263 - 16.01.04


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Da Milano a Baudelaire
Luca Sebastiani

Scomparso il 16 settembre 2004 all’età di 72, Giovanni Raboni, uno dei più importanti poeti italiani contemporanei, era nato a Milano nel 1932 e aveva fatto della propria città lo spazio metaforico della modernità e il luogo della sua molteplice esperienza culturale. Poeta, critico, traduttore, Raboni aveva cominciato la sua attività poetica all’inizio degli anni Sessanta pubblicando due plaquettes, Il catalogo è questo (1961) e L’insalubrità dell’aria (1963), poi confluite in La casa della Vetra (1966). Seguirono Cadenza d’inganno (1975), Nel grave sogno (1982), Canzonette mortali (1986) e A tanto caro sangue (1988). Nelle successive raccolte Raboni tenta una nuova via recuperando forme metriche tradizionali. Ad inaugurare questo periodo è la raccolta Versi guerrieri e amorosi (1990), che tra l’altro contiene una sezione in cui il poeta torna con il ricordo alla sua esperienza di ragazzetto durante la guerra. Scrive Raboni in proposito e a proposito della nuova versificazione: “Da molto tempo pensavo di scrivere qualcosa sulla guerra, ma ogni volta urtavo contro un clima e un linguaggio che non volevo, quelli della memoria elegiaca. A mettermi su una strada diversa sono state una frase di Goethe (“Bisogna confessare che ogni poesia converte i soggetti che tratta in anacronismi”) e più ancora, forse, la richiesta di riconoscibilità formale che sempre più la poesia mi sembra rivolgere oggi ai poeti per poter continuare o ricominciare ad esistere, oltre che nella volontà e immaginazione, anche nella mente e nell’orecchio dei lettori. Il libro è nato dall’intersezione di due tentativi o desideri: il primo di non perdita, l’altro di ritrovamento”. A questa sono seguite le raccolte Quare tristis (1993), Tutte le poesie (2000), Rappresentazione della croce (2000) e Barlumi di storia (2002).

Quella di Raboni è una poesia che ha filtrato gli elementi di un territorio culturale molto vasto, piena di rimandi alle esperienze più disparate. La sua poesia strozzata, narrativa, ricca di elementi della realtà, di lessici bassi e di figure grottesche, fa parte appieno e autorevolmente di quella che è stata definita da Luciano Anceshi la “Linea lombarda”, di quel modo poetico, cioè, che, soprattutto sull’esempio di Vittorio Sereni e di certo Montale, recupera una certa oggettività di contro alla precedente poesia cosiddetta novecentista, ermetica, lirica e solipsistica. Oltre alle influenze di questa tendenza lombarda, che si vede anche in certi tratti, soprattutto all’inizio, espressionistici e morali, Raboni fa propri gli elementi delle più importanti esperienze poetiche a livello internazionale: da T. S. Eliot e Ezra Pound per il mondo anglosassone, da Apollinere a Baudelaire per il mondo francese.
Critico attento, Raboni è stato anche traduttore, tra l’altro, di À la recherche du temps perdu di Proust e de Les Fleur du mal di Baudelaire. Soprattutto quest’ultimo autore ha costituito per il poeta milanese una costante guida dentro la modernità di una poesia intimamente dissonante, “più sottile e più delicata che non l’arte della consonanza” - scrive il critico Albert Thibaudet. Definizione che Raboni fa sua e attraverso la quale filtra “non solo qualsiasi discorso sulla modernità di Baudelaire, ma anche ogni immagine o progetto, ancora oggi, di modernità in poesia”. Il confronto con gli alessandrini baudelairiani è durato per quasi tutta la vita, e ogni volta le sue versioni del corpus dei Fleurs hanno rispecchiato la sua coeva produzione. Le traduzioni di Baudelaire in cui la dissonanza tra prosa e poesia e tra lessico alto e basso era esibita in maniera più divaricata, hanno accompagnato la produzione più innovativa di Raboni, mentre il recupero di una metrica più tradizionale e di una dissonanza più dissimulata, hanno accompagnato l’ultima fase poetica del Raboni più “formalista”. Scrive lui stesso di aver tentato una normalizzazione metrica nelle sue versioni baudelairiane e “chi nel frattempo avesse seguito la mia attività di scrittore di versi in proprio vi avrebbe probabilmente notato un’evoluzione d’analogo segno e significato. In realtà, e più in generale, è ragionevole supporre che io abbia proiettatto via via su questa impresa i miei interessi personali del momento”.

 

 

 

 

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