259 - speciale agosto 2004


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Una città non vale l’altra
Martina Toti

Bill Bryson,
Una citta’ o l’altra. Viaggi in Europa,
Guanda, pagg. 277 pagine, euro 14,00.

Un ragazzo dell’Iowa, vent’anni appena, magro e timido, attraversa l’Europa zaino in spalla. Impiega quattro mesi per andare dalla Gran Bretagna all’Irlanda, dalla Scandinavia alla Germania, dalla Svizzera all’Austria, e arrivare, alla fine, in Italia. E’ il 1972. Vent’anni dopo, il ragazzo – che altri non è se non Bill Bryson - è diventato uno scrittore, si è sposato e, da quasi quindici anni, si è trasferito in Inghilterra. Vive in Europa ma dell’Europa – con grande rammarico - aveva visto di più durante quel primo viaggio.

Allora, aveva provato un intimo stupore per il vecchio continente: "Una delle piccole meraviglie del mio viaggio in Europa fu scoprire che il mondo poteva essere tanto vario da originare modi diversi di fare in pratica le stesse identiche cose, tipo mangiare e bere e acquistare biglietti per il cinema. Mi affascinava come gli europei potessero essere tanto uguali tra loro – a tal punto da risultare al contempo universalmente intellettuali e cerebrali, guidare auto minuscole e vivere in piccole case di città antiche, amare il calcio, essere relativamente così poco materialisti e rispettosi delle leggi, avere alberghi con camere gelide e locali dove bere e mangiare in un’atmosfera intima e invitante – pur rimanendo così eternamente e sorprendentemente diversi. Amavo l’idea che in Europa non ci fosse nulla di definitivo."

Così a quarant’anni Bryson decide di rimettersi in viaggio e di attraversare di nuovo l’Europa, da Nord a Sud: da Hammerfest, la città più settentrionale del mondo, fino a Istanbul. E in viaggio scrive il suo diario: Una città o l’altra. Eppure qualcosa dello spirito del ragazzo ventenne ha finito per perdersi lungo la strada. Il fascino del vecchio continente ha lasciato il posto a uno sguardo disincantato e pungente che non risparmia niente: dalla televisione norvegese, agli “hippies sopravvissuti” di Amsterdam, all’architettura europea contemporanea, agli automobilisti francesi. Osservazioni caustiche, e a tratti stereotipate, bruciano quasi tutto quello in cui Bryson si imbatte: monumenti, personaggi, stili di vita.

Interessante? Sicuramente. Divertente? Può essere. Ma a tratti lascia la bocca amara. Perché? Forse perché la meravigliosa scoperta di un mondo tanto vario – di cui Bryson stesso parla riferendosi al suo primo viaggio europeo – sembra essere diventata, in questo libro, uno spiacevole e fastidioso dato di fatto.

 

 

 

 

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