"Che
cosa avete fatto?" Con questa frase che Michael Moore
ha accolto la notizia che la Palma d'oro del 57esimo Festival
di Cannes sarebbe toccata proprio al suo documentario
Farenheit 9/11. Intendeva dire, fra le altre
cose: adesso l'America non potrà più ignorare
il mio lavoro, e forse riuscirò a trovare una distribuzione
statunitense, visto che a tutt'oggi Farenheit 9/11
rischia di essere visto in tutto il mondo ("compresa
l'Albania, che ha appena offerto una distribuzione",
ha sottolineato Moore durante la cerimonia di premiazione
a Cannes) tranne che negli Stati Uniti.
Eppure Farenheit 9/11 è dedicato interamente
agli States, e soprattutto a quel presidente Bush che,
secondo Moore, sta usando il proprio ruolo e il proprio
potere per interessi privati - i suoi, quelli di Dick
Cheney - con buona pace (?) di coloro che vedono i propri
figli combattere in Iraq e che hanno visto i propri
cari morire nel crollo delle Torri gemelle. Due "territori
di guerra" che, sempre secondo Moore, non avrebbero
nulla a che vedere l'uno con l'altro, se Bush Junior
non si fosse premurato di creare ad hoc un collegamento
fra Al Quaeda e Saddam Hussein - ottimo pretesto per
invadere l'Iraq e in questo modo tutelare gli interessi
di cui sopra, che avrebbero a che fare con la grande
disponibilità petrolifera dell'Iraq.
Farenheit
9/11 racconta i rapporti fra la famiglia Bush e
la famiglia Bin Laden (perché tutti i familiari
di Osama residenti negli Stati Uniti, all'indomani dell'attacco
alle Twin Towers, furono fatti fuggire su aerei governativi?)
e accusa George W. di aver fatto troppo poco per prevenire
il disastro dell'11 settembre (quando gli era arrivato
un allarme specifico dai servizi di sicurezza) e troppo
dopo, inviando il contingente americano senza essersi
prima assicurato un adeguato sostegno internazionale
(spassose - anche se pesantemente stereotipate - le
immagini degli alleati più improbabili, come
Tonga, Palau, la Romania e le Isole Marshall).
Ma il docu-film di Michael Moore non è stato
l'unico pamphlet politico contro l'amministrazione Bush
emerso a Cannes. Complice la location francese, gran
parte dei partecipanti alla kermesse si è detta
pubblicamente contraria alla guerra, e a George W. in
particolare. In sede di premiazione il giovane rumeno
Catalin Mitulescu, regista del cortometraggio Trafic
che ha vinto la Palma d'oro per la sua categoria, ha
ad esempio dichiarato: "Io non ho votato per entrare
in guerra accanto a Bush" ,e la regista israeliana
Keren Yedaya, che ha vinto la Camera d'or per il Miglior
opera prima (Or) ha dedicato il discorso della vittoria
alla causa palestinese.
Ma anche nel corso del giro di interviste fatte durante
il Festival ai concorrenti - registi, attori, sceneggiatori
- è emerso un forte consenso anti-Bush che non
può che confermare l'opinione che il cinema internazionale
sia fortemente liberal - o forse solo fortemente
contrario al presidente della guerra. Così Hans
Weingartner, il regista di The Edukators, il
primo film tedesco in concorso a Cannes da 11 anni a
questa parte, un film dedicato alla protesta non violenta
contro la globalizzazione, ha dichiarato che "i
giovani di oggi non hanno nemici politici - eccetto
George W. Bush". E il brasiliano Walter Salles,
autore de I diari della motocicletta sul viaggio
di formazione di Ernesto Guevara attraverso l'America
Latina (coprodotto dal superliberal Robert
Redford), ha detto che "Bush Junior incarna il
tramonto delle ideologie, perché dietro ad ogni
sua azione politica ci sono interessi personali e un
totale disprezzo della res publica".
Se il nazionalismo francese è stato gratificato
dalla vittoria di tutti e tre i film francesi in concorso
(Exils di Tony Gatlif, Clean di Olivier Assayas e Comme
une image di Agnès Jaoui), è stato
il resto del mondo rappresentato in concorso, e quello
rappresentato in giuria (fra cui quattro americani su
nove: il presidente Quentin Tarantino, l'attrice Kathleen
Turner, il regista Jerry Schatzberg e la scrittrice
Edwidge Danticat), a fornire la concreta misura di come
il vento, almeno quello cinematografico, soffi nella
direzione contraria a quella che “alliscia”
il ciuffo impomatato di George W.
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