Ottiero
Ottieri, Volponi col suo Memoriale, Luciano
Bianciardi e, più tardi, Vogliamo tutto
di Balestrini: forse questi i nomi che per primi vengono
in mente quando si parla di letteratura e lavoro in
Italia. Allora, lavoro era sinonimo di fabbrica:
oggi, accanto alla fabbrica ci sono i “nuovi lavori”,
c’è l’interinale, il contratto di
formazione, il co.co.co.; ci sono gli stages in azienda
(“lo stascg, si dice stascg…si pronuncia
alla francese”, precisa il direttore del personale
all’operaio che reclama un contratto dopo un anno
di formazione in Nicola Rubino è entrato
in fabbrica dell’esordiente Francesco Dezio);
c’è il lavoro a progetto, il lavoro in
affitto. Parola d’ordine: flessibilità.
Il lavoro/non-lavoro, smembrato, vaporizzato, ridotto
a pura forza e merce di scambio. Ci sono i “nuovi
lavori” e negli ultimi mesi la narrativa italiana
è tornata a raccontarli: che si tratti di tendenza
editoriale o emergenza sociale è difficile stabilirlo
o forse neanche troppo importante. La letteratura torna
a raccontare il lavoro per parlare del mondo.
Vite ridotte a parentesi tra un colloquio e la speranza
di un'assunzione, tra formazione e contratti che non
arrivano mai, storie di spersonalizzazione della vita
aziendale, operai macchina automatica no anima,
unità di produzione alle quali è proibito
accedere ad un’idea di futuro, orfane di qualsiasi
progettualità: questo il lavoro raccontato in
Pausa caffè di Giorgio Falco (Sironi
Editore), Cordiali saluti di Andrea Bajani
(Einaudi) e Nicola Rubino è entrato in fabbrica
di Francesco Dezio. Due esordienti, Dezio e Falco, al
suo terzo romanzo invece il torinese Bajani, per tre
opere nelle quali le esperienze degli autori e l'invenzione
si sovrappongono, storie tra autobiografismo e realtà
deformata – ma nel caso di Pausa caffè
il lettore viene messo di fronte a un coro di 68 voci
dal precariato colte nella loro quotidianità,
unite dal mal di lavoro. Tre autori, accomunati anche
dal dato anagrafico - tutti intorno ai trent'anni –
ed altrettante opere che raccontano storie in cui il
lavoro/non-lavoro entra nella vita togliendole spazio
fino a sostituirsi ad essa.
La fabbrica di Dezio – che non è la fabbrica
dell’Albino Salluggia di Volponi, isolata fino
all’astrazione - è il miraggio della grande
occasione per Nicola Rubino, operaio pugliese trentenne
assunto da una multinazionale “leader nel settore”
con un contratto di formazione e la promessa di posto
fisso che non arriverà mai. La classe operaia
è ben lontana dal paradiso – e soprattutto
non è più classe, quando l’unico
collante è l’insoddisfazione - e la fabbrica
è un inferno di vessazioni e abusi perpetrati
con la minaccia di un licenziamento che può arrivare
in ogni momento. La minaccia della perdita del posto,
quei Cordiali saluti con i quali si concludono
le lettere di licenziamento piene di retorica aziendale
stese dal ghost writer protagonista del romanzo
di Bajani che nelle note di quarta si definisce autore
che “vive e cambia lavoro a Torino”. Il
killer, questo l'appellativo che il protagonista
di questo breve e agile romanzo si trova affibbiato,
gli impiegati ridotti a esuberi di cui disfarsi per
conto dell'azienda, da un lato; il ramarro,
due bambini e un gatto, una paternità nuova grazie
alla quale riscoprire la bellezza e la complessità
dell'esistenza e ripensare ad ognuno di quei volti ai
quali ha indirizzato i cordiali ma sbrigativi saluti
del direttore del personale, dall'altro: questi gli
scenari paralleli attraverso i quali si snoda la vicenda.
Cordiali saluti, una formula sterile e formale
che smaschera il gioco della finta emotività
nascosta dietro l’epica della valorizzazione del
personale, e che porta alla luce il lato oscuro, la
disumanizzazione vera del lavoro, giunto ad un tale
punto di smaterializzazione da non lasciare più
spazio neanche all’alienazione – parola
che ha perso il suo senso all’interno di un contesto
dove flessibile vale solo come sinonimo di
instabile.
Instabile, precario come gli interinali delle storie
di ordinaria infelicità raccontate negli ultimi
mesi da Aldo Nove sul quotidiano Liberazione (disponibili
in rete sul sito www.nazioneindiana.it)
e i protagonisti di Pausa caffè che,
spiega l’autore, non vuole essere né un
romanzo né una raccolta di racconti ma “un
tavolo anatomico sul quale sta distesa , in tutta la
sua nudità, la vita delle lavoratrici e dei lavoratori
precari, temporanei, interinali, a termine, a contratto”.
Storie di esodi e passaggi tra le cattedrali del lavoro
flessibile, storie di irate sensazioni di peggioramento.
Andrea Bajani
Cordiali saluti
Einaudi, 2005,
pp. 100, 9,50 euro
Francesco Dezio
Nicola Rubino è entrato in fabbrica
Feltrinelli, 2004,
pp. 184, 10 euro
Giorgio Falco
Pausa caffè
Sironi 2004,
pp.343, 14 euro
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