Miklós
Jancsó è il grande maestro del cinema ungherese.
Classe 1921, è conosciuto nel mondo soprattutto
per la trasposizione cinematografica del romanzo di Isaac
Babel' L'armata a cavallo (ma in Italia anche
per il cult movie Vizi privati, pubbliche virtù
e alcuni altri film girati a Roma negli anni Settanta)
ed è stato premiato alla carriera a Cannes nel
'79 e a Venezia nel '90. Dal 1998 insegna alla Scuola
d'Arte Drammatica e Cinematografica di Budapest.
Jancsó ha appena presentato all'Accademia d'Ungheria
di Roma il suo film Destati compare non dormire
(2003), l'ultimo della serie che vede protagonisti i
due becchini Kapa e Pepe, e ha anche inaugurato la rassegna
Il Sipario Strappato, Euro-visioni dall'Europa allargata,
dedicata al cinema, alla televisione e al video d'autore
dei dieci nuovi membri dell'Unione.
"Sempre più spesso si parla della nostra
entrata nell'Unione come di un'entrata in Europa",
esordisce Jancso. "Ma l'Ungheria è in Europa
da sempre, anzi, ha contribuito in maniera importante
alla storia e alla cultura di questo continente".
Quali
sono secondo lei gli elementi che l'Ungheria vuole portare
nell'Unione?
Il senso della storia, appunto, e l'orgoglio per il
passato. L'Ungheria era una volta un grande Paese e
questo senso di grandezza è rimasto nell'animo
dei suoi abitanti. Nell'Unione, l'Ungheria può
anche portare la diversità, perché è
un paese dove si sono integrate varie culture, da quella
germanica a quella inglese. In più è un
Paese di religione ortodossa, e anche questo è
un fattore che accresce la diversità nell'Unione.
A proposito di religione: qualcuno ha scritto
che lei legge ogni giorno la Bibbia. E' vero?
Non è stato vero sempre. La leggo in questi
giorni, perché un signore australiano che fa
il mio mestiere, ma che esiterei a definire un collega,
ha appena girato un film sulla Passione di Gesù,
e ora mi sento in dovere di documentarmi per dire la
mia sull'argomento.
I suoi film viaggiano spesso fra presente e
passato. Nei più recenti addirittura presente
e passato coesistono, senza apparente soluzione di continuità.
Questo perché per noi la storia ha ancora un
grande peso sulle azioni di oggi, è viva nella
memoria della gente, viaggia insieme a noi. Quello di
far convivere presente e passato è un gioco,
ma riflette lo stato d'animo degli ungheresi, per i
quali la seconda guerra mondiale, ad esempio, è
ancora molto attuale.
Come viene accolto in Europa il cinema ungherese?
E' un cinema che vive soprattutto all'interno del circuito
dei festival, ma è l'accoglienza che riceve è
quasi sempre positiva. Il circuito dei festival aiuta
a mantenere quella diversità che è il
sale della cultura cinematografica europea.
E' difficile fare il regista in Ungheria?
Abbastanza, siamo un Paese piccolo con risorse economiche
limitate. Ma questo non impedisce di perseverare né
a noi della vecchia guardia né ai giovani - e
ci sono molti giovani autori ungheresi geniali, che
hanno tante cose da dire.
Voi della vecchia guardia li aiutate?
Sì, anche se non abbiamo la presunzione di insegnare
loro qualcosa, nemmeno nel contesto della Scuola d'Arte
Drammatica e Cinematografica: come in famiglia, non
si insegna con le parole, ma con il comportamento, se
si è stati un buon esempio. Comunque anche i
giovani sono di incoraggiamento per noi: l'aspetto positivo
della cinematografia ungherese è che ci conosciamo
tutti e ci diamo tutti una mano a vicenda.
Il cinema ungherse è anche politico?
(Ride) Nella misura in cui il cinema costa, è
per forza anche politico.
I suoi film sono sempre molto ironici.
L'ironia è un'arma di sopravvivenza, un'affermazione
di vita. L'Ungheria ha subìto varie dominazioni,
da quella turca a quella austriaca a quella russa. Se
non avessimo avuto senso dell'umorismo, non avremmo
potuto resistere. Per questo dietro alle battute ungheresi
c'è spesso molto dolore. Anche questo contiamo
di portare in dono all'Unione europea.
Lei gira spesso con gli stessi attori e appare
personalmente nei suoi film. Come mai?
E' una scelta economica. I miei film sono girati con
pochi soldi, e quindi è necessario avere intorno
un cast di attori e di tecnici fidati e disponibili.
Nel Barbiere di Siberia del mio amico Michalkov
apparivano le grandi masse, ma a recitare era gran parte
dell'esercito russo. Da noi per fortuna l'esercito non
esiste neanche più, e comunque, secondo la mia
esperienza storica, fare film con il sostegno dell'esercito
non è un buon segno.
Pensa che l'entrata nell'Unione farà
da argine a quella corrente di antisemitismo nei Paesi
dell'Est che lei spesso racconta nei suoi film?
L'antisemitismo in Ungheria è aumentato proprio
mentre diminuiva nei Paesi dell'occidente europeo. Non
posso che augurarmi che l'entrata nell'Unione stimoli
lo stesso processo che si è innescato all'Ovest.
Teme che l'entrata nell'Unione possa rappresentare
una perdita dell'identità nazionale ungherese?
Non è possibile perdere la propria identità
nazionale. Non succederà né a noi né
a nessuno degli altri Paesi che stanno per fare il loro
ingresso nella UE, come non è successo all'Italia
o alla Spagna o alla Grecia.
E' ottimista per il futuro dell'Europa?
Sì, a patto che l'Europa scelga di rimanere
vera, e di tutelare alcuni valori condivisi: lo spirito
democratico, il rispetto per la libertà, e quelal
forma di umanesimo che fa parte della nostra tradizione.
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