Valerio
Castronovo, Le paure degli italiani, Rizzoli,
pagg. 157, € 9,50.
Lettura
non depressiva, ma eccitante, proprio nel senso del caffè
che sveglia, quella dello splendido libretto di Valerio
Castronovo Le paure degli Italiani. Nonostante
il titolo. Eccitante perché costringe chiunque
abbia un po’ di carattere a ingegnarsi per trovare
le soluzioni. E il punto di partenza è quello che
queste pagine offrono, meglio di quanto non abbiano saputo
fare altri: accorgersi del declino. Accorgersi che lentamente
stiamo scendendo una brutta china. Quel «lentamente»
rende difficile percepire lo spostamento. Già,
perché siamo un paese della cerchia più
stretta degli Stati più ricchi del mondo e perciò
l’opinione pubblica «non coglie» il
problema, tanto siamo abituati a convivere con la crescita
e a pensare che l’idea di un regresso è fuori
dal nostro orizzonte.
Qualche segno di risveglio dalla sonnolenza del benessere
a una dimensione? Ha cominciato un’inchiesta giornalistica,
quella di Dario Di Vico sul Corriere della Sera, qualche
mese fa, parlando di povertà, di ceti medi, di
famiglie normali che si accorgono che non ce la fanno
più a chiudere i conti a fine mese, che consumano
il risparmio, che non c’è più il
rifugio dei Bot. E poi lo sentono le imprese di ogni
dimensione che le nostre esportazioni sono calate dal
4,5 al 3 per cento dell’export mondiale. Cediamo
posizioni nella chimica e farmaceutica, nell’elettronica
di consumo, nell’impiantistica, nella grande distribuzione
etc. etc. etc. Ci accorgiamo un bel mattino che il 90
per cento di tutti i profitti delle 1400 aziende censite
da Mediobanca è concentrato in sole quattro società:
Eni, Enel, Tim, Autostrade che producono utilities
e non beni industriali.
Intanto siamo gravemente recidivi nel non spendere
per la ricerca e l’università, non produciamo
brevetti (la metà della Francia, quattro volte
meno della Germania). Cominciamo ad essere fiaccati
nell’umore perché ci stiamo rendendo conto
che si scivola in basso: posto di lavoro precario, rendite
sicure scomparse, bastonature dei risparmiatori a causa
delle cadute generali della borsa e di alcuni giganteschi
crack, aumento dei prezzi. In queste condizioni «sentirsi
poveri» rappresenta già la parte più
pesante dell’esserlo.
Castronovo conclude con una serie di semplici «ci
vorrebbe…»: una classe dirigente politica
capace di realizzare le infrastrutture per una nuova
stagione di sviluppo; uno slancio capace di far leva
sulle infinite risorse immateriali del paese; la forza
di vincere pigrizie mentali e conservatorismi. E tanto
altro ancora. Ma la parte più energica dell’operazione
riscossa, quella decisiva, quella più innovativa,
consiste nello svegliarsi, il caffè che si diceva
all’inizio, e nel rendersi pienamente conto che
«così non va».
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it
|