253 - 15.05.04


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Ritratti americani

Paola Casella


AA.VV., Ritratti americani, a cura di Sara Antonelli, elleu, pagg.265, Euro 14,00.

Only in America
, verrebbe subito da dire, apprendendo l'antefatto che sta dietro alla collezione di Ritratti americani che porta come sottotitolo "15 scrittori raccontano gli Stati Uniti". Perché i 15 scrittori - fra i quali quattro premi Pulitzer e due poeti laureati - hanno risposto per iscritto alla formale richiesta da parte del Dipartimento di Stato d'oltreoceano di scrivere qualcosa sul loro essere americani e su quanto questa "etnicità" abbia influito sulle loro carriere. E perché quella singolare richiesta è stata formulata all'indomani dell'11 settembre 2001, quando cioè il Dipartimento di Stato ha avvertito l'esigenza di presentare al mondo una visione dell'American way of life che controbilanciasse quella offerta da Bin Laden e compagni

Il compito assegnato agli scrittori era quello di chiarire quei "valori americani quali libertà, differenza e democrazia" che rischiavano di essere offuscati dalle accuse di prepotenza, arroganza e mancanza di sensibilità internazionale che piovevano sugli Stati Uniti da molte parti del mondo. Subito, all'interno degli stessi Stati Uniti, sono partire le accuse di propaganda al Dipartimento di Stato, anche perché la distribuzione di questi Ritratti sarebbe avvenuta solo al di fuori dei confini nazionali.

Ma a leggerli con attenzione, i 15 ritratti sembrano avere poco a che fare con la propaganda nazionalistica, anche perché, nonostante l'evidente sforzo da parte del Dipartimento di mettere insieme un gruppetto multietnico poco assimilabile all'idea del wasp bianco, ricco e tracotante che l'Islam combattivo ha eretto a suo nemico, avendo cura di inserire anche un'autrice di orgine palestinese e una di origine libanese, i 15 autori si sono comportati da veri scrittori americani: ognuno, cioè, ha detto esattamente quello che pensava, senza curarsi a quale mulino andasse (o, in molti casi, non andasse) a portare acqua. "Essere americano significa che mi sento libero di scrivere quello che voglio, ed è proprio quello che ho fatto", asserisce Richard Ford.

Così, se l'accento dei selezionatori era stato posto sulla multietnicità degli Stati Uniti, le scrittrici (perché grande attenzione è stata posta anche al mix dei generi) discendenti da famiglie di recente immigrazione - le già citate arabo-americane Elmaz Abinader e Naomi Shibab Nye, la dominicana Julia Alvarez,l'idiana Bharati Mukherjee - hanno dato interpretazioni dell'esperienza dell'immigrazione che non lesinano sugli aspetti poco simpatici dell'accoglienza dell'americano medio nei confronti di gente di religione o colorito diverso. "Con il passare degli anni i sentimenti nei confronti degli arabi sono diventati sempre più negativi e talvolta hanno sconfinato nel sospetto, persino tra i miei colleghi", scrive candidamente Abinader.

E se il nero americano Charles Johnson parla dell'America come del luogo dove "le nostre passioni definiscono le nostre possibilità" e dove "qualunque cosa tu voglia imparare c'è sempre qualcuno disposto ad insegnartela", la scrittrice di origine chickasaw, oggi definita "nativa americana", Linda Hogan sottolinea quanto sia stato importante per lei mantenere ben distinte le proprie tradizioni da quelle yankee, per non vedere azzerata la propria individualità. "Scrivo per essere una persona che aiuta a ricomporre il mondo", scrive Hogan, ed è impossibile non interpretare questa dichiarazione come contraria alla mentalità della guerra preventiva.

Mark Jacobs aggiunge che "oggi la necessità di prestare ascolto e attenzione alle altre culture è ancora più urgente"; il premio Pulitzer Michael Chabon descrive un'America improntata all'armonia etnica e razziale.... solo sulla carta; il poeta laureato Billy Collins mette in dubbio l'esistenza di quella creatura definita "americano vero". Robert Creely fa presente che "se i tristi avvenimenti dell'11 settembre 2001 hanno provocato un notevole uso di poesie come mezzo in cui trovare un terreno comune e sentito per il dolore, quest'uso è passato velocemente appena la nazione ha riconquistato l'equilibrio, si è rivolta all'organizzazione di una guerra di aggressione e, bisogna riconoscerlo, è ritornata a far soldi."

Ciò che emerge come valore americano da questa raccolta è la diversità: quella della "grande, chiassosa, caotica e discordante cultura americana", come la descrive Mark Jacobs (che parla anche dell'importanza di essere consapevoli della propria relatività culturale, perché, come scriveva Conrad, ci sono vari modi di costruire il mondo, e la verità dell'esperienza va ricercata nello "scambio nervoso" fra questi modi) che è una diretta conseguenza del valore "americano" supremo: la libertà di espressione. E a controprova, il Dipartimento di Stato ha pubblicato e distribuito nel mondo i 15 Ritratti, senza modificarne una virgola.



 

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