261 - 18.09.04


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Un uomo in bilico sulle sue scelte
Luca Sebastiani

Isaac B. Singer, Schiuma, Guanda, pagg. 222, euro 7,50.

“Carne e corruzione erano le stesse dall’inizio e sarebbero sempre rimaste la schiuma della creazione, l’esatto contrario della Sua sapienza, della Sua misericordia e del Suo splendore”.
È l’epigrafe posta in esergo a Schiuma, uno degli ultimi romanzi di Isaac Bashevis Singer, e ne introduce perfettamente il significato profondo, il percorso del personaggio tra ricerca e perdizione, tra demoniaco e divino.
Scum, che il traduttore ha reso in italiano con schiuma, significa anche feccia e in questa accezione la parola illumina forse ancor meglio il senso di questo libro che l’autore ha scritto all’approssimarsi della morte.

Nato in Polonia esattamente cento anni fa presso una comunità ebraica di lingua yiddish, Singer emigrò alla metà degli anni Trenta negli Stati Uniti per sfuggire alla persecuzione nazista del suo popolo e d’allora ha sempre cercato di far rivivere quella cultura in via d’estinzione attraverso la propria opera. In questo romanzo in particolar modo il ritorno alla terra madre diventa tema e metafora di una ricerca interiore.
In un’intervista concessa negli anni Settanta ad un altro scrittore ebreo-americano, Philip Roth, Singer, rievocando il suo arrivo a New York, dichiarò: “In quel momento la Polonia mi sembrò così lontana! Quando una persona che ti è molto vicina muore, nelle prime settimane dopo la morte ti è molto lontana, lontana quanto può esserlo una persona vicina; solo con gli anni si va avvicinando, finché puoi quasi viverci insieme. È quello che è accaduto a me. La Polonia, la vita ebraica in Polonia, mi sono più vicine adesso di quanto lo fossero allora”.

Max Barabander, ebreo polacco emigrato in Argentina, torna dopo venti anni, nei primi anni del secolo, a Varsavia per visitare la tomba dei genitori e per cercare di dare un senso alla propria vita. Ha ormai quarantasette anni, ma la morte improvvisa del figlio ha introdotto una discontinuità nel percorso della sua esistenza.
La moglie, rimasta a Buenos Aires, sconvolta dalla perdita si chiude in sé e smarrisce il senno, mentre Max, ex malavitoso ed ora uomo ricco, vuole essere artefice del proprio destino e si mette alla ricerca di una donna che possa risvegliare la sua sessualità da tempo sopita e dargli una nuova vita.
“Da quando suo figlio era morto, Max pensava spesso alla morte. Se un giovane di diciassette anni può accusare un mal di testa e, dieci minuti dopo, esalare l’ultimo respiro, ebbene, l’esistenza dell’uomo non vale una boccata di fumo”.

La quete intrapresa per cercare di scorgere tra il “fumo” dell’esistenza una direzione, lo porterà ad affondare le mani nella feccia e ad inabissarsi nelle sabbie mobili del versante corrotto dell’umanità.
Continuamente combattuto tra la sua naturale inclinazione al malaffare e una nuova esigenza di “santità”, Max ritorna nel quartiere della sua infanzia e si trova invischiato in una realtà brulicante di prostitute e lenoni, inganni e corruzione.
Non che l’umanità sia consegnata completamente al demoniaco e al male; anche in questo ghetto, tra sordide taverne e puzzo di pesce affumicato, il bene fa capolino, rappresentato dal rabbino e la sua famiglia e dalle reminiscenze dei genitori, esempi di rettitudine e, quando erano in vita, prodighi di positivi insegnamenti.
Max ascolta il richiamo dei padri, ma non sa accoglierli e alla fine non si recherà neanche alle loro sepolture; osserva ammirato la famiglia del rabbino ed è tentato di seguirne l’esempio, di sposare addirittura la figlia del “sant’uomo”, ma alla fine preferirà seguire un’ex prostituta fino al compimento del suo destino, destino continuamente vissuto in ripetuti incubi notturni.

Era già segnata la sua strada? Era predestinato a quella fine Max? Non è detto. L’uomo assume la responsabilità delle sue scelte, ci dice Singer.
L’uomo è solo, è reso solo dalle scelte che deve continuamente compiere tra il bene e il male. Il libero arbitrio, grande tema della narrativa singeriana, determina la concreta possibilità della perdizione, ma anche quella dell’esito positivo.
Singer non traccia cammini sicuri, non indica soluzioni. L’uomo è terribilmente solo con la propria libertà e il suo peso schiacciante, e con questa può perdersi o ritrovarsi, in un orizzonte spalancato al possibile.

 

 

 

 

 

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