In qualche
modo ci ricorda da vicino Jules Verne. Forse perché
Giuseppe O. Longo riesce a fare della sua esperienza
una sintesi tra scienza (insegna Teoria dell’informazione
all’Università di Trieste) e letteratura
(ha finora pubblicato tre romanzi e quattro libri di
racconti, alcuni dei quali sono stati tradotti in tedesco,
francese, inglese, gaelico e portoghese-brasiliano).
Forse perché riesce a collocarsi tra due mondi,
quello scientifico e quello umanistico, che spesso sono
vissuti in netta contrapposizione (suo un saggio nella
recente riedizione del libro di Snow, Le due culture,
Marsilio – I libri di Reset, a cura di Alessandro
Lanni). E’ per tutto questo che abbiamo cercato
il prof. Longo per raccogliere dalle sue parole un ricordo
di Jules Verne a cento anni dalla sua scomparsa.
Verne è stato uno scrittore prolifico,
precursore dei tempi, ha immaginato macchine spaziali
e sottomarine che nel ventesimo secolo sono state
effettivamente create. Ha percorso tutto l’Ottocento,
il secolo affascinante della tecnica e dello sviluppo,
traendone linfa per i suoi migliori romanzi di
fantascienza e avventura. Che idea ha lei, uomo di
scienza e umanista come lui, della figura di Verne?
E’ stato uno scrittore notevole, se non per lo
stile certo per l’invenzione narrativa, di grande
forza immaginativa, capace di tessere trame avvincenti,
molto prolifico. Allo stesso tempo aveva un vero e proprio
culto per la razionalità e la verosimiglianza,
tanto che fece ricorso alla fantasia più sbrigliata
solo in rare occasioni. Per esempio nel romanzo Dalla
Terra alla Luna immagina che i viaggiatori spaziali
siano sparati da un cannone, i cui effetti sui corpi
degli sventurati astronauti sarebbero devastanti. Credo
che Verne fosse consapevole di ciò, ma gli occorreva
comunque un mezzo per farli arrivare sul nostro satellite...
E’ curioso, per noi che osserviamo le cose a distanza
di più di un secolo, pensare che Giulio Verne
sia stato considerato per lo più uno scrittore
per ragazzi. Le cose sono cambiate in seguito, forse
perché mano a mano che la tecno - scienza attuava
le proprie idee, si capiva quante anticipazioni contenessero
i suoi romanzi. Verne non scrisse solo per ragazzi,
anzi. Spesso si accosta lo scrittore al suo contemporaneo
inglese H. G. Wells, ma tra i due ci sono differenze
cospicue. In primo luogo Wells era un grande prosatore,
mentre Verne scriveva in modo più semplice, appunto
“per farsi capire da tutti”. E poi Wells
aveva una visione negativa o quantomeno problematica
della scienza e della tecnica, mentre Verne manifestava
un entusiasmo che a noi appare dolcemente ingenuo. Forse
lo si può accomunare a Edgar Allan Poe, lo scrittore
visionario che Verne conobbe e ammirò, tanto
che alcuni suoi romanzi e racconti traggono evidente
ispirazione da quelli dell’americano.
Si pensi a Cinque settimane in pallone, che
si ispira a La frottola del pallone di Poe,
o ad alcuni episodi di Ventimila leghe sotto i mari
che ricordano Una discesa nel Maelstrom, e
si potrebbe continuare.
L’interpretazione poetica ed eroica che
Verne dà alla scienza è quasi commovente,
a pensarci ora che sappiamo come si è evoluta
la scienza e abbiamo sperimentato anche il male che
può causare. Ma lei si sente vicino alla
visione di un uomo così fortemente ottimista
nei confronti del futuro, del progresso tecnologico?
L’ottimismo di Verne riguarda la scienza, la tecnica,
ma anche l’umanità in generale. Questa
sua visione, francamente ingenua, soprattutto alla luce
di quanto è accaduto in seguito, cambiò
alquanto verso la fine della sua vita, diciamo dopo
il 1880. Si mostrò sempre più preoccupato
delle sorti dell’umanità, forse anche influenzato
dall’atmosfera di fine secolo, che si tingeva
di foschi presagi. Basta pensare al suo ultimo scritto
Parigi nel XX secolo che è
pieno di visioni fosche e pessimiste sullo sviluppo
della società francese, dominata dalla tecnologia
e dal denaro. Questo romanzo, scritto peraltro quando
Verne era giovane, era stato rifiutato dal suo editore,
forse perché troppo pessimistico. L’opera
si credeva fosse andata perduta, ma fu ritrovata da
un pronipote molti anni dopo la morte dello scrittore
in fondo a un baule.
Per quanto mi riguarda, nei confronti della tecno -
scienza aderisco
più a una visione critica che ad una ottimistica
o addirittura entusiastica. Ma è difficile se
non impossibile paragonare i nostri tempi con quelli
dello scrittore francese: sono passati molti decenni,
sono accadute molte cose, la nostra consapevolezza critica
è aumentata, e se è vero che molte delle
invenzioni preconizzate da Verne sono state sviluppate
e diffuse, è anche vero che l’uomo non
si è molto avvicinato al traguardo della felicità.
