Nel 1979
partecipai, in qualità di rappresentante per
la Turchia, alla conferenza di Amnesty International
a Cambridge. Ricordo che mi affannavo da una sala all’altra
per partecipare agli incontri delle diverse aree geografiche,
da quella asiatica a quella meditterranea, da quella
europea a quella mediorentale; quando, stremata, giunsi
nella sala asiatica, un cinese mi disse: “Cara
mia, sei all’incontro sbagliato, gli europei sono
al secondo piano”. Allora, in quella circostanza,
la mia mente si fermò a riflettere quanto
effettivamente la gente turca abbia una fisionomia molto
simile a quella europrea, anche se, la nostra stirpe
è figlia di un melting pot di elementi
multiculturali che ci ha arricchito e reso particolarmente
empatici nei confronti delle diversità.
E anche la stratificazione culturale della nostra società
è molto varia. Se da una parte infatti, i nostri
ceti abbienti possono solitamente contare su una formazione
di stampo occidentale, ampie parti di popolazione, tra
cui moltissime donne, sono ancora analfabete, mentre
le nostre amministrazioni si stanno adoperando affinché
questo arretramento culturale possa essere eliminato.
E in questa varietà rientra anche la mia storia.
Da un punto di vista meramente intellettuale posso definirmi
anglosassone, poiché la mia formazione è
avvenuta dapprima in un collegio americano a Istanbul
e, successivamente, a Londra. Il mio temperamento però
è molto mediterraneo: gesticolo molto, rido forte,
piango facilmente, consumo molto olio d’oliva….
La mia fede, poi, è musulmana, di conseguenza
credo nel destino e la mia anima è molto turca:
eppure provengo dallo stesso panorama storico dal quale
gli europei traggono origini. Gli ottomani e gli europei
sono coesistiti, a volte guerreggiando, a volte in pace,
come è successo dal quattordicesimo al ventesimo
secolo e, ancora prima, durente l’Impero Romano
d’Oriente. Insomma, per lunghi secoli siamo stati
parte della stessa storia, qualcuno tuttavia asserisce
che si è trattata di una relazione fra avversari:
ma non è forse vero che anche la storia d’Europa
è una storia di nemici? La Francia e l’Inghilterra
non hanno forse combattuto la Guerra dei cent’anni?
La Francia e la Germania non si sono forse contrapposte
per ben tre volte, nell’arco di settant’anni?
Come è dunque possibile che la Turchia non fa
parte dell’Europa adducendo come argomento le
opposizioni che storicamente hanno contrapposto i turchi
a eserciti e popolazioni europee?
Forse una risposta la possiamo trovare nel fatto che
siamo musulmani; ma se la religione cristiana è
così vincolante, allora perché ci sono
stati tanti spargimenti di sangue nel passato del Vecchio
Continente?
Una parte della cultura europea deriva dalla cristianità,
ma esiste anche una eredità forte ed evidente
che deriva viene dall’illuminismo.
Oggi le donne a Londra sono una parte importante, attiva
e partecipe, nella società. Ma quando agli inizi
del Novecento le suffragette volavano sui cieli della
capitale inglese con una mongolfiera lanciando volantini
a fini propagandistici e lottavano per ottenere il diritto
di voto, le donne ambivano agli stessi ideali, nutrivano
eguale consapevolezza del proprio ruolo e della propria
importanza.
el 1923 la Repubblica Turca è stata fondata
su principi laici, il sistema giuridico si è
basato sui sistemi francese e italiano, dando vita a
risultati superiori rispetto anche a Paesi come Spagna,
Germania, Italia, Francia e Belgio. Forse abbiamo delle
differenze culturali, ma anche all’interno della
stessa Europa vi sono differenze in tal senso. La Spagna
è forse uguale alla Danimarca? La Gran Bretagna,
l’isola con la Chiesa d’Inghilterra, all’Italia?
Quel che è importante in questa Unione, non è
la differenza storico-culturale ma l’obiettivo,
lo scopo, che al di là dei vantaggi economici
deve essere individuato nei valori della democrazia,
del diritto e della pace.
Io spero sinceramente che la Turchia possa entrare
nell’Unione Europea, affinché il destino
di 35 milioni di donne turche possa tingersi di azzurro.
L’estate scorsa ho partecipato ad una iniziativa
organizzata da una fondazione nelle località
sud occidentali del nostro Paese. Ci siamo occupati
di quattromila ragazze, io personalmente ho visitato
e intervistato cinquanta di queste famiglie, ho visto
case povere, ho parlato con ragazze tra i nove e i ventidue
anni, e ho ascoltato i loro punti di vista sulla scuola,
le loro speranze e le aspettative per il futuro. Sono
stata orgogliosa di scoprire che ogni ragazza che è
andata a scuola, desiderava continuare il percorso formativo
ad ogni costo. Ogni ragazza che aveva imparato nozioni
sull’igiene, sul controllo delle nascite e su
migliori standard di vita, voleva trasmettere questa
conoscenza alla famiglia, ai vicini e alla propria comunità.
Il loro desiderio più forte, non era quello di
stabilirsi nei grandi centri, ma quello di ritornare
nelle proprie case per migliorare la qualità
di vita dei villaggi.
L’ingresso della Turchia nell’Unione Europea,
porterebbe un miglioramento dell’istruzione, creando
tra i nostri giovani una nuova forza positiva per il
Paese.
Le donne fanno parte di un altro mondo, dove i valori
di riferimento sono diversi da quelli degli uomini;
negli occhi delle donne le guerre non sono battaglie
fra eserciti gloriosi, ma soltanto città bombardate,
sangue sparso e paesaggi devastati. Le donne perseguono
la pace, amano la cooperazione e hanno grande compassione;
d’altra parte, non va dimenticato che l’Europa
si trova innanzi al problema demografico dell’invecchiamento
dell’età media e, si stima, necessiterà
di sei milioni di immigrati all’anno a partire
dal 2015. Perché, allora, non unire la popolazione
giovane e dinamica della Turchia dopo averla fornita
delle giuste competenze?
L’idea dell’inconciliabilità fra
cristiani e musulmani, che spesso si radicalizza in
posizioni manichee, in realtà può e deve
tramutarsi in una sinergia tra le due diverse culture,
in un valore aggiunto per entrambe le civiltà.
Un valore che, con gli oltre dodici milioni di musulmani
turchi, porterebbe l’Europa ad un rinnovato e
più importante ruolo nei rapporti con il Medio
Oriente. L’Occidente condanna il razzismo e persegue
ideali fondati sull’uguaglianza: è giunta
l’ora di metterli in pratica. La nostra epoca
è quella della conoscenza, della tecnologia,
del rapido scambio di informazioni; tutto ciò
può essere ancora più sinergico se l’humus
nel quale si sviluppa è condiviso e aperto il
più possibile. Dobbiamo unire le nostre mani
alle vostre e saremo parte del grandissimo viaggio nella
storia dell’Europa; riscatteremo 35 milioni di
donne turche pronte a fare un miracolo per noi tutti,
con la loro energia positiva e la loro volontà
di arrivare a un mondo migliore.
Ayse Kulin, scrittrice, autrice di numerose raccolte
di racconti e di quattro romanzi, è tra le voci
più apprezzate della letteratura turca contemporanea.
Questo articolo è l'intervento tenuto da Ayse
Kulin al convegno internazionale Turkey and the European
Union:reason for a historic choice, organizzato a Bruxelles
presso la sede del Parlamento europeo dal Partito Radicale
Transnazionale, Alde e No Peace without Justice.
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