255 - 12.06.04


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Economia italiana,
che sonnolenza

Giancarlo Bosetti


Valerio Castronovo, Le paure degli italiani, Rizzoli, pagg. 157, € 9,50.

Lettura non depressiva, ma eccitante, proprio nel senso del caffè che sveglia, quella dello splendido libretto di Valerio Castronovo Le paure degli Italiani. Nonostante il titolo. Eccitante perché costringe chiunque abbia un po’ di carattere a ingegnarsi per trovare le soluzioni. E il punto di partenza è quello che queste pagine offrono, meglio di quanto non abbiano saputo fare altri: accorgersi del declino. Accorgersi che lentamente stiamo scendendo una brutta china. Quel «lentamente» rende difficile percepire lo spostamento. Già, perché siamo un paese della cerchia più stretta degli Stati più ricchi del mondo e perciò l’opinione pubblica «non coglie» il problema, tanto siamo abituati a convivere con la crescita e a pensare che l’idea di un regresso è fuori dal nostro orizzonte.

Qualche segno di risveglio dalla sonnolenza del benessere a una dimensione? Ha cominciato un’inchiesta giornalistica, quella di Dario Di Vico sul Corriere della Sera, qualche mese fa, parlando di povertà, di ceti medi, di famiglie normali che si accorgono che non ce la fanno più a chiudere i conti a fine mese, che consumano il risparmio, che non c’è più il rifugio dei Bot. E poi lo sentono le imprese di ogni dimensione che le nostre esportazioni sono calate dal 4,5 al 3 per cento dell’export mondiale. Cediamo posizioni nella chimica e farmaceutica, nell’elettronica di consumo, nell’impiantistica, nella grande distribuzione etc. etc. etc. Ci accorgiamo un bel mattino che il 90 per cento di tutti i profitti delle 1400 aziende censite da Mediobanca è concentrato in sole quattro società: Eni, Enel, Tim, Autostrade che producono utilities e non beni industriali.

Intanto siamo gravemente recidivi nel non spendere per la ricerca e l’università, non produciamo brevetti (la metà della Francia, quattro volte meno della Germania). Cominciamo ad essere fiaccati nell’umore perché ci stiamo rendendo conto che si scivola in basso: posto di lavoro precario, rendite sicure scomparse, bastonature dei risparmiatori a causa delle cadute generali della borsa e di alcuni giganteschi crack, aumento dei prezzi. In queste condizioni «sentirsi poveri» rappresenta già la parte più pesante dell’esserlo.

Castronovo conclude con una serie di semplici «ci vorrebbe…»: una classe dirigente politica capace di realizzare le infrastrutture per una nuova stagione di sviluppo; uno slancio capace di far leva sulle infinite risorse immateriali del paese; la forza di vincere pigrizie mentali e conservatorismi. E tanto altro ancora. Ma la parte più energica dell’operazione riscossa, quella decisiva, quella più innovativa, consiste nello svegliarsi, il caffè che si diceva all’inizio, e nel rendersi pienamente conto che «così non va».


 




 

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