In ogni caso, la tecno - scienza di oggi è lontanissima
da quella ottocentesca, che Verne aveva sotto i propri
occhi e che costituiva per lui la base di partenza per
i voli immaginativi. Basti dire che non c’era
il computer, e mi pare che in tutta la sua opera non
ci sia nessun accenno a una “macchina” del
genere, come del resto non mi pare che ci sia neppure
nei romanzi di Wells. Eppure, mentre Verne e Wells scrivevano,
Charles Babbage, un eccentrico e geniale inglese, aveva
progettato e tentava di costruire la sua “macchina
analitica”, un computer di grande potenza…
Con Jules Verne nasce il romanzo scientifico:
Dalla Terra alla Luna, Viaggio al centro della
Terra, Ventimila leghe sotto i mari, I 500
milioni della Begum, sono tutte opere che
, come precisò lo stesso Verne, partono da basi
strettamente scientifiche per poi allontanarsene e giungere
nel regno della fanta-scienza. Quale tra le opere
dello scrittore preferisce e perché?
Non ho certo letto tutto di Verne, non avrei potuto,
se si pensa che, tra romanzi e racconti, la sua opera
comprende un’ottantina di volumi... Ma qualcosa
ho letto, e come è capitato a molti, da ragazzo.
Recentemente ho acquistato alcune sue opere in originale
e mi sono riproposto di rileggere, o di leggere per
la prima volta i suoi racconti, per vedere che impressione
mi fanno. Tra i libri che più ho apprezzato posso
annoverare Ventimila leghe sotto i mari e Viaggio
al centro della Terra, che sono accomunati dal
tema del viaggio in luoghi inaccessibili e dall’esplorazione
dell’ignoto. Sono libri “sotto”: sottomarino
uno e sotterraneo l’altro, dunque introducono
in una dimensione diversa, una dimensione che è
terrestre ma anche aliena, inquietante, quasi magica.
Soprattutto il secondo è un libro di grandissima
suggestione, quel fantastico mare sotterraneo abitato
da creature preistoriche! Io ho sempre avuto un debole
per i dinosauri...
Insomma, con Verne è facile farsi prendere dal
gioco dell’immaginazione, se si sospende l’incredulità,
se non si assume l’atteggiamento critico che rischia
di rovinare tutto il divertimento come un acido corrosivo.
I libri di Verne sono davvero godibili. Certo, se si
va un pochino oltre, oltre il viaggio, l’avventura
e l’invenzione, beh, allora si rischia di rimanere
un po' delusi. Ben altro spessore hanno le opere di
H. G. Wells e E. A. Poe.
E’ comunque notevole che un uomo come lui, che
aveva
viaggiato piuttosto poco - non dimentichiamo che la
sua prima evasione, quando aveva undici anni, fu duramente
repressa dal padre, tanto che fu solo dopo molti anni
che riprese a viaggiare - compensasse scrivendo tanto
a proposito di viaggi e di esplorazioni. Viene alla
mente Emilio Salgari, che non si mosse mai di casa e
con i suoi libri fece viaggiare i lettori fin nei luoghi
più esotici della terra.
Verne ha immaginato un tipo di società
che non ha mai potuto vedere con i propri occhi: lo
Shuttle (a forma di proiettile), il sottomarino, un’energia
senza fiamma, etc. Tra tutte, qual è stata
l’intuizione più geniale, secondo lei?
Le anticipazioni interessanti di Verne sono tante, è
difficile
sceglierne una cui dare la palma dell’originalità.
C’è per esempio la
famiglia dei dispositivi mediatici: la “macchina
chiacchierona”, il
videotelefono, il cinematografo, il giornale parlato,
tutti presentati nel romanzo d’anticipazione Nell'anno
2889 ( e già l’idea di collocare una
vicenda a distanza di mille anni è di un’audacia
e di un ottimismo incredibili...). Poi c’è
l’idea di comunicare con le intelligenze extraterrestri
(come ad esempio in “Dalla Terra alla Luna),
che è diventata molto popolare dopo la seconda
guerra mondiale e continua ad attirare interesse e investimenti.
Secondo lei come giudicherebbe, Verne, la nostra società
iper–tecnologica, se potesse vederla?
E’ difficile mettersi nei panni di un'altra persona,
soprattutto di un uomo scomparso un secolo fa, quindi
è impossibile immaginare che giudizio darebbe
Verne della nostra società. Forse, dopo aver
osservato un po' il panorama circostante, si sarebbe
messo a scrivere un centinaio di libri dopo aver illustrato
decine e decine di mirabolanti invenzioni che avrebbero
potuto aprire la strada a un nuovo stadio evolutivo
della nostra società tecnoscientifica: forse
però con meno ottimismo di un secolo fa.
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