pellicole più o meno note
e rappresenta una preziosa fonte di accesso a produzioni
autoriali di altrimenti difficile reperibilità.
Terminato lo scorso tredici novembre, il festival si
è articolato in undici intense giornate, con
più di cinquecento ore di proiezioni, incontri
ed eventi distribuiti in diversi siti della città.
Se è vero che negli ultimi venti anni Leeds ha
vissuto un forte sviluppo economico e demografico, peraltro
ancora in atto, certo è che il festival ha contribuito
ad alimentarne la crescita culturale nonché l’affluenza
turistica, facendo invidia ai limitrofi centri urbani
come la più grande Manchester che solo da due
anni può contare su una peraltro limitata manifestazione
cinematografica.
Tradizionalmente il principale centro dell’industria
tessile britannica, insieme alla vicina Bradford, Leeds
ha presentato quest’anno la diciannovesima edizione
del festival riscuotendo una numerosa affluenza di pubblico.
Ciò testimonia come una sempre maggiore porzione
di pubblico ricerchi opere originali e alternative rispetto
alle produzioni main-stream. Come sostiene
Chris Fell, direttore del Liff: “Questo fenomeno
è evidenziato dall’attuale predominio sul
cinema dei mercati di dvd e videogiochi, la cui diversità
e continua innovazione di offerta non può essere
sostenuta dai film”. Di conseguenza i film festival
in tutto il mondo assumono l’urgente doppio ruolo
di promuovere una quantità (quella dei film che
non troverebbero altro sbocco sul mercato) e una diversità
qualitativa (o originalità), legata, quest’ultima,
al loro potenziale educativo e culturale.
Il ricco programma del festival si è dispiegato
tra lunghi e cortometraggi, documentari e dibattiti,
suddividendosi in sei principali aree tematiche tra
cui una retrospettiva completa su Francesco Rosi, peraltro
retro-visto anche a Edinburgo e prossimamente all’Institut
français di Londra, dove sarà presente
lo stesso regista. Buona parte delle proiezioni scelte
è stata dedicata al cinema politico e sociale
di cui Rosi rappresenta, secondo la critica inglese,
the Italian master. Tra gli altri si ricorda
il filippino Lino Brock il cui Manila in the Claws
of Neon (Maynila: Sa Mga Kuko Ng Liwanag, 1975)
offre un quadro di vita nella corrotta, pericolosa e
inquinata città di Manila ed è stato considerato
il più importante film delle Filippine; o ancora
I am Cuba (Soy Cuba, 1964) di Mikheil Kalatozishvili,
film che celebra il progresso raggiunto dalla rivoluzione
cubana e presentato qui per la prima volta in una versione
restaurata. Numerosi i documentari e le serate a tema
come quella sugli Italian radicals con un film
sull’esperienza di Radio Alice e un documentario
sulla figura di Antonio Negri (Antonio Negri
– A Revolt That Never Ends, di A. Weltz
e A. Pichler, 2004). L’Italia è ancora
sorprendentemente presente nella selezione ufficiale
con due film di Vincenzo Marra (Tornando a Casa,
2001; Vento di Terra, 2004), tra i nuovi interessanti
personaggi del cinema italiano contemporaneo.
Altra curiosità di questa edizione è
stata la cosiddetta Legend of Louis Le Prince,
che riguarda il fatto storico secondo cui le primissime
due registrazioni filmiche a noi disponibili risalgono
al 1888 e furono entrambe girate a Leeds da tal Louis
Le Prince, inventore francese scomparso misteriosamente
alla vigilia di una dimostrazione pubblica sui risultati
di anni di intenso lavoro da pioniere.
Tra le varie altre interessanti pellicole in proiezione
si ricordano The Sleeping Child (L’Enfant
Endormi, 2004) della regista Yasmine Kassari, coproduzione
belga-marocchina con amene e lente riprese di una piccola
porzione del paesaggio africano e affascinanti interpretazioni
delle due protagoniste; Written on the Earth (2005)
del regista iraniano Ali Mohammad Ghasemi, visione folle
e spietata della disperazione di un uomo che uccide
bambini e bambine nonché “dannata condanna”
del fanatismo e della violenza religiosa. Infine si
vuole qui citare l’intenso e coinvolgente Allegro
del danese Christopher Boe (2005) il cui espressionismo
realista ha sedotto e commosso e la cui fantascienza
poetica ha attratto e colpito senza trascurare il diletto
sommesso complice del gioco d’amore.
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it
|