Quante
volte, davanti al conto del supermercato espresso in euro,
siamo stati colti da un moto d'ira, o di puro scoramento?
Talvolta però - è un evento raro, ce ne
rendiamo conto - la reazione è stata una risata
incredula e irrefrenabile, davanti al rapporto inversamente
proporzionale fra la capacità del nostro portafoglio
e il prezzo delle zucchine.
Su questa reazione fa leva Philippe Le Guay, il regista
francese anche sceneggiatore della commedia Il costo
della vita, pubblicizzata come "la prima vera
risata da quando c'è l'euro". Il costo
della vita segue le peripezie di sei personaggi
che hanno un rapporto ambiguo col denaro, reso ancora
più ambiguo da quando il franco (come la lira)
si è trasformato in quell'oggetto misterioso
e apparentemente dotato di vita propria che è
la valuta europea.
"Ho iniziato a scrivere il film in franchi, e
quando è subentrato l'euro ho avuto un attacco
di panico: questa moneta nuova non aveva alcun significato
per me, e nel contesto cinematografico mi sembrava ancora
più finta, come i soldi del Monopoli. Provavo
a immaginarmi una contrattazione, o una rapina in banca,
in euro e mi sembravano istantaneamente irreali. Dopo
un po' però mi sono reso conto che il cambiamento
dal franco all'euro - quella sorta di terremoto - aveva
reso ancora più rilevante la mia idea di scrivere
un film sul rapporto della gente col denaro, perché
improvvisamente eravamo diventati tutti molto più
consci del ruolo che hanno i soldi nelle nostre vite".
Oltre che di denaro, lei parla anche di lavoro,
delle contrazioni del mercato e della ricaduta di certe
scelte imprenditoriali sul cittadino medio. E' una sorta
di nuovo trend, nel cinema europeo?
"Mi
occupo spesso delle dinamiche del lavoro: anche il mio
primo film, Nightshift, era ambientato all'interno
di una fabbrica in crisi e raccontava la vicenda di
due operai che si spartiscono il turno di notte nel
tentativo disperato di non perdere il posto. E ne Il
costo della vita c'è la contrapposizione
diretta fra una mamma che lavora (e che alla cassa del
supermercato viene colta da quel misto di scoramento
e ilarità del quale parlavamo all'inizio, ndr),
e rischia il licenziamento per via dell'imminente chiusura
della sua fabbrica, e un imprenditore che vuole liquidare
proprio quella fabbrica per dedicarsi di più
a se stesso, senza preoccuparsi delle conseguenze della
sua scelta sui dipendenti. Ma credo sia importante che
i film non diventino trattati di sociologia. Quello
che mi interessava era analizzare le reazioni di un
piccolo gruppo di individui alle prese con la gestione
di budget piccoli, cioè con la possibilità
di comprarsi un paio di scarpe in più o in meno,
di fare shopping a prezzo pieno o dover sempre aspettare
i saldi."
Chi è il suo referente, dal punto di
vista artistico?
"In Francia, Claude Sautet, che si è spesso
occupato dell'influenza dei soldi sulle vite dei suoi
personaggi: basti pensare che Nelly e Mr. Arnaud
inizia con il protagonista maschile che firma un assegno
alla donna della quale si innamorerà. I soldi
stanno sempre in mezzo ai rapporti fra uomini e donne,
perché sono il tramite attraverso cui ognuno
cerca di definire la propria identità sociale
e individuale, e di controllare le dinamiche del potere
e del desiderio. Ma non credo che avrei potuto girare
Il costo della vita senza aver
conosciuto la commedia all'italiana di Monicelli, Scola
e Risi, che raccontano i guai della gente comune in
modo estremamente divertente. Del resto i rapporti tra
il cinema francese e quello italiano sono sempre stati
molto stretti: basti pensare a Mastroianni e Deneuve
che, oltre a una figlia, hanno fatto insieme tanti bei
film, o al recente successo in Francia di Mimmo Calopresti,
Emanuele Crialese, Marco Tullio Giordana e Sergio Castellitto."
Esiste un cinema europeo?
"Ne sono certo, e credo anche che sia destinato
ad affermarsi sempre di più, soprattutto in contrapposizione
al cinema americano. Fra noi registi europei ci sono
molti contatti, e questa non è una cosa
nuova: Fellini e Bergman, ad esempio, erano grandi amici.
Il cinema europeo è vicino alla vita reale, ai
problemi e alle emozioni della gente comune, mentre
quello americano è più interessato a situazioni
estreme che comportano emozioni violente."
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