Malgrado la nutrita presenza del cinema asiatico
in concorso - e parliamo di miti del cinema orientale
come Hou Hsiao-Hsien e Im Kwon-taek -, malgrado alcuni
nomi di spicco del cinema americano nella sezione
principale - Todd Solondz, Jonathan Glazer -, all'ultima
edizione della Mostra del Cinema di Venezia ha trionfato
l'Europa: Leone d'oro e Coppa Volpi per la miglior
interpretazione femminile al film inglese Vera
Drake; Gran premio della regia e Coppa Volpi
per la miglior interpretazione maschile allo spagnolo
Mare dentro; Premio Mastroianni ai due giovani
protagonisti dell'italiano Lavorare con lentezza.
Solo uno dei premi principali, il meritatissimo Leone
d'argento al coreano Binjip, è uscito
dai confini dell'Unione.
Vera Drake di Mike Leigh è un dramma
di impianto classico, che segue le vicende di una
donna di mezza età e di modesta estrazione
sociale che, nella Londra degli anni Cinquanta, pratica
aborti clandestini senza alcun tornaconto personale,
confrontandosi quotidianamente con l'iposcrisia di
facciata della società inglese di quell'epoca.
Mare dentro narra le vicende di un tetraplegico
galiziano che sceglie di terminare la propria vita
ponendosi contro la legislazione di un paese laico
solo in teoria, la cui giurisprudenza poggia invece
ancora su basi fortemente cattoliche. Infine Lavorare
con lentezza di Giudo Chiesa ricorda la Bologna
fine anni Settanta, dove le ideologie si avvicinano
al tramonto e l'energia giovanile scocca le ultime
scintille.
Questi film sono europei non solo nella collocazione
geografica ma soprattutto nello stile, nonostante
almeno uno dei registi - Alejandro Amenábar,
autore di Mare dentro - abbia alle spalle
esperienze hollywoodiane e non disdegni i metodi e
gli stratagemmi narrativi del cinema d'oltreoceano.
In che senso possiamo parlare di stile europeo? I
tre film già citati, pur nella varietà
di ispirazione e "mano" registica, mostrano
alcuni elementi comuni. Innanzitutto una certa lentezza,
che permette alle singole storie di dipanarsi secondo
i loro ritmi: il caso del film di Chiesa (che paradossalmente
si intitola proprio Lavorare con lentezza)
è occasionalmente più veloce, ma per
scelta tematica - la frenesia degli ultimi fuochi
della Bologna contestatrice, che si alterna al ritmo
più lento delle vicende individuali dei protagonisti.
I dialoghi sono ricchi e ben articolati, mai superficiali,
e contengono in sé quell'azione che gli americani
delegano interamente al movimento, agli spari e alle
evoluzioni degli stuntman. Una volta Almodòvar
disse: "I nostri effetti speciali sono le emozioni":
anche i film vincitori a Venezia sono stati densi
di emozioni, nude ed esplorate nel dettaglio, con
una calma e una franchezza che sono ormai tabù
nei grandi film hollywoodiani, e infrequenti anche
nel cinema asiatico, che è generalmente più
rarefatto e più obliquo nella descrizione dei
sentimenti (né è la riprova anche Binjip,
la favola firmata da Kim Ki-duk vincitrice del Leone
d'argento, che è praticamente un film muto,
dove si allude ai sentimenti più che mostrarli).
Se si considera che in giuria c'erano Spike Lee e
Scarlett Johansson, più due europei in gran
parte americanizzati come il regista - presidente
di giuria - John Boorman e il montatore Pietro Scalia,
nonché la produttrice cinese Xu Feng, è
interessante osservare che la scelta è tuttavia
caduta su pochi titoli europei che poco attingono
al cinema del resto del mondo, e tutto alla tradizione
del Vecchio continente.
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