“Per
fare un poema dadaista prendete un giornale. Prendete
delle forbici. Scegliete nel giornale un articolo della
lunghezza che volete dare al vostro poema. Tagliate
l’articolo. Poi con cura tagliate ognuna delle
parole che formano questo articolo e mettetele in un
sacchetto. Agitate dolcemente. Tirate fuori ogni frammento
uno dopo l’altro. Copiate coscienziosamente nell’ordine
con cui escono dal sacchetto. Il poema vi assomiglierà.
E ecco uno scrittore infinitamente originale e d’una
sensibilità affascinante ancora incompreso dal
volgare.” (Tristan Tzara)
Questo è Dada: gesto e caso. O meglio: il Gesto
e il Caso. E l’Opera è presto fatta, ready-made.
Cessi o ruote o portabottiglie. Il valore non sta nell’oggetto,
ma nell’atto. L’Opera è il Gesto
a cui l’oggetto al limite rimanda. Non metafora,
metonimia. Il valore non è dato dalla rappresentazione
né dalla significazione né dal mercato.
Di fronte a Dada mercanti, clerici e dotti non hanno
strumenti: possono farsi dada o scomparire o farla scomparire.
Dada assume il proprio statuto dalla propria nascita,
avvenuta per caso con una gestazione di qualche secondo:
sfogliando un dizionario e tirandone una parola qualsiasi.
Nella nascita di Dada c’è il suo essere
caso, il suo essere insignificante, il suo essere gesto.
Dada non significa come qualsiasi altra parola, Dada
è un atto nel mondo. Esiste sotto, sopra, a fianco
del linguaggio.
Dada è un onda d’urto. Invade ogni spazio.
Poesia, letteratura, teatro, pittura, scultura, musica,
fotografia, cinema. Dada è una fissione del contesto
storico-linguistico. Contro tutta l’Arte, contro
tutta la Politica, contro tutto ciò che rende
immobile, delimita e definisce. Dada è mobile,
indelimitabile, indefinibile. Non ha confini. Dada è
il Riso. Irridente irridentesi.
Dada muore quando questo finisce, quando la si organizza,
quando ognuno la definisce.
Dada è morta, viva Dada!
Nata a Zurigo nel 1916 letteralmente dalle mani di
Tzara che scorreva un vocabolario, e raggiunti tutti
i più importanti centri artistici dell’epoca
(Francia, Germania. Stati Uniti, etc.), Dada perde la
sua forza di propulsione intorno al 1923, quando le
varie scuole si contenderanno la paternità e
la direzione di ciò che non ha padri e direzioni.
Sotterraneamente Dada continuerà a vivere e riemergerà
sotto varie sembianti per tutto il secolo: nell’inconscio
surrealista, nella pop art, in Francia, negli Stati
Uniti, ovunque.
Alla fase storica del movimento è dedicata l’esposizione
attualmente al Centre Pompidou di Parigi fino al 9 gennaio.
Un’esposizione che nella sostanza e nella forma
restituisce il senso pieno di quel passaggio che ha
segnato la storia dell’arte.
Sono più di mille i pezzi esposti, tra quadri,
sculture, riviste, film, pezzi musicali, oggetti provenienti
da tutto il mondo. È la misura stessa che Dada
assunse, quantitativamente, geograficamente, ideologicamente:
un’idea, un movimento a cui liberamente parteciparono
tutti quelli che all’arte non attribuivano nessun
significato celebrativo e nessun carattere nazionale.
Apolidi, pacifisti, essenzialmente anarchici, venivano
dal mondo tutto e si burlavano dei confini. Si ritrovarono
esuli a Zurigo contro la guerra, il primo massacro mondiale.
Al Cabaret Voltaire con pantomime e assurdità
varie Tzara, Ball, Huelsenbeck, Janco e Arp accesero
la miccia. Seguirono le serate agitate al Club Dada
di Berlino, le risse alle soirées parigine e
poi l’espansione planetaria.
Postilla: in Italia dopo la guerra, fra ritorni all’ordine
e fascistizzazione futurista, il solo referente, o quasi,
di Tzara e Dada fu nientemeno che Giulio Cesare Andrea,
detto Julius, Evola.
Breton, Duchamp, Ernst, Picabia, Ray, Grosz, Hausmann,
Dessaignes, Cravan, Schwitters, Eluard, Argon, Dix,
Schad, Hoch, protagonisti dell’arte a venire,
animarono questa stagione vitale e poco classificabile
dal punto di vista degli oggetti e dei confini. I collages-decollages-sculture-quadri-oggetti
del movimento sono esposti a Parigi secondo un percorso
non predeterminato. Tra le cose e le nazionalità
il visitatore può muoversi liberamente facendosi
guidare dall’improvvisazione locale, dal nesso
casuale. Il modo migliore per esibire Dada.
“Dada mette avanti l’azione e sopra a tutto:
il dubbio. Dada dubita di tutto. Tutto è Dada.
Diffidate di Dada.” (Tristan Tzara)
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it
|