Una
delle abitudini più piacevoli dell'estate nelle
grandi città italiane è quella di inserire
nei cartelloni delle cosiddette arene estive - cinema
all'aperto, circoli culturali, festival open air -
i film dell'anno appena trascorso, dando così
agli spettatori la possibilità di recuperare,
magari anche solo per una sera, le chicche che si
sono lasciati sfuggire nel corso della stagione precedente
Abbiamo dunque pensato di fornire ai lettori di Caffè
Europa una piccola mappa di alcuni film europei
che, se riproposti quest'estate, non vanno lasciati
scappare una seconda volta. Paese per Paese, ecco
i titoli migliori, fra quelli meno gettonati, usciti
durante la stagione cinematografica 2003-2004.
Italia
Crechiamo
di essere almeno un po' nazionalisti, perché
qualche buon film italiano passato in sordina andrebbe
davvero inseguito, prima che passi definitivamente
agli scaffali dell'home video. Noi consigliamo L'amore
ritorna di Sergio Rubini, forse il più
pubblicizzato fra i film italiani a raccogliere poco
pubblico in sala: è la storia quasi autobiografica
del regista-attore pugliese, che con autoironia e
un tocco di realismo magico racconta la sua vita e
quella dei volti noti che lo circondano (Margherita
Buy, ex moglie sia nel film che nella vita, Asia Argento
interpretata nel film da Giovanna Mezzogiorno). All'estremo
opposto - poco entertainment e tanta gravità
espressiva - l'inquietante Pater familias
di Francesco Patierno, poco visto anche per la sgradevolezza
del tema principale - la violenza domestica - e invece
assolutamente degno di nota, soprattutto come esordio.
Esordiente anche il Salvatore Mereu di Ballo a
tre passi, film di quella che ormai viene definita
la nuova "scuola sarda" (come del resto
La destinazione di Piero Sanna, altro esordio
cinematografico da segnalare avvenuto lo scorso anno),
una piccola storia con la forza archetipale della
leggenda mitologica. Infine è ancora nelle
sale, ma per poco, E' più facile per un
cammello..., l'ottimo debutto cinematografico
dell'attrice Valeria Bruni Tedeschi, italiana di nascita
e francese di adozione, che come Rubini racconta se
stessa e la sua singolare famiglia (fra cui la sorella
top model e cantante Carla, interpretata magistralmente
da Chiara Mastroianni) con una leggerezza che nasconde
grande profondità e con un'originalità
espressiva che fa sperare nella nascita di un'autrice
veramente innovativa.
Francia
Visto
che abbiamo sconfinato oltralpe con Valeria Bruni
Tedeschi, ricordiamo almeno un paio di piccoli film
francesci usciti nel corso dell'ultimo anno che avrebbero
meritato maggiore attenzione: il collage cinematografico
Il costo della vita di Philippe Le Guay,
che raccoglie svariate storie incentrate sul rapporto
fra gli uomini e il denaro (o, più specificatamente,
fra gli europei e l'euro) dal tono agrodolce, e la
commedia I sentimenti della regista e sceneggiatrice
Noémie Lvovsky, dove un tradimento coniugale
diventa metafora della difficoltà che abbiamo
tutti nell'assecondare i cambiamenti del nostro cuore.
Entrambi i film sono ottimi esempi di cinematografia
quintessenzialmente francese: toni light e dialoghi
brillanti, ma un sottofondo di crudeltà e di
amarezza. Ed entrambi vantano un cast di prim'ordine,
esempio della vivacità e del buon livello professionale
del cinema dei nostri cugini.
Spagna
Per restare fra i paesi latini, ecco almeno un film
spagnolo che non potete perdervi, se lo ritrovate
in cartellone durante questa lunga estate. E' Ti
dò i miei occhi, di Iciar Bollaín
(avete notato quante delle nostre segnalazioni riguardano
film diretti da donne?), che come Pater familias
ha subìto lo scotto di trattare il tema
difficile della violenza domestica. La vicenda di
un matrimonio sconvolto dall'incontrollabilità
fisica del marito è raccontata con grande delicatezza
e con la comprensione profonda riservata ad una storia
d'amore che, pur nella sua devianza (ampiamente condannata
dalla regista), mantiene comunque quell'intensità
emotiva e quelle buone intenzioni di partenza che
rendono la tragedia ancora più pregnante.
Paesi Scandinavi
Sempre di violenza domestica, ma in questo caso psicologica
e culturale, tratta L'amore di Marja, diretto
da un'ennesima donna, l'italo-finlandese Anne Riitta
Ciccone. E' la storia vera di una donna scandinava
(la madre della regista, interpretata dalla luminosa
Laura Malmivaara) che per amore si trasferisce nel
sud dell'Italia anni '70 e subisce lo sciovinismo
italico perpetrato persino più dalle donne
locali che dagli uomini. Il sacrificio di Marja, che
si immola per il bene delle figlie, ricorda i martirii
tutti al femminile raccontati da Lars Von Trier. E
allora come non esortare gli spettatori estivi a recuperare
Dogville di Von Trier, parabola contemporanea
di un'eroina tragica che ha il volto trasparente di
Nicole Kidman? Solo Arancia meccanica è
stato altrettanto diretto ed esplicito nel raccontare
l'ineludibile componente di violenza della società
occidentale. Degno seguace di Von Trier, il danese
Per Fly ha firmato invece una tragedia scespiriana
ambientata a Copenhagen, L'eredità,
dove soldi e potere hanno lo stesso potere di corruzione
della violenza in Dogville.
Islanda
Ma torniamo alla leggerezza (non superficiale). Alla
scuola di cinema di Lars Von Trier si è formato
anche Dagur Kari, il regista di Nòi Albinòi,
delizioso film ambientato fra i ghiacci islandesi
che racconta come una metafora la vicenda di un outsider,
l'albino Nòi, bianco come il suo Paese ed emarginato
come tutti noi, chi più chi meno consciamente.
Un film premiatissimo, ma da noi passato sotto un
silenzio glaciale.
Russia
Molti si sono persi persino il film che ha trionfato
all'ultima Mostra del cinema di Venezia, il russo
Il ritorno di Andrey Zvyagintsev. Peccato, ma peccato
grave: è vero che un drammone in bianco e nero
con i tempi biblici del primo Tarkovskij non è
un bocconcino per tutti, ma davvero questo poetico
racconto on the road su due figli alla riscoperta
di un genitore per molto tempo assente è una
grande lezione di cinema e un notevole spunto di riflessione,
per chi si chiede cosa ne sarà della Russia
senza padri e senza ideologie, a parte quella del
consumismo più sfrenato.
Inghilterra
Dalla Mostra del cinema di Venezia - ma addirittura
quella del 2002 - è approdato sugli schermi
italiani nella stagione passata un altro film profondamente
critico del consumismo occidentale: si tratta di Piccoli
affari sporchi di Stephen Frears, film d'azione-drammatico-romantico
(impossibile ascriverlo ad un solo genere) che tratta
lo scottante argomento del traffico degli organi per
raccontare una Londra multietnica in cui persino le
vite umane sono prezzate sul mercato - e valgono di
più come pezzi di ricambio che nella loro interezza.
Non solo dramma ma anche tanta ironia: da antologia
la scena in cui una serie di "extracomunitari"
mette a segno una truffa approfittando della propria
invisibilità agli occhi del Primo mondo: "Noi
siamo quelli che voi non vedete", dice proprio
uno dei protagonisti, e in un istante ci viene fatto
notare come milioni di esseri umani siano, per molti
di noi, semplicemente sfondo.
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