Se
potessimo fare il ritratto di un Paese attraverso i
suoi scrittori, la Polonia di Jerzy Pilch avrebbe il
volto di un uomo che, dietro un velo di spontanea modestia,
non riesce a nascondere un acume pieno di sarcasmo.
Si schermisce, lo scrittore, quando gli dico che vorrei
parlare con lui di Sotto l’ala dell’Angelo
Forte, il suo romanzo tradotto nei principali paesi
europei e ora giunto anche in Italia pubblicato da Fazi
editore; abbassa lo sguardo, sorride: “It’s
a joke, just a student’s joke”, borbotta
tra sé. Ma non è vero, e lui lo sa. Sotto
l’ala dell’Angelo Forte è molto
più di un gioco, è una storia di alcolismo
e di amore, è il racconto di una resurrezione
dal vizio che si celebra nella forza della letteratura
e della scrittura, è un viaggio alle radici dell’animo
umano che prende forma nei personaggi disegnati dalla
penna di Pilch. E allora la modestia cede il passo all’ironia
che viene fuori negli aneddoti presi dall’infanzia,
dalla comunità protestante in cui è nato
nel 1952 e in cui è cresciuto e si è formato,
nel racconto del padre che misurava il talento degli
scrittori con la lunghezza delle loro opere. Quando
poi lasciamo la letteratura per iniziare a parlare dell’Unione
europea, l’ironia si fa sarcasmo: “Se esiste
una cultura che identifichi tutti gli europei? Non conosco
l’Asia e la sua cultura, quindi non posso rispondere”.
E se mi azzardo a parlare dei referendum che hanno bocciato
la costituzione europea: “Quando penso a un referendum
mi viene in mente uno dei più noti referendum
che siano mai stati fatti, quello che chiamò
le persone a scegliere tra Gesù e Barabba. Sono
abbastanza contrario ai referendum”.
Ma la nostra conversazione, dicevamo, è partita
dalla letteratura, dal libro che gli è valso
in patria il prestigioso premio Nike, e soprattutto
dal fatto che il romanzo è incentrato sul vizio,
sulla compulsione dei suoi personaggi a ripetersi nell’errore,
fino non saper riconoscerlo per abbandonarlo, fino a
farne una virtù e a vivere in uno stato di normalità
alcolica segnata da una citazione di Sören Kierkegaard:
“il vero uomo è colui che desidera ripetere”.
Perché ha scelto proprio l’alcolismo
come vizio per raccontare i suoi personaggi, cosa c’è
di speciale nello scrivere del bere?
Mi sono concentrato nella cosa che conoscevo meglio.
Raccontare con la voce di un ubriaco le storie di tanti
ubriachi richiede un certo stile, un linguaggio che
è legato allo stato di ebbrezza. Io ho utilizzato
le mie naturali propensioni a un uso della lingua manierato,
elaborato, complicato. Ma questo non significa che io
scrivo sotto l’effetto dell’alcool, al contrario,
utilizzo l’alcool perché si avvicina a
uno stile che trovo naturale nella mia scrittura. Alla
fin fine ho imparato prima a scrivere che a bere.
Il mio modo di scrivere potrebbe trovare un legame
con Kierkegaard nella cultura protestante che mi ha
formato sin dall’infanzia. Sono cresciuto a Wisla,
una piccola comunità protestante, a stretto contatto
con le sacre scritture, con traduzioni arcaizzanti della
Bibbia, con i canti e i salmi che in qualche modo mi
sono entrati nel sangue, nel patrimonio genetico. A
Wisla incontrai una volta un mio coetaneo, gli chiesi
come se la passasse, lui voleva dirmi che da due settimane
non toccava alcool, ma la sua risposta fu: “Il
mio cammino si è raddrizzato”. Ecco cosa
intendo quando dico che la cultura protestante di Wisla
ha condizionato il mio modo di scrivere.
Lei è molto noto in Polonia, e ora i
suoi libri varcano i confini del suo paese. Che effetto
le fa essere tradotto per lettori stranieri?
Mi fa molto piacere che i miei libri siano letti in
Italia, in Francia, in Spagna, e questo mi fa sentire
un po’ in dovere di scrivere in maniera più
chiara, con frasi più brevi rispetto al mio abituale
stile di scrittura.
Vede, sono abituato a scrivere frasi molto lunghe ed
elaborate, e questo è probabilmente una cosa
che ho ereditato da piccolo. Mio padre era una persona
molto autoritaria, un ingegnere e un appassionato lettore,
in particolare era un ammiratore di Thomas Mann. Allo
stesso tempo, però, non riusciva a capire molto
i libri di Mann, soprattutto il Dottor Faust; allora
leggeva e rileggeva più volte una stessa pagina,
prendeva appunti e poi me li mostrava, mi indicava il
brano su cui si era soffermato e mi insegnava a distinguere
un capolavoro da un romanzo qualsiasi: “I capolavori
– diceva – li riconosci dalla lunghezza
delle frasi; prendi il Dottor Faust, ad esempio:
le frasi più lunghe sono quelle che ne fanno
un vero capolavoro”. Mio padre, insomma, voleva
insegnarmi che esiste una misura del capolavoro.
La Polonia è uno dei nuovi membri dell’Unione
europea, e proprio l’allargamento ai nuovi paesi
ha giocato un ruolo importante nella propaganda politica
che ha condotto alla vittoria dei “no” nei
referendum di Francia e Olanda e alla conseguente crisi
europea sul tema della costituzione. Qual è la
sua opinione?
Credo che ci sia un errore di base: la pretesa che tutti
i cittadini europei conoscano la costituzione. Ritengo
che questo sia un errore perché un cittadino
medio non è obbligato a conoscere la costituzione
in tutti i suoi aspetti. In Polonia la maggioranza dei
cittadini ha votato per l’ingresso nell’Unione
pur non conoscendo esattamente tutte le leggi e le conseguenze
politiche ed economiche che questa scelta avrebbe portato.
Si era diffusa un’idea più o meno vaga
di quello che avrebbe significato l’ingresso nell’Ue,
i polacchi avevano capito che si sarebbe potuto viaggiare
tra i paesi dell’Unione senza passaporto, che
i contadini avrebbero ricevuto dei sussidi, che prima
o poi sarebbero entrati nell’euro, ma questo è
un problema che in qualche modo hanno posposto, perché
per loro non richiedeva soluzione immediata, non era
un’urgenza.
Sono abbastanza contrario al referendum. Penso a quando
in Palestina si votò a favore di Barabba e contro
Gesù. Dal quel momento considero il referendum
un modo sbagliato per prendere una decisione politica.
Lei, come cittadino polacco, cosa si aspetta
dell’Unione europea?
Non ho particolari attese e speranze, però c’è
da dire che l’Unione europea ha finanziato la
traduzione italiana del libro, quindi spero vivamente
che l’Ue continui a sostenere la traduzione e
la diffusione dei miei libri.
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