Magda
Szabò
Lolò il Principe delle Fate
Edizioni Anafora, 2005,
pp. 190, 11 euro
Fino
ad oggi, probabilmente, il nome di Magda Szabò
era conosciuto presso il pubblico dei lettori italiani
soprattutto per il suo romanzo L'altra Ester,
tradotto e pubblicato nel nostro paese da Feltrinelli
per la prima volta nella prima metà degli anni
Sessanta, e, più di recente, per il romanzo La
porta, considerato il suo capolavoro e pubblicato
per i tipi della Einaudi proprio nel corso di questo
ultimo anno. La porta, storia del rapporto
conflittuale tra una scrittrice e la donna che la aiuta
per tutta la vita nei lavori domestici, è valso
all'autrice ungherese prestigiosi riconoscimenti anche
in Italia, tra i quali il Premio Strega per la migliore
opera straniera.
Proveniente da una famiglia dell'alta borghesia di
Decebren – la città che, tra l'altro, ospita
la più importante comunità protestante
d'Ungheria - Magda Szabò nasce nel 1917 ed esordisce
nella letteratura a ridosso della Seconda Guerra Mondiale:
le sue poesie vengono accolte da subito con grande favore
e il suo talento viene riconosciuto come una delle migliori
promesse della letteratura ungherese dell'epoca. L'immediato
successo ha una drammatica interruzione alla fine degli
anni Quaranta, con l'insediamento del regime comunista
in Ungheria e l'avvento del socialismo reale. Vicina
al gruppo che fa riferimento alla rivista Novilunio,
accusata dal regime di non occuparsi, nelle sue opere,
della vita contadina e operaia, come molti altri autori
ungheresi Magda Szabò sceglie la via dell'esilio:
il suo non sarà un esilio fisico ma artistico,
che la porta al silenzio letterario come forma di protesta
nei confronti del regime. Durante gli anni del silenzio,
Magda Szabò non interrompe l'attività
intellettuale che porta avanti come insegnante e traduttrice.
Il suo ritorno e l'arrivo della fama internazionale
avvengono alla fine degli anni Cinquanta: scoperta –
o per meglio dire, riscoperta – da Herman Hesse,
grazie all'interessamento dello scrittore tedesco viene
tradotto e pubblicato in Germania nel 1959 Affresco,
tuttora considerato come uno dei capolavori della letteratura
europea del Novecento.
Di questa elegante e prolifica autrice ultraottantenne,
considerata nella sua terra d'origine una vera icona
vivente della letteratura e della cultura magiara, si
conosce in Italia, quindi, l'attività di romanziera,
autrice di racconti e poesie; tra i più attenti
è conosciuto anche l'impegno come drammaturga:
meno nota al pubblico è, forse, la sua produzione
destinata ai più piccoli che arriva in Italia
grazie alla milanese Edizioni Anfora e alla pubblicazione,
con la traduzione di Vera Gheno e grazie al contributo
della Fondazione per il Libro Ungherese, di un piccolo
grande classico della letteratura per l'infanzia Tündér
Lala, Lolò il Principe delle Fate.
È bella la vita nel Regno delle Fate: strade
di madreperla che trasportano senza sforzo gli abitanti
da un capo all'altro del regno e che attraversano monti
dalle vette multicolori; al posto delle case globi scintillanti
dei colori dell'arcobaleno; terre, cieli e mari popolati
di creature insolite. Tutti sono immortali: anche Lolò,
il principino dai capelli d'oro zecchino, figlio donato
alla regina Iris dal magico albero di fico nel giorno
della sua incoronazione. Ma Lolò non è
un “fatino” come tutti gli altri: è
coraggioso e temerario più di ogni altra fata
e soprattutto è curioso: vuole sempre “fare
cose diverse da quelle che si addicono alle fate. Non
gli piaceva ballare la danza dei rubini, viaggiare in
una bolla di sapone, esercitarsi negli incantesimi di
base che si studiavano nelle prime classi della scuola
delle fate, e non gli piaceva neanche stare, di tanto
in tanto, a non fare niente, seduto a chiacchierare
tra i fiori, cosa che solitamente era un passatempo
gradevole per ogni fata”.
Studioso ma irrequieto, Lolò vuole conoscere
quel mondo degli umani che sta oltre la porta del Regno
delle Fate e che fino a quel momento ha studiato soltanto
sui libri del precettore Omicron: assunto di nascosto
il convertor, pozione magica che permette a chi la assuma
di trasformarsi in qualsiasi essere o oggetto, il coraggioso
Lolò prende le sembianze di un piccolo umano
e con la sua camicina rossa, i pantaloni azzurri e le
lentiggini si avventura oltre i confini del regno. C'è
un tempo per tutto, nel Regno delle Fate, e la regina
Iris sa che Lolò è ancora troppo giovane
per sperimentare in prima persona quello che può
incontrare sulla sua strada nel mondo degli umani: la
morte, il dolore e tutte le emozioni umane sono qualcosa
di troppo grande per un piccolo “fatino”
come il principe. A peggiorare la situazione, c'è
anche il mago Aperpater che trama contro la regina e
minaccia l'armonia del regno. Ma se Lolò non
fosse davvero un fata? E se l'albero magico gli avesse
donato un cuore umano? E se gli uomini e le fate non
fossero, in fondo, poi così diversi?
Accompagna Lolò nelle sue avventure tutto un
coro di personaggi fantastici e curiosi: il coraggioso
capitano Amalfi, il tranquillo e protagonista suo malgrado
farmacista Brill, l'unicorno d'oro Gigi nel cui corno
svitabile si leggono le verità che non si possono
non dire; Beata, la bambina dai capelli rossi, e suo
zio Pietro, il pittore. Sullo sfondo, il Regno delle
Fate, universo parallelo costruito come metafora del
mondo degli uomini.
È l'affresco fantastico di un mondo incantato,
Tünder Lala: romanzo scritto e pensato
per i più piccoli ma che proprio per la sua forte
carica simbolica si presta a diversi livelli di lettura
e può, a buon diritto, entrare a far parte della
stessa famiglia della quale fanno parte Il Piccolo
Principe, Pinocchio e Alice nel Paese
delle meraviglie: storie per bambini, ma che non
mancano di affascinare anche quegli adulti che, come
i bambini, non hanno ancora perso la curiosità
e come il piccolo Lolò hanno viva la voglia di
guardare sempre oltre i limiti del conosciuto.
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