A
partire dal 2000 la Tate Modern, più nota galleria
d’arte contemporanea di Londra, ha ospitato nell’ampio
spazio della sua Turbine Hall, una serie di opere commissionate
annualmente dall’associazione Unilever allo scopo
di impegnare artisticamente quest’area, un tempo
stazione elettrica, e di trasformarla ogni volta attraverso
l’impiego complessivo delle sue qualità
di vasto ambiente vuoto e quindi potenzialmente sfruttabile
sotto ogni aspetto: da quello dispositivo a quello acustico
passando per il visivo. Proprio come il Marsyas
di Anish Kapoor’s e The Weather Project
di Olafur Eliasson’s nelle edizioni precedenti
sono riusciti perfettamente a occupare la Turbine Hall
visivamente, stimolando un senso di ordinata sovrabbondanza
nel primo caso e di sottile misticismo nel secondo,
il Raw Materials di Bruce Naumann, attualmente
in esposizione, o piuttosto on air, fino al 28 marzo
2005, mira a riempire lo stesso spazio stavolta utilizzandone
le potenzialità acustiche.
Ora uno dei più importanti artisti contemporanei,
a venti anni Naumann studiava matematica all’università
e a venticinque realizzava la sua prima mostra personale.
Era il 1966. Da allora il suo inizialmente pittorico
interesse artistico si è espanso a dismisura
andando a coprire un territorio estremamente eterogeneo
che è testimone di una instancabile ricerca espressiva
portata avanti attraverso l’esplorazione di diversi
media: scultura, installazioni, performance, film, video,
fotografia e neon.
Raw Materials è una sound installation
realizzata grazie all’uso di ventidue altoparlanti
disposti simmetricamente lungo i due lati della Hall
in modo tale che ognuno di essi rifletta e amplifichi
il contenuto sonoro di quello di fronte. I contenuti
in questione sono registrazioni di testi di precedenti
lavori dell’artista che coprono un arco temporale
di quaranta anni. Ognuno di essi sembra voler sperimentare
il linguaggio attraverso l’esasperazione di alcune
delle sue fondamentali caratteristiche. Per esempio
nel testo Get Out of my Mind, Get Out of This Room,
la voce dello stesso Naumann ripete la frase del titolo
come stesse per soffocare, trasmettendo appunto un senso
di asfissia e claustrofobia. Altre registrazioni, come
False Silence o Consummate Mask of Rock, sono
narrazioni incomprensibili in cui vengono descritti
stati psicologici in netto contrasto con il tono calmo
della voce. Altri pezzi esplorano la costruzione delle
frasi o singole parole ripetute senza una fine, o ancora
storie che iniziano nel momento stesso in cui terminano.
Tutto ciò si fonde inevitabilmente alle modulazioni
vocali delle diverse fonti sonore, alle combinazioni
acustiche e semantiche che il pubblico, o meglio l’audience,
assorbe camminando, spostandosi da un centro sonoro
all’altro e da questo a un ipotetico centro spaziale,
o al livello superiore della Hall, esperendo fisicamente
un’alterazione del significato che ha inevitabilmente
richiami filosofici. Il linguaggio, nelle sue svariate
forme, è infatti da sempre centrale nel lavoro
di Naumann, così come la familiarità con
il pensiero di Wittgenstein o i drammi di Beckett. Evidente
e fondamentale è infatti l’impianto testuale
di questa imponente installazione acustica che interroga
nuovamente e in una rinnovata forma il rapporto esistente
tra i perni dell’ormai antica distinzione strutturalista
tra significante e significato. Antica perché
ormai superata da una, per noi efficace, ricongiunzione/decostruzione
derrideana. Proprio questa assimilazione, piuttosto
il riconoscimento di una tale interrelazione, sembra
essere il merito intellettuale oltre che espressivo
del “materiale grezzo” che costituisce il
lavoro di Naumann.
Bruce Naumann, Raw Materials,
Tate Modern Turbine Hall, Londra
fino al 28 marzo 2005
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