269 - 07.01.05


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Racconto sentimentale tra Kafka e Dalì
Armando Gnisci


Voglio raccontarvi di Praga e Lisbona, due città nelle quali sono stato solo una volta.
Ho visitato la prima nel 1967. E non ci sono più tornato. Continuo a mancarle da allora. Potrei, o meglio, dovrei andarci un giorno o l’altro a posta, per non rimanere separati ancora tanto. Ma come si fa a fare un viaggio così (…, come dire?) senza scopo? Voglio dire senza convegni, conferenze, vacanze che sembrano scopi, missioni, e pare che diano senso. Ma andare a Praga solo perché manco da troppo tempo non ha senso. Non c’è un tempo, né un’occasione o una necessità, giuste, per farlo mai. La pigrizia e la malinconia fanno il resto; il nulla. Si resta così, separati e con i libri in testa. Kafka, Ripellino, Meyrinck, certo. Ma soprattutto un libricino prezioso di Gustav Janouch, Colloqui con Kakfa, del 1947, pubblicato nella traduzione italiana di Ervino Pocar nel 1964 dall’editore Martello di Milano. Dubito che quell’editore ancora esista.

A Lisbona, sono stato soltanto nel 2002. E fino ad allora l’ho sempre immaginata e guardata attraverso una specie di survisione marina; immaginate quadri e campi visivi come se fossero stati dipinti da Botticelli, Giovanni Bellini, Monsù Desiderio e Dalì, insieme. E attraverso due libri soprattutto. Una piccola guida alla sua città scritta da Pessoa, che lessi nell’intervallo del dopo averla trovata e acquistata e del prima di regalarla, che ho posseduto per pochissimo tempo. Non ho più memoria di chi l’abbia pubblicata in italiano, un piccolissimo editore, mi ricorda di ricordare. E il viaggio in Portogallo di Saramago, uscito da Einaudi. Un libro dove non si parla di Lisbona, ma di tutti i paesini e città sparse per i monti e l’oceano. Lisbona sembra che stia in uno spazio a parte dal libro, altrove; come se fosse veramente in quei quadri ottomani, si potrebbe immaginare. O in un altro ricordo.

Queste due città stanno per me come stelle nel campo della nostalgia. Del resto, so raccontare le città e i viaggi solo sentimentalmente.
A proposito di nostalgia, se ne avete (io sempre, of course) delle panchine di legno inglesi, potete trovarle a Roma, nel Cimitero degli Inglesi, accanto alla tomba di Keats e del figlio di Goethe, sotto la mole temperata della piramide Cestia, a Porta San Paolo.

 


 

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