266 - 27.11.04


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Il primo maresciallo d'Italia
Paola Casella


Italo Moscati, Vittorio DeSica,
Rai-Eri ed Ediesse, pp. 193, Euro 12,00

Che cosa si può dire di un regista-attore-cantante che ha vinto quattro Oscar ed è diventato portavoce dell'italianità nel mondo? Si può raccontare, attraverso di lui, la storia di un'Italia dolceamara (come dice il sottotitolo) passata, nello spazio della vita di De Sica (della cui scomparsa si è appena celebrato il trentesimo anniversario) attraverso due conflitti mondiali e due faticosi dopoguerra, un boom economico (e "Il boom" è proprio il titolo di un film del regista) e gli anni della contestazione.

In quest'Italia in evoluzione, a commentarla attraverso immagini indimenticabili, c'era Vittorio De Sica, con la sua lieve ironia, la sua attenzione alla realtà della gente comune, la sua capacità visionaria tanto spesso sottovalutata, se paragonata ai Fellini e ai Pasolini. De Sica che sapeva essere un maresciallo di paese come un "generale" che solo in carcere ritrova una coscienza; un baro e un gran signore; un gagà e un ambasciatore.

A raccontarci De Sica come Fregoli è Italo Moscati, già autore di una recente biografia di un'altra icona cinematografica italiana ma anche internazionale, Anna Magnani, per la stessa casa editrice Ediesse (con Rai-Eri) che pubblica il saggio Vittorio De Sica - Vitalità, passione e talento in un'Italia dolceamara. Moscati, scrittore, regista e critico (e uno dei relatori al convegno di Reset organizzato per il 23 novembre), non si limita a infarcire il suo saggio di fatti e cifre - che pure ci sono: una per tutti, i 157 film in cui De Sica ha recitato, superato numericamente solo da Alberto Sordi- ma lo arricchisce di aneddoti, citazioni, curiosità, restituendo al personaggio quella carica umana che è sempre stata la sua arma vincente.

Vittorio D. appare grande in tutti i suoi difetti e le sue debolezze ancor più che nei suoi numerosi talenti; la sua vita privata, complessa e pasticciata, colora la sua carriera invece di macchiarla; la sua capacità di rapportarsi al presente fa di lui un cantore della sua contemporaneità, e quindi adesso un testimone della storia d'Italia, o meglio, di quell'Italietta che lui amava tanto, pur essendo conteso all'estero, dove ha recitato in inglese e francese, a Hollywood come nel resto d'Europa.

De Sica non è mai stato un provinciale, ma ha capito e raccontato la provincialità di ogni italiano, e l'ha raffigurata con tenerezza, come una virtù più che come un limite. Nel raccontare il grande fantasista in tutte le sue sfaccettature, anche attraverso le voci e i ricordi di chi l'ha conosciuto e amato, Moscati non fa bilanci, ma apre le porte alla comprensione - olistica, direi - di una personalità originale, da poeta più che da "mercante di pellicola".

 

 

 

 

 

 

 

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