258 - 31.07.04


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Una questione di giustizia poetica
Hans Weingartner e Daniel Bruhl con Paola Casella

Gli ultimi dieci anni hanno visto una rinascita del cinema tedesco, che dopo i tempi d'oro del Nuovo Cinema anni Settanta, incarnato da Fassbinder, Wenders e Schlondorff, sembrava non avere prodotto eredi in patria. Invece alcuni talenti registici emergenti come Tom Tykwer (Lola corre), o ritrovati come Wolfgang Becker (Goodbye, Lenin!) la Germania sta ritrovando una vitalità cinematografica sorprendente, anche attraverso la presa di coscienza, da parte di registi e sceneggiatori, che un film, per avere successo, deve rimanere accessibile, senza per questo perdere la propria identità culturale e perché no, nazionale: basta con le imitazioni hollywoodiane, dunque, che avevano costellato tutta la fine del secolo scorso, e avanti con le prese di coscienza di una specificità tedesca esaminata senza pregiudizi e senza falso orgoglio.


Alla nuova scuola del cinema tedesco appartengono di diritto Hans Weingartner, il 28enne regista di The Edukator, in concorso all'ultimo Festival di Cannes, e Daniel Bruehl, rivelazione di Goodbye, Lenin! e star del film di Weingartner, con cui aveva già lavorato nel premiatissimo (ma mai distribuito in Italia) Das Weiße Rauschen. Entrambi ci parlano della difficoltà di essere giovani e pieni di ideali in un'epoca, e un continente, sopravvissuto con fatica alle grandi ideologie.
"Nel '68 bastava avere i capelli lunghi e farsi le canne per sentrisi rivoluzionario" comincia Weingartner. "Oggi la ribellione è più complessa e più sottile, anche perché l'obiettivo non è più tanto chiaro. I mass media sono maestri nel prendere tutto ciò che è contro e, come Alien, fagocitarlo, per poi rivenderlo al mondo come un prodotto di consumo, dalla maglietta con la faccia del Che al disco 'ribelle' dei Sex Pistols. Quand'ero a Cannes, mi ha colpito un poster gigantesco che reclamizzava un nuovo profumo: il profumo si chiamava Revolution".

"Il sistema politico tedesco attuale è molto liberal, né di destra né di sinistra, una sorta di centro moderato, perciò i giovani non hanno un vero e proprio nemico istituzionale - a parte George Bush, naturalmente", gli fa eco Bruehl. "I problemi ci sono, ma non c'è un consenso su come risolverli, soprattutto fra gli under-30 come me. Faccio un mea culpa io per primo: sono al corrente di certe situazioni difficili, le critico, ma non so bene come combatterle, come fare sentire la mia voce, se non attraverso i film che interpreto. E ammiro i miei personaggi perché sono molto più ribelli di me: io non ho il loro coraggio".

"Il cinema tedesco sta avendo una rinascita perché il governo ha deciso di investire sui giovani", dice Weingartner. "Fino a pochi anni fa in Germania si giravano soprattutto commedie ad opera di mestieranti navigati che spesso provenivano dalla televisione. Adesso invece si rischia di più, anche nell'interesse di ritrovare un'immagine culturale nazionale". "Aiuta molto il fatto che tanti nuovi film sono girati in digitale", aggiunge Bruehl. "E' una scelta artistica, ma anche economica: i film costano meno, e il governo ha più voglia di sponsorizzarli, il che è un bene, perché invece il settore privato si sta disinteressando completamente del cinema. Das Weiße Rauschen, il mio precedente film con Weingartner, è stato girato in digitale per 70mila marchi austriaci, una bazzecola".

Tornando a The Edukators, Bruehl dice: "Più che un film, Hans ha voluto girare una sorta di documentario, usando uno stile realista, lasciandoci la libertà di improvvisare le battute, al fine di conservare uno spirito autentico come quello dei nostri personaggi. Perché è importante dire che i giovani di oggi, pur nella loro confusione idoelogica, sono animati da una passione vera, da un genuino desiderio di migliorare le cose non solo per se stessi ma anche per chi non ha voce, per i deboli messi a tacere dalla globalizzazione economica".

"Una delle grandi sorprese nel partecipare al Festival è stata quella che il mio film è stato proiettato subito prima di Farenheit 9/11 di Michael Moore", dice Weingartner, "non solo perché per me questo è stato un onore, ma anche perché effettivamente sia The Edukators che Farenheit 9/11 parlano di come sia possibile ribellarsi in modo non violento, usando come armi solo il sense of humour e l'attenzione ai sentimenti della gente. Credo che il film di Moore, come il mio, sia soprattutto la storia di una ricerca di giustizia poetica".

"Un film come The Edukators non può cambiare il mondo", conclude Bruehl, "ma credo che farà discutere il pubblico ovunque sarà visto, così come è successo in Germania. Gli spettatori dovranno calarsi nei panni dei nostri personaggi e domandarsi: che cosa farei io al loro posto? Da che parte starei?"

 

 

 

 

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