255 - 12.06.04


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Il cinema mondiale contro George W. Bush

Paola Casella


"Che cosa avete fatto?" Con questa frase che Michael Moore ha accolto la notizia che la Palma d'oro del 57esimo Festival di Cannes sarebbe toccata proprio al suo documentario Farenheit 9/11. Intendeva dire, fra le altre cose: adesso l'America non potrà più ignorare il mio lavoro, e forse riuscirò a trovare una distribuzione statunitense, visto che a tutt'oggi Farenheit 9/11 rischia di essere visto in tutto il mondo ("compresa l'Albania, che ha appena offerto una distribuzione", ha sottolineato Moore durante la cerimonia di premiazione a Cannes) tranne che negli Stati Uniti.

Eppure Farenheit 9/11 è dedicato interamente agli States, e soprattutto a quel presidente Bush che, secondo Moore, sta usando il proprio ruolo e il proprio potere per interessi privati - i suoi, quelli di Dick Cheney - con buona pace (?) di coloro che vedono i propri figli combattere in Iraq e che hanno visto i propri cari morire nel crollo delle Torri gemelle. Due "territori di guerra" che, sempre secondo Moore, non avrebbero nulla a che vedere l'uno con l'altro, se Bush Junior non si fosse premurato di creare ad hoc un collegamento fra Al Quaeda e Saddam Hussein - ottimo pretesto per invadere l'Iraq e in questo modo tutelare gli interessi di cui sopra, che avrebbero a che fare con la grande disponibilità petrolifera dell'Iraq.

Farenheit 9/11 racconta i rapporti fra la famiglia Bush e la famiglia Bin Laden (perché tutti i familiari di Osama residenti negli Stati Uniti, all'indomani dell'attacco alle Twin Towers, furono fatti fuggire su aerei governativi?) e accusa George W. di aver fatto troppo poco per prevenire il disastro dell'11 settembre (quando gli era arrivato un allarme specifico dai servizi di sicurezza) e troppo dopo, inviando il contingente americano senza essersi prima assicurato un adeguato sostegno internazionale (spassose - anche se pesantemente stereotipate - le immagini degli alleati più improbabili, come Tonga, Palau, la Romania e le Isole Marshall).

Ma il docu-film di Michael Moore non è stato l'unico pamphlet politico contro l'amministrazione Bush emerso a Cannes. Complice la location francese, gran parte dei partecipanti alla kermesse si è detta pubblicamente contraria alla guerra, e a George W. in particolare. In sede di premiazione il giovane rumeno Catalin Mitulescu, regista del cortometraggio Trafic che ha vinto la Palma d'oro per la sua categoria, ha ad esempio dichiarato: "Io non ho votato per entrare in guerra accanto a Bush" ,e la regista israeliana Keren Yedaya, che ha vinto la Camera d'or per il Miglior opera prima (Or) ha dedicato il discorso della vittoria alla causa palestinese.

Ma anche nel corso del giro di interviste fatte durante il Festival ai concorrenti - registi, attori, sceneggiatori - è emerso un forte consenso anti-Bush che non può che confermare l'opinione che il cinema internazionale sia fortemente liberal - o forse solo fortemente contrario al presidente della guerra. Così Hans Weingartner, il regista di The Edukators, il primo film tedesco in concorso a Cannes da 11 anni a questa parte, un film dedicato alla protesta non violenta contro la globalizzazione, ha dichiarato che "i giovani di oggi non hanno nemici politici - eccetto George W. Bush". E il brasiliano Walter Salles, autore de I diari della motocicletta sul viaggio di formazione di Ernesto Guevara attraverso l'America Latina (coprodotto dal superliberal Robert Redford), ha detto che "Bush Junior incarna il tramonto delle ideologie, perché dietro ad ogni sua azione politica ci sono interessi personali e un totale disprezzo della res publica".

Se il nazionalismo francese è stato gratificato dalla vittoria di tutti e tre i film francesi in concorso (Exils di Tony Gatlif, Clean di Olivier Assayas e Comme une image di Agnès Jaoui), è stato il resto del mondo rappresentato in concorso, e quello rappresentato in giuria (fra cui quattro americani su nove: il presidente Quentin Tarantino, l'attrice Kathleen Turner, il regista Jerry Schatzberg e la scrittrice Edwidge Danticat), a fornire la concreta misura di come il vento, almeno quello cinematografico, soffi nella direzione contraria a quella che “alliscia” il ciuffo impomatato di George W.



 




 

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