Italo
Moscati, Vittorio DeSica,
Rai-Eri ed Ediesse, pp. 193, Euro 12,00
Che cosa si può dire di un regista-attore-cantante
che ha vinto quattro Oscar ed è diventato portavoce
dell'italianità nel mondo? Si può raccontare,
attraverso di lui, la storia di un'Italia dolceamara
(come dice il sottotitolo) passata, nello spazio della
vita di De Sica (della cui scomparsa si è appena
celebrato il trentesimo anniversario) attraverso due
conflitti mondiali e due faticosi dopoguerra, un boom
economico (e "Il boom" è proprio il
titolo di un film del regista) e gli anni della contestazione.
In quest'Italia in evoluzione, a commentarla attraverso
immagini indimenticabili, c'era Vittorio De Sica, con
la sua lieve ironia, la sua attenzione alla realtà
della gente comune, la sua capacità visionaria
tanto spesso sottovalutata, se paragonata ai Fellini
e ai Pasolini. De Sica che sapeva essere un maresciallo
di paese come un "generale" che solo in carcere
ritrova una coscienza; un baro e un gran signore; un
gagà e un ambasciatore.
A raccontarci De Sica come Fregoli è Italo Moscati,
già autore di una recente biografia di un'altra
icona cinematografica italiana ma anche internazionale,
Anna Magnani, per la stessa casa editrice Ediesse (con
Rai-Eri) che pubblica il saggio Vittorio De Sica - Vitalità,
passione e talento in un'Italia dolceamara. Moscati,
scrittore, regista e critico (e uno dei relatori al
convegno di Reset organizzato per il 23 novembre), non
si limita a infarcire il suo saggio di fatti e cifre
- che pure ci sono: una per tutti, i 157 film in cui
De Sica ha recitato, superato numericamente solo da
Alberto Sordi- ma lo arricchisce di aneddoti, citazioni,
curiosità, restituendo al personaggio quella
carica umana che è sempre stata la sua arma vincente.
Vittorio D. appare grande in tutti i suoi difetti e
le sue debolezze ancor più che nei suoi numerosi
talenti; la sua vita privata, complessa e pasticciata,
colora la sua carriera invece di macchiarla; la sua
capacità di rapportarsi al presente fa di lui
un cantore della sua contemporaneità, e quindi
adesso un testimone della storia d'Italia, o meglio,
di quell'Italietta che lui amava tanto, pur essendo
conteso all'estero, dove ha recitato in inglese e francese,
a Hollywood come nel resto d'Europa.
De Sica non è mai stato un provinciale, ma ha
capito e raccontato la provincialità di ogni
italiano, e l'ha raffigurata con tenerezza, come una
virtù più che come un limite. Nel raccontare
il grande fantasista in tutte le sue sfaccettature,
anche attraverso le voci e i ricordi di chi l'ha conosciuto
e amato, Moscati non fa bilanci, ma apre le porte alla
comprensione - olistica, direi - di una personalità
originale, da poeta più che da "mercante
di pellicola".
